LA SOLUZIONE PER LE PENSIONI CHE COINVOLGE I ROBOT

Per cercare di riequilibrare il sistema previdenziale, secondo Claudio Maria Perfetto, “si dovrebbe ricorrere ad una soluzione che è già a portata di mano in quanto viene studiata da anni, sia a livello internazionale che a livello nazionale, e riguarda la possibilità di considerare i robot alla stregua dei lavoratori umani”. Come spiega in un articolo pubblicato su pensionipertutti.it, l’esperto previdenziale ritiene che “equiparando la forza lavoro robotica alla forza lavoro umana (sia in termini giuridici che in termini fiscali) la fascia intermedia della piramide demografica risulterà ampliata e quindi i problemi della denatalità e delle pensioni verranno risolti entrambi a monte piuttosto che a valle”. Intanto, come riporta il Tg regionale Rai di Bolzano, Michele Buonerba, presidente di Laborfonds, fondo pensione dedicato ai lavoratori dipendenti del Trentino Alto Adige, ricorda che sarebbe fondamentale l’adesione dei “lavoratori più giovani, che hanno un lavoro meno stabile”.



QUANTI ITALIANI IN PENSIONE NEL 2024: I DATI

Secondo le stime riportate da “Demografica” di Adnkronos, comparate agli ultimi dati Inps, nel 2024 dopo la mini-riforma pensioni inserita nell’ultima Manovra dovrebbero essere circa 31mila italiani: 14.700 i lavoratori (12.500 uomini e 2.200 donne, per le quali resta Opzione donna) usufruiranno dell’Ape sociale mentre sono 17mila quelli che usciranno dal mondo del lavoro con il “mix” 62 anni d’età e 41 anni di versamenti, la cosiddetta nuova Quota 103.



Sono numeri inferiori anche al recente passato, nell’intento ribadito dal Governo di voler evitare per il momento “maxi-uscite” con ampli anticipi pensionistici vista la spesa ingente dell’apparato previdenza, in attesa di una seria nuova riforma pensioni che possa rammodernare l’intero sistema pensionistico italiano. Il successo delle opzioni di uscita anticipata dal lavoro, scrive ancora “Demografica” nel report sul 2024, «diminuirà di anno in anno e la causa risiede proprio nella crisi demografica: l’assenza di nuovi lavoratori rende sempre meno sostenibile il sistema pensionistico e “obbliga” a fare dei sacrifici, disincentivando l’uscita anticipata dal lavoro. Per questo, le ultime due Manovre (2023 e 2024) hanno puntato sul contenere la spesa previdenziale anche attraverso un sostanziale disincentivo ai pensionamenti anticipati e, quindi, riducendo sensibilmente le platee collegate a queste vie d’uscita pensionistica». (agg. di Niccolò Magnani)



LE CONSIDERAZIONI DI GAZZI

In un articolo pubblicato su Huffington Post, Gianmario Gazzi commenta le dichiarazioni di Giorgia Meloni circa la volontà espressa di ridurre gli sprechi per ridurre la spesa pubblica. L’ex Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Assistenti Sociali evidenzia che “dire riduciamo gli sprechi è un vecchio ritornello della politica italiana, di tutti gli schieramenti. Negli ultimi anni, proprio per le deroghe di bilancio per la pandemia, la spesa è oggettivamente aumentata, e grazie anche a questo si è realizzato molto di quello che non si era fatto dall’inizio degli anni 2000 per salute e sociale”. Tuttavia, “pensando a dove si dovrà eventualmente incidere ho pensato che si andrà, per esperienza, a colpire i trasferimenti a Regioni e Comuni (tradotto significa welfare e salute) insieme alla scuola e all’università. Le pensioni e i sostegni alle aziende, al momento, non paiono essere nel mirino dei partiti di maggioranza, anzi”.

LE PAROLE DI CICIA

Come riporta nursetimes.org, Cosimo Cicia, Presidente dell’Opi di Salerno e vicepresidente nazionale della Fnopi, non nasconde qualche preoccupazione per gli infermieri che arriva “dalle nuove norme sulle pensioni, rispetto alle quali sono state programmate giornate di sciopero da medici e infermieri. Con i correttivi del Governo il taglio è rimodulato, escludendo le pensioni di vecchiaia e chi viene collocato a riposo d’ufficio per limiti di età a 65 anni. Quindi i dipendenti pubblici interessati continueranno ad avere l’assegno previdenziale calcolato con le precedenti aliquote”. Intanto sabato 13 e lunedì 15 a Rovigo fa tappa il camper della Flc-Cgil. La Federazione lavoratori della conoscenza protesta contro le ultime mosse di riforma delle pensioni e continua a chiedere “un sistema pensionistico equo, flessibile, sostenibile”, dato che “sulle pensioni si prevede un aumento dell’età pensionabile e una rivisitazione del calcolo con penalizzazioni anche pesanti”.

RIFORMA PENSIONI, I DATI DI ITINERARI PREVIDENZIALI

Secondo il Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, il sistema pensionistico può considerarsi in una situazione di equilibrio se i contributi versati riescono a coprire almeno il 75% delle prestazioni erogate. E se a livello nazionale nel 2021 (ultimo anno di rilevazione al momento disponibile) il tasso di copertura risulta pari all’80,45%, a livello regionale, come emerge anche dal Settimo Rapporto “La Regionalizzazione del Bilancio Previdenziale italiano”, le cose vanno meno bene e, come spiega Mara Guarino in un articolo pubblicato sul sito di Itinerari Previdenziali, persistono gravi squilibri a livello territoriale. In particolare, tutte le regioni del Sud segnano livelli piuttosto bassi: la media è del 62,25%.

LE REGIONI IN SQUILIBRIO

Fa segnare, invece “un 81,53% il Centro, mentre il Nord tocca quota 88,96%, con buone performance soprattutto per Trentino (unica Regione pienamente autosufficiente con il 103,1%), Lombardia (99,66%), Veneto (95,51%) Lazio (90%) ed Emilia-Romagna (87,39%). Interessante, tuttavia, rimarcare come Piemonte e Liguria siano le uniche due regioni settentrionali posizionate, rispettivamente con il 72,92% e il 64,83%, al di sotto della soglia del 75%”. Per Itinerari Previdenziali, un efficientamento di infrastrutture e politiche attive per il lavoro sarebbero “i primi pilastri di una serie di interventi mirati, nell’arco di un decennio, a consentire a tutte le Regioni del Paese di raggiungere una maggiore autosufficienza dal punto di vista della capacità contributiva (sia fiscale sia previdenziale)”.

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