Le perplessità sulla prossima riforma pensioni 2024 sono in costante aumento: dall’idea di abbandonare Quota 41 alla sua integrazione ma con delle modifiche sostanziose. Da Palazzo Chigi potrebbero arrivare delle variazioni che cambierebbero gli importi previdenziali.

Da Bruxelles c’è fretta di agire, mentre il Governo italiano sta provando a trovare un buon compromesso senza arrecare problemi al Patto di Stabilità.



Riforma pensioni 2024: un nuovo approccio per Quota 41

Da tempo l’ipotesi di estendere Quota 41 a tutti è sostenuta da diversi esponenti politici, perfino da Claudio Durigon, sottosegretario di Stato al Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Le modifiche sulla misura prevedono l’uscita dal lavoro per 100 mila lavoratori a cui però dovrebbero sottostare ad un compromesso.



I lavoratori dovrebbero essere disposti a tornare al metodo contributivo integrale con una conseguente riduzione dell’assegno pensionistico di circa il 15% – 20%. Ma quanto può essere conveniente accettare questa proposta?

I contribuenti coinvolti sono coloro che si trovano ad un passo dalla pensione: accettando Quota 41 uscirebbero due anni prima rispetto al previsto. Ad oggi è l’unica soluzione per evitare la riforma pensioni della Fornero, che invece fa andare in pensione a 67 anni più 20 di contributi e per l’anzianità con 42 e 10 mesi di contributi.

Tra spese e soluzioni

Calcolare Quota 41 con il metodo misto (contributivo – retributivo) sarebbe uno sforzo immane per le Casse dello Stato: la misura si quantificherebbe in 4 miliardi spesi nel 2025 e 9 miliardi per continuare a mantenerla.



Una spesa ingente che passa in secondo piano. Tra le priorità del Governo vi sono i tagli Irpef e il cuneo fiscale, soluzioni che verrebbero preferite con l’ausilio di importanti risorse finanziarie.

Il sistema contributivo è di per sé penalizzante e in aggiunta per poter rientrare nella misura occorre rientrare in una categoria di lavoratori vulnerabili: disabili, caregiver, disoccupati o qualunque attività gravosa.

Inoltre è indispensabile aver versato almeno un contributo a settimana (nel sistema retributivo) e prima di gennaio del 1996.