I fortunati che potrebbero andare in pensione con la riforma pensioni 2025 dovrebbero essere 100 mila. Le soluzioni attualmente in vigore sono confusionarie e non dimostrano chiarezza nel futuro dei giovani e di chi uscirà dal lavoro.

Riforma pensioni 2025: lo studio del Governo

Le misure previdenziali sono in scadenza e il Governo deve trovare un modo per poterne uscire senza intaccare la spesa pubblica. Per questo motivo gli esponenti politici hanno studiato un programma che approfondisse la materia nei minimi dettagli.



Per poter attuare Quote 41 occorre fare dei sacrifici: si prospetta una riduzione del 20% sull’assegno previdenziale ma soltanto per coloro che accettano. I lavoratori che potrebbero rientrare nella misura sono 100.000, di cui 70 mila del settore privato e 30 mila del pubblico.

I numeri sono indispensabili per comprendere l’impatto sulla spesa pubblica. Sulle analisi di oggi l’INPS dimostra di essere in difficoltà poiché in futuro non molto lontano potrebbero esserci più pensionati che lavoratori (e questo causerebbe il collasso dell’intero sistema).



Cifre alle mani

La speranza di poter estendere Quota 41 a tutti è quasi pari al zero. Questa misura senza penalizzazioni comporterebbe una spesa pubblica di 4 miliardi di euro soltanto per avviarla, poi la cifra raddoppierebbe di anno in anno.

Nel lungo periodo è facile immaginare che è insostenibile se si vuol mantenere intatto il sistema previdenziale italiano.

La misura originaria prevedeva un calcolo sul sistema misto (contributivo e retributivo) ma oggi attuarla è economicamente impossibile. Si è pensato quindi di adottare soltanto il sistema contributivo penalizzando dal 20% al 35% i 100 mila pensionati che ne usufruiranno.



Chi sceglie sarà penalizzato con una riduzione dell’importo pensionistico e per uscir e dal lavoro a due o tre anni prima. È così conveniente come vogliono farci credere?