RIFORMA PENSIONI, L’ANALISI DI CAZZOLA
In un articolo pubblicato sul Riformista, Giuliano Cazzola ricorda che è stato sotto il Governo di Giuseppe Conte che è stata varata Quota 100 insieme al blocco fino alla fine del 2026 del requisito contributivo rispetto all’aspettativa di vita per la pensione anticipata di anzianità. L’ex deputato ricorda che “alla prova dei fatti, questa seconda uscita di sicurezza si è dimostrata più vantaggiosa di “Quota 100, perché i pensionati del baby boom si sono rivelati in grado di maturare il requisito contributivo ordinario prima di aver compiuto i 62 anni richiesti dal regime delle quote”. Inoltre, evidenzia che “Quota 100 ha esasperato il divario nell’anticipo del pensionamento tra lavoratori e lavoratrici”.
IL CAMBIAMENTO DAL 1° GENNAIO 2025
Infatti, “nel triennio 2016-2018, le pensioni di anzianità liquidate presentavano, fra i lavoratori dipendenti del settore privato, un rapporto di una donna ogni tre pensionati; con quota 100 il rapporto è risultato di una donna ogni sei pensionamenti”. C’è da dire che almeno gli ingressi in pensione con Quota 100 sono stati inferiori alle attese, consentendo di risparmiare circa 7 miliardi di euro. Cazzola sottolinea però che “adesso però viene il momento di fare le cose sul serio, perché dal 1° gennaio 2025 – come prevede la legge di bilancio 2024 – viene ripristinato l’adeguamento automatico all’incremento dell’aspettativa di vita e pertanto ‘riparte’ la riforma Fornero”. Le deroghe a essa “hanno sottratto ben 48 miliardi di minore spesa cumulata rispetto agli 88 previsti. Mentre a ben 940mila soggetti è stato consentito di andare in pensione sulla base delle regole previgenti”.
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