RIFORMA PENSIONI, I DUBBI SULLA MISURA PER GLI STATALI

In attesa che la Corte Costituzionale si pronunci sulla legittimità del blocco parziale delle indicizzazioni delle pensioni dopo l’ordinanza della Corte dei Conti della Toscana (secondo Repubblica un eventuale verdetto negativo potrebbe costare allo Stato 37 miliardi di euro, considerando i risparmi di spesa, al netto del versamento delle imposte, fino al 2032), continua a far discutere la proposta di rendere possibile, per i dipendenti pubblici su base volontaria, la permanenza sul luogo di lavoro anche dopo il raggiungimento dell’età pensionabile. In particolare, a essere contestato è anche “il paletto” che limiterebbe tale facoltà solamente al 10% delle facoltà assunzionali. Infatti, se ci fossero più lavoratori anziani interessati a rinunciare alla quiescenza potrebbero non essere tutti accontentati.



L’IPOTESI DI AUMENTO DELLE MINIME

Non è chiaro a quel punto come si procederebbe per decidere chi avrebbe diritto di poter esercitare la facoltà prevista e chi si troverebbe, invece, suo malgrado costretto ad andare in pensione. Probabilmente bisognerà fare in modo che la norma del ministero della Pubblica amministrazione preveda il da farsi in tale circostanza. Intanto Carlo Calenda, leader di Azione, sottolinea che è molto facile per il Governo promettere di aumentare le pensioni minime, una misura cui anche la sinistra dovrebbe plaudere. Il problema, per l’ex ministro, è che bisognerebbe spiegare come finanziare tale intervento. Ma sul tema vanno anche registrate le parole di Marco Osnato, deputato di Fratelli d’Italia, che intervistato dalla Stampa spiega di non volersi sbilanciare sull’effettivo aumento delle minime nella prossima Legge di bilancio.



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