LE PAROLE DI BORGHI

Interpellato da affaritaliani.it, Claudio Borghi evidenzia che “sono dieci anni che in Parlamento e non solo, sia da membro della maggioranza che dell’opposizione, sostengo che il Def andrebbe abolito. È del tutto inutile scrivere che cosa accadrà nei prossimi 2.000 anni per poi smentire tutto magari per un intervento della Fed o per uno choc petrolifero. Non solo, il Def viene discusso per giorni in Parlamento ma alla fine è inemendabile. Diciamo la verità, è solo una presa in giro”. Il senatore leghista, a proposito delle pensioni, spiega che “ogni anno si fa un’attenta riflessione e l’indicizzazione verrà certamente confermata per le pensioni coperte da contributi. Anche in questo caso è presto per dire se sarà al 100% fino a quattro volte la minima, come quest’anno. Il mio ideale sarebbe indicizzare le pensioni coperte da contributi al 100% e allo 0% quelle regalate come all’ex leader Cisl Bonanni”. Borghi aggiunge che “andare oltre Quota 103 in senso peggiorativo è assolutamente impossibile. Anzi, l’intento sarà quello di migliorare la riforma. Vedremo in che modo”.



L’ALLARME SULLE PENSIONI DELLA RAGIONERIA DI STATO

Il Def presentato dl Governo, sebbene ancora “incompleto” in attesa delle nuove regole Ue dei prossimi mesi, fa già intuire quanto complesso sarà il tema di una riforma pensioni strutturale che prenda il posto della Legge Fornero. Con Quota 41 che si allontana almeno dal prossimo anno, il tema della spesa previdenziale resta al centro del dibattito dopo l’ultimo alert lanciato dalla Ragioneria di Stato.



L’impennata di spesa nei prossimi 15 anni, scrive l’istituto statale, «essenzialmente dovuta all’incremento del rapporto fra numero di pensioni e numero di occupati indotto dalla transizione demografica, solo parzialmente compensato dall’innalzamento dei requisiti minimi di accesso al pensionamento». Come riportano i tecnici del MEF citati oggi dal “Sole 24 ore”, l’effetto relativo all’aumento del numero di pensioni nazionali «sopravanza quello relativo al contenimento degli importi pensionistici esercitato dalla graduale applicazione del sistema di calcolo contributivo sull’intera vita lavorativa». (Agg. di Niccolò Magnani)



IL QUADRO OFFERTO DAL DEF SULLE PENSIONI

Come spiega Il Sole 24 Ore, il Def presentato dal Governo sembra allontanare l’introduzione di Quota 41 nel 2025. Infatti, con una spesa pensionistica “che a fine 2024 è destinata ad arrivare a 337,4 miliardi, in crescita del 5,8% sul 2023, e che per il periodo compreso tra il 2025 e il 2027 è stimata sempre in salita a un tasso medio annuo del 2,9%, gli spazi per nuove misure sui pensionamenti anticipati appaiono quasi nulli”. Il quotidiano di Confindustria evidenzia anche che nel Documento di economia e finanza “ci si sofferma a più riprese sulle negative ricadute che hanno avuto sull’andamento della spesa le tante deroghe alla legge Fornero, a partire dal ricorso a Quota 100”. Infatti, dopo il 2011, “al fisiologico incremento degli accessi dovuto alla maturazione dei requisiti previsti e ai progressivi effetti della transizione demografica si sono sommati gli effetti derivanti da agevolazioni e ampliamenti delle possibilità di accesso al pensionamento anticipato in discontinuità rispetto al processo di riforma implementato nei decenni precedenti”.

LE SCELTE CHE POSSONO AIUTARE LE DONNE

È nota l’esistenza di un gender gap pensionistico e in un articolo pubblicato su Affari & Finanza, inserto di Repubblica, vengono proposte due soluzioni, che possono essere entrambe percorse direttamente dalle lavoratrici. “Da una parte si può percorrere la strada della previdenza complementare, mettendo da parte anche piccole somme mensili con l’obiettivo di costruirsi una rendita aggiuntiva al momento della quiescenza; dall’altra non resta che migliorare la propria cultura finanziaria per pianificare al meglio gli investimenti, con un’ottica di lungo periodo. Diverse indagini hanno evidenziato che spesso la gestione dei risparmi familiari viene delegata all’uomo e questo contribuisce a limitare l’indipendenza economica delle donne. Quali sono i bisogni e gli approcci delle donne al mondo degli investimenti? Le ricerche in materia evidenziano una maggiore prudenza nell’assunzione dei rischi, ma anche una predisposizione maggiore ad adottare un orizzonte di lungo termine”.

RIFORMA PENSIONI, IL RISCHIO IN VISTA DELLA MANOVRA

In un articolo pubblicato su Repubblica viene ricordato che la prossima Legge di bilancio non sarà facile da redigere per il Governo. Dato che non potrà aumentare il deficit, se vorrà rinnovare alcune misure in scadenza quest’anno dovrà “scegliere cosa sacrificare e dove prendere i soldi che servono”. In questo senso “due fondi promettono riserve da cui attingere: fisco e poveri. Lì per ora ci sono 7 miliardi: 4 miliardi dai decreti di attuazione delle delega fiscale e 3 miliardi di avanzo dal taglio del Reddito di cittadinanza, visto che le nuove misure non stanno tirando come previsto. Un terzo ‘tesoretto’ potrebbe spuntare dalle pensioni. Senza interventi, dal primo gennaio torna l’indicizzazione all’inflazione più favorevole ai pensionati, quella calcolata per scaglioni, impostata da Prodi e ripresa da Draghi”.

IL COSTO DELLE MISURE DA PROROGARE

Dunque, con la prossima manovra “il Governo potrebbe fare ancora cassa, dopo i 10 miliardi netti tolti alla rivalutazione nel triennio 2023-2025”. Il quotidiano romano ricorda anche che rinnovare le misure di riforma delle pensioni che scadono a fine anno, come Quota 103, Opzione donna, l’Ape social e l’aumento delle minime, costerebbe 630 milioni di euro. Non si tratta di una cifra particolarmente alta, ma vista la situazione dei conti pubblici potrebbe essere forse necessario “limare” ulteriormente queste misure, già più restrittive rispetto allo scorso anno. In questo senso già da qualche giorno ha ripreso a circolare l’ipotesi di un passaggio da Quota 103 a Quota 104, con l’innalzamento del requisito anagrafico da 62 a 63 anni (lasciando, quindi, invariato il requisito contributivo di 41 anni.

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