LE DISPARITÀ RIDOTTE
La sezione “Demografica” di Adnkronos, ricordando i dati riportati dall’ultimo Rapporto di Itinerari Previdenziali, spiega che “il sistema previdenziale è ancora in equilibrio finanziario, ma dipende dalle entrate fiscali: nel 2022, il saldo tra entrate e uscite è stato positivo per 3,4 miliardi di euro, ma solo grazie ai trasferimenti dallo Stato per 38,8 miliardi di euro. Si tratta di somme erogate dalla Pubblica amministrazione a favore di determinate categorie di soggetti, senza alcuna controprestazione. Senza questi trasferimenti, il saldo sarebbe negativo per 35,4 miliardi di euro”. Il che, chiaramente, finisce per incidere sul livello del debito pubblico italiano. Il Rapporto, evidenzia anche come le misure di riforma delle pensioni “degli ultimi anni abbiano ridotto le disparità tra le diverse categorie di lavoratori e tra le generazioni, ma anche abbassato il livello delle pensioni rispetto ai salari. Infatti, il tasso di sostituzione medio, cioè il rapporto tra la prima pensione e l’ultimo stipendio, è sceso dal 66,9% nel 2011 al 57,7% nel 2022”.
LE PAROLE DI BUONOMO
Vera Buonomo, commentando i dati del Monitoraggio Inps sui flussi di pensionamento relativi al 2023, evidenzia che da essi, oltre a una crescita del gender gap nella previdenza, “si evince anche una diminuzione di circa 15.000 pensioni liquidate con la misura Opzione Donna nel 2023 rispetto all’anno precedente”. Secondo la Segretaria confederale della Uil, ora “ad aggravare la situazione ci sono anche i significativi interventi che limitano il ricorso a Opzione Donna, entrati in vigore con la Legge di Bilancio e che, di fatto, quasi azzerano la platea delle possibili beneficiarie, stravolgendo così i progetti di vita di moltissime lavoratrici. Il Governo non ha ascoltato la richiesta di agire per la revisione neanche di questa particolare misura”. Secondo la sindacalista, “bisogna tener conto della specificità della vita lavorativa e della successiva pensione delle donne. Ed ecco perché servono scelte mirate a ridurre il gap di genere”.
I DATI INPS
Dal Monitoraggio Inps sui flussi di pensionamento relativi al 2023 emerge, come riporta Rainews, che “l’assegno medio per donne è di 950 euro, in calo rispetto ai 936 euro del 2022, e del 30,45% inferiore rispetto ai 1.366 euro degli uomini (in leggera crescita rispetto ai 1.353 euro del 2022). Dunque gli uomini non soltanto possono contare su un salario medio maggiore di oltre 400 euro, ma il divario è ulteriormente cresciuto. Per le pensioni anticipate le donne guadagnano in media 1.758 euro, gli uomini 2.111”. La Segretaria confederale della Uil Vera Buonomo commenta questi dati evidenziando che non solo “diminuisce ancora l’importo pensionistico per le donne”, ma in via generale, ancora una volta, si registra una forte disparità di trattamento: gli uomini ricevono una pensione superiore di circa 400 euro. Dato rilevante, quest’ultimo, che testimonia la condizione di disuguaglianza che sfavorisce le donne nella vita lavorativa e di conseguenza nel calcolo dell’assegno pensionistico”.
LA DELIBERA DELL’INPGI
Il Comitato Amministratore dell’Inpgi ha deliberato la rivalutazione delle pensioni erogate agli iscritti nella misura del 5,4%, in linea con il valore dell’aumento dei prezzi al consumo registrato dall’Istat tra il 2022 ed il 2023. “Tale aumento, che era già stato applicato in via provvisoria sulla base dell’indice di perequazione dei trattamenti pensionistici Inps, è stato ora reso definitivo”, spiega l’Inpgi, ricordando che “per quanto riguarda l’accredito dell’anzianità contributiva, il reddito minimo per l’ottenimento di una copertura di 12 mesi nell’anno 2024 è stato fissato in 18.415,00 euro. Nel caso in cui il reddito assoggettato a contribuzione risulti inferiore a tale importo l’anzianità contributiva, come è noto, viene accreditata in modo proporzionale rispetto ai 12 mesi”. Invece, l’importo del massimale annuo del reddito imponibile assoggettabile a contribuzione previdenziale è stato rideterminato in 119.650 euro. Infine, per i montanti contributivi è stata fissata per il 2024 una rivalutazione del 2,31%.
RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI SUMMA
Angelo Summa, Segretario generale dello Spi-Cgil della Basilicata, ricorda che “il rapporto tra pensionati e occupati in Italia è sempre più sbilanciato, con un numero sempre maggiore dei primi e un numero sempre minore dei secondi, specie nel Mezzogiorno”. In questo senso, aggiunge, “in Basilicata, secondo gli ultimi dati della Cgia di Mestre riferiti al 2022, il saldo negativo è di 27mila unità (216.000 pensionati contro 189.000 occupati)”. Dal suo punto di vista, come riporta sassilive.it, “è necessario invertire con urgenza questa tendenza, indirizzando gli investimenti del governo nazionale e regionale verso quelle azioni che mirano a considerare gli ultra cinquantenni come una risorsa e non come un costo”.
LA SOSTENIBILITÀ DEL SISTEMA A RISCHIO
Per Summa “bisogna cambiare le politiche pubbliche e di welfare da considerare una grande opportunità e cambiare paradigma nelle politiche di sviluppo e programma. Si frenerebbe così anche il fenomeno della migrazione dei pensionati e delle pensionate italiane all’estero: più di 317mila, con una media di uno al giorno”. Il sindacalista sottolinea anche che “la denatalità, oramai strutturale sta riducendo il numero di giovani che entrano nel mercato del lavoro, mentre l’invecchiamento della popolazione sta aumentando il numero di persone in quiescenza. Ciò mette in affanno la sostenibilità del sistema previdenziale italiano, che rischia di non avere più risorse sufficienti per pagare le pensioni, con un timore diffuso nelle generazioni future e il welfare assistenziale”.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.