LE AGEVOLAZIONI PER LE DONNE CON FIGLI

Il Sole 24 ore spiega che “con la circolare 46/2024 l’Inps ha illustrato le principali novità introdotte dalla legge di Bilancio 2024 sulle pensioni calcolate integralmente con le regole del sistema contributivo”. In particolare, “la pensione anticipata contributiva è conseguibile con 64 anni di età, venti anni di contribuzione effettiva decorrente dal 1° gennaio 1996 e un importo minimo mensile lordo che ora è innalzato a 3 volte l’assegno sociale (corrispondente a 1.603,23 euro), rispetto a 2,8 volte previsto fino allo scorso anno. Il valore è 2,8 volte per le donne con un figlio e 2,6 volte con due o più figli. Inps estende a tali lavoratrici la possibilità di avvalersi di quanto previsto dalla Riforma Dini 1995, cioè di determinare l’importo della pensione applicando il coefficiente per trasformare il montante contributivo in pensione maggiorato di un anno in caso di uno o due figli, e maggiorato di due anni in caso di tre o più figli. Pertanto, a parità di montante, la presenza dei figli porterà a un assegno pensionistico maggiore rispetto alle lavoratrici senza figli”.



LA FINESTRA PER IL BONUS MARONI

Insieme alla nuova Quota 103, la nuova Legge di bilancio, tra le misure di riforma delle pensioni, ha previsto anche un “incentivo” (pari al 9,19% di contributi a carico del lavoratore) per chi decide di restare al lavoro avendo maturato i requisiti per andare in quiescenza con tale quota. Tuttavia, come riporta pensionioggi.it, l’Inps ha chiarito che per via delle nuove finestre mobili, dovranno decorrere sette mesi da quando vengono maturati i requisiti prima di poter aver diritto al “premio”. E nel settore pubblico l’attesa salirà a nove mesi. Va anche ricordato che l’erogazione dell’incentivo non è automatica, ma occorre presentare domanda all’Inps, anche tramite patronato. Intanto Alfonsino Mei, presidente della Fondazione Enasarco, intervistato da Claudio Brachino per il magazine televisivo Italpress Economy, spiega di aver chiesto al Governo di “poter aumentare la platea contributiva, altrimenti con le nuove tecnologie e con l’intelligenza artificiale perderemo agenti di commercio”.



IL VANTAGGIO DELLA TOTALIZZAZIONE INTERNAZIONALE

In un articolo pubblicato su Sanità 24, sezione del sito del Sole 24 Ore, viene ricordata l’esistenza, per chi ha lavorato sia in Italia che all’estero, della totalizzazione internazionale. “In sostanza la posizione contributiva dell’altro Paese consente di raggiungere i requisiti pensionistici nel Paese dove l’anzianità contributiva è insufficiente. È prevista infatti la possibilità di totalizzare i contributi maturati in tutti i Paesi a cui si applica la normativa Ue”. Inoltre, “la totalizzazione internazionale non comporta il trasferimento dei contributi da uno Stato all’altro, ma consente di tener conto, ai soli fini dell’accertamento del diritto alla pensione, dei periodi assicurativi maturati nei Paesi convenzionati nei quali l’interessato ha prestato attività lavorativa. La totalizzazione internazionale è utile ai fini del diritto alla prestazione, ma non incide sulla sua misura”. C’è anche da dire che “i titolari di pensioni maturate presso enti stranieri appartenenti al territorio dell’Unione europea o della Svizzera, possono usufruire anche del cumulo gratuito dei contributi versati in più di una gestione”.



LA RICERCA DI ANIMA SGR

Da una ricerca condotta da Anima Sgr, come riporta Repubblica, emerge che il 52% degli italiani “ritiene abbastanza importante investire nel proprio futuro previdenziale (il 37% pensa sia molto importante), il 93% del campione ci ha pensato in questi anni, ma soltanto il 30% si è attivato per cercare soluzioni. Integrare la pensione pubblica è vista come priorità per maggiore sicurezza finanziaria in futuro (57%), per ottenere un beneficio fiscale (39%), beneficiare dei rendimenti (4%). Il 34% del campione ha deciso di lasciare il Tfr in aziende, mentre il 27% l’ha destinato a un fondo pensione”. Secondo Paolo Pellegrini, vice direttore generale Mefop, “negli ultimi anni sono state introdotte molte le novità fiscali in materia previdenziale, ma occorre spingere ulteriormente sui vantaggi fiscali per incentivare le persone a prendere coscienza della necessità di provvedere da subito al loro futuro”.

RIFORMA PENSIONI, LA SEPARAZIONE IMPOSSIBILE

In un articolo pubblicato su Italia Oggi viene affrontato un tema ricorrente nel dibattito sulla riforma delle pensioni: la separazione della spesa assistenziale da quella previdenziale, in modo che i conti pensionistici risultino sostenibili. Una commissione tecnica ha già evidenziato che “non appare praticabile una separazione netta tra previdenza e assistenza”. C’è poi da dire che non è chiaro se le integrazioni al minimo si debbano considerare previdenza o assistenza. In merito gli esperti hanno spiegato che “il welfare italiano è caratterizzato dalla presenza sempre più ampia di prestazioni di natura ibrida”. Franco Adriano scrive, quindi, che il Governo Meloni si trova in una situazione non facile”.

LA DIFFICOLTÀ PER IL GOVERNO

Questo soprattutto perché “si devono integrare le pensioni basse per garantire l’assistenza domiciliare. Il governo Renzi cercò di integrare un poco gli stipendi più bassi d’Europa con gli ’80 euro’ nel 2014. Nel 2019 il Governo Conte sbragò ampliando la platea del ‘reddito di inclusione’ con il troppo generoso ‘reddito di cittadinanza’. Il tema, dunque, è sempre lo stesso: quello di rispondere ad un bisogno sociale senza svuotare le casse pubbliche. Il punto è che in considerazione di carriere lavorative sempre più frammentate e basse retribuzioni, previdenza ed assistenza costituiranno sempre di più un tutt’uno (welfare). Questa è la realtà. E, sorpresa, non solo in Italia. Infatti, più nessuno tra i 27 Paesi Ue prevede la distinzione delle prestazioni erogate in base a questa distinzione”.

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