In questi ultimi mesi e anni abbiamo assistito ad una serie di proposte di riforma pensionI 2024. Nessuna di queste però è mai stata concreta e compatibile con il piano finanziario del Governo a cui mancano troppi “buchi economici” per far fronte a certe spese.
A dirlo sono i dati che ci danno l’idea di quanto sia difficile trovare una soluzione per attuare una prossima riforma previdenziale equa ma soprattutto economicamente sostenibile nel tempo. Tra le ultime proposte del sottosegretario di Stato Alberto Brambilla troviamo l’aumento dell’età pensionabile.
Proposte di riforma pensionI 2024: qual è la più sensata?
Individuare una delle proposte di riforma pensionI 2024 più accattivante ma soprattutto sostenibile non è facile. Alberto Brambilla recentemente ha sostenuto una tesi su cui crede fortemente:
«Meno assistenzialismo, più controlli e innalzamento dell’età pensionabile (con flessibilità)».
Oggi il problema è meramente economico. Il Governo non dispone di abbastanza budget per poter colmare i buchi previdenziali causati dall’invecchiamento del popolo. Occorre trovare una misura che possa riempire il deficit economico da parte dei beneficiari della pensione.
Dalle analisi rilasciate da Repubblica la maggior parte dei 67enni di oggi non sarebbe arrivato a versare i famosi vent’anni di versamenti contributivi per maturare il requisito minimo.
Il carattere assistenziale
Il primo mito da sfatare riguarda l’assistenzialismo. In Italia il means-tested (la spesa per assistere i pensionati) è più bassa rispetto a quella sostenuta dagli altri Paesi europei. Nel nostro Bel Paese il PIL si ferma allo 0,4% contro lo 0,5% che rappresenta la media europea.
E risulta un dato ancora più inferiore se paragonato alla Spagna dove la quota di spesa previdenziale si attesta all’1,1%, in Danimarca addirittura il 6,1%, in Olanda l’1,1% e infine in Portogallo lo 0,6%.
Uscire dal lavoro troppo presto
Comparando i dati con i problemi sollevati non sembra che l’Italia soffra di “troppi pensionati“. Se è pur vero che l’età demografica è in calo e questo contribuisce ad un maggior invecchiamento con conseguente aumento della spesa previdenziale, allo stesso tempo va fatta una analisi più profonda.
La verità è che dal 1994 ad oggi l’età pensionabile è aumentata di sette anni per gli uomini e di dodici anni per le donne. E il motivo per la quale l’uscita anticipata dal lavoro non è realmente un problema ce lo dicono le riforme Sacconi e Monti-Fornero.
Entrambe le riforme pensioni hanno fatto sì che l’Italia sia il Paese – tra quelli europei – con l’età pensionabile più alta così come la stessa uscita dal mercato del lavoro (nel 2023 la media era 64,2 anni rispetto ai 63,6 anni europei).