LE PAROLE DI BUSACCA

Come riporta ilgerme.it, il Direttore generale dell’Inps Abruzzo Luciano Busacca ha voluto replicare alla denuncia del dirigente Uilpa Mauro Nardella, in merito alle mancate riunioni delle commissioni per le verifiche di disabilità, ricordando la non facile situazione in cui versa il centro medico legale dell’Agenzia territoriale di Sulmona, da tempo costretto a fare i conti con “una pesante carenza di personale medico”. Busacca ha voluto anche ricorda che, in base alla legge, “nessuno perderà la pensione o l’assegno di invalidità per la mancata visita di accertamento”. Infatti, “i cittadini già riconosciuti invalidi civili continueranno a percepire la pensione o l’assegno di invalidità fino alla nuova visita di revisione”. E “laddove la commissione Inps decidesse di revocare la prestazione in occasione della visita di revisione, la revoca produrrebbe effetti solo a partire dalla data della visita e non da quella di scadenza del verbale. Stesso discorso per i verbali di accertamento ai sensi della legge 104/1992”.



LA SCADENZA DEL 17 GIUGNO

Come ricorda abruzzo.cityrumors.it, si avvicina una data importante in ambito previdenziale. Infatti, l’Inps “ha fornito le indicazioni per regolarizzare il versamento contributivo dei lavoratori distaccati all’estero in nazioni non convenzionate con l’Italia. Occorrerà procedere entro il 17 giugno tramite le denunce Uniemens. L’onere è legato alla presenza di nuovi minimali retributivi che sono stati stabiliti per i lavoratori che svolgono attività in Paesi Extra Ue. A fissare le retribuzioni convenzionali da usare nel conteggio dei contributi, i premi e le imposte sul reddito da lavoro dipendente il Decreto del 6 marzo 2024”. L’obbligo di regolarizzazione “vige per i datori di lavoro che assumono lavoratori italiani in Italia per poi inviarli in Paesi extra Ue senza accordi per la sicurezza. Vale anche per le società costituite all’estero con partecipazioni italiane di controllo nonché per società costituite all’estero con persone fisiche o giuridiche italiane che partecipano in misura superiore a un quinto del capitale sociale”.



LA SPESA DIFFICILE DA CONTENERE

Il problema della denatalità italiana rischia di avere conseguenze importanti per le pensioni. Secondo quanto riporta investireoggi.it, la necessità di contenere la spesa previdenziale porterà a un riduzione delle uscite anticipate, come si vede già dal fatto che Quota 103, Opzione Donna e Ape sociale sono ormai accessibili a poche migliaia di lavoratori. E con penalizzazioni importanti. Ma questo “non sembra bastare. E infatti anche le rivalutazioni degli assegni sono state tagliate negli ultimi due anni per coloro che percepiscono rendite medio-alte”. Probabilmente “si arriverà presto a toccare anche gli importi delle rendite in pagamento e anche le pensioni di reversibilità, come da indiscrezioni che circolano da tempo fra gli ambienti ministeriali. Se il calo demografico non si arresterà, è inevitabile che pensioni, così come sono, non potranno essere pagate a lungo. Pena il dissesto finanziario dell’Inps che già ha previsto un patrimonio negativo di oltre 9,2 miliardi per il 2023, e destinato ad aumentare nei prossimi cinque anni”.



LE PAROLE DI RICOTTI

Come riporta lavocedelpopolo.it, Paolo Ricotti, Presidente del Patronato Acli, evidenzia che il calo della natalità avrà effetti sulle pensioni, dato che “il sistema previdenziale attuale è un sistema non a capitalizzazione bensì a ripartizione: il lavoratore non si paga la propria pensione con i contributi versati, bensì la sua pensione gli viene pagata dai lavoratori attivi che in quel momento lavorano. Quindi in un sistema a ripartizione e non a capitalizzazione, per poter pagare le pensioni ci vogliono altrettanti lavoratori, se di più, rispetto ai pensionati, e sappiamo che già oggi il rapporto è di circa 7 pensionati su 10 lavoratori: questo rapporto potrebbe raggiungere nei prossimi anni il 10 su 10, e questo creerebbe una situazione del tutto insostenibile”. Per le Acli, tra le principali cause della denatalità “c’è il diffuso senso di precarietà tra i giovani, dovuto principalmente al lavoro povero e alla difficoltà ad avere una abitazione”. Dunque, il Governo dovrà muoversi anche su questo fronte.

RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI PORTA

Come riporta italiachiamaitalia.it, Fabio Porta evidenzia che gli italiani pensionati che si sono trasferiti all’estero in Paesi con cui l’Italia non ha siglato una convenzione restano esclusi dalla possibilità di ottenere la pensione in regime internazionale. Questo accade per alcuni Paesi dell’America Latina come Cile, Colombo, Ecuador, Messico e Perù. Per il deputato del Pd eletto all’estero, “la tutela socio-previdenziale da parte dello Stato italiano a favore dei nostri connazionali ha subito negli ultimi decenni un evidente freno e indebolimento con lo stop alla stipula e al rinnovo delle convenzioni bilaterali di sicurezza sociale e con il ridimensionamento del sistema di tutela a causa dello smantellamento delle strutture di coordinamento dell’Inps nazionale”.

IL PROBLEMA PER ALCUNI PENSIONATI ALL’ESTERO

Per Porta “siamo di fronte a un problema politico, che se l’Inps e il Ministero del lavoro (lo Stato italiano e il Governo) non riconoscono le difficoltà legate alle procedura pensionistiche per la definizione delle pratiche in regime internazionale e per il superamento delle molteplici criticità incontrate in questi anni di ridimensionamento della tutela socio-previdenziale dei nostri connazionali residenti all’estero e quindi non riconoscono l’assoluta peculiarità del comparto delle convenzioni, rafforzando e riqualificando il settore, valorizzando il lavoro che svolgono i patronati all’estero, ed impegnandosi maggiormente con un rinnovato servizio di tutela, la situazione è destinata a compromettere ulteriormente i diritti previdenziali delle nostre collettività all’estero”.

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