LA SENTENZA DEL TRIBUNALE DI VICENZA
Mentre i pensionati attendono il 2 maggio per poter incassare l’assegno del mese, arriva una buona notizia per quanti hanno avuto accesso alla quiescenza tramite il sistema delle Quote che, come noto, prevede il divieto di cumulo con altri redditi da lavoro. Un divieto che è stato applicato in maniera fin troppo rigida, secondo il Tribunale di Vicenza, tant’è che anche 78 euro lordi di compenso come comparsa in una serie tv erano stati giudicati dall’Inps motivo sufficiente per procedere al recupero di tutte le mensilità erogate a un pensionato durante l’anno (circa 24.000 euro lordi). L’uomo ha deciso di fare ricorso contro la decisione dell’Inps e i giudici hanno ritenuto che un reddito di importo irrisorio derivante da una prestazione isolata e non da lavoro subordinato non possa ritenersi incompatibile con una pensione erogata tramite Quota 100, Quota 102 o Quota 103. Dunque, la sentenza potrebbe rappresentare un precedente importante per altri pensionati.
RIFORMA PENSIONI, LA RICHIESTA DELLA FAP-ACLI
La transizione dal sistema retributivo a quello contributivo, una volta completata, porterà a una sensibile diminuzione dell’importo dell’assegno pensionistico. Oggi, infatti, si assesta all’80% circa dell’ultimo stipendio percepito, mentre tra 25 anni potrebbe arrivare a meno del 68%. È anche per questo che già oggi la Federazione anziani e pensionati delle Acli chiede un’integrazione al minimo delle nuove pensioni contributive e dai sindacati arriva la richiesta di introdurre una pensione di garanzia per i giovani. Le carriere discontinue possono infatti determinare una base contributiva, che serve poi a calcolare l’importo del futuro assegno, bassa. Come pure le situazioni di part-time involontario in cui incorrono molte donne.
IL RUOLO DELLA PREVIDENZA COMPLEMENTARE
In attesa di capire se ci sarà un intervento legislativo di questo tipo la previdenza complementare resta lo strumento principale per cercare di alzare il tasso di sostituzione (ovvero il rapporto percentuale tra l’importo del futuro assegno pensionistico e quello dell’ultimo stipendio percepito) e mantenerlo intorno all’80%. Tuttavia, considerando il numero di iscritti, c’è da ritenere vi sia anche un problema di impossibilità di riuscire a mettere da parte una parte del reddito per destinarla al futuro pensionistico. Anche se va ricordato che è possibile destinare a questo scopo il proprio Tfr e in taluni casi, grazie ai contratti di categoria, è possibile godere di un versamento aggiuntivo, rispetto a quello personale, a carico del datore di lavoro.
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