RIFORMA PENSIONI, L’INDICAZIONE DEL FMI
Il Fondo monetario internazionale torna a chiedere all’Italia di alzare l’età pensionabile e di mettere fine alle forme di pensionamento anticipato. E se quest’ultima indicazione venisse attuata nella prossima Legge di bilancio, secondo la Cgil ci sarebbero ben 63.000 pensionamenti in meno. Non mancano, quindi, pressioni sull’Esecutivo, sia in una direzione che nell’altra. E prendere decisioni in tema di riforma delle pensioni non sarà affatto semplice. Forse, come suggerisce il detto latino, in medio stat virtus, e la soluzione migliore potrebbe essere quella di ridurre, senza cancellare completamente le misure di pensionamento anticipato rispetto a quelle in vigore quest’anno, in modo da dare comunque un segnale di accoglimento dei “consigli” del Fmi.
LA SCELTA OBBLIGATA DEL GOVERNO
Oltretutto non bisogna dimenticare che la situazione attuale dei conti pubblici non sembra consentire una proroga tout court delle misure di flessibilità pensionistica in vigore. Se il Governo non è di fronte una scelta obbligata poco ci manca. In ogni caso ridurre a zero le possibilità di anticipo rispetto ai requisiti pensionistici vigenti sarebbe sconsigliabile anche perché diversamente i sindacati difficilmente resterebbero inermi di fronte a tale scelta. Resta, quindi, da capire se alla fine avrà ragione l’ex ministra del Lavoro Elsa Fornero, secondo cui la riforma delle pensioni del 2011 che porta il suo nome non si può cancellare senza che vi siano conseguenze importanti per i conti pubblici e per le giovani generazioni.
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