Sulla riforma pensioni 2025 il Governo ha supposto tre ipotesi da poter inserire in Legge di Bilancio. Tra le priorità vi è quella di contrastare l’iter complesso del sistema pensionistico e contribuire a soddisfare le esigenze economiche e sociali.
Alcuni interventi potrebbero influire sia sugli assegni pensionistici più alti e anche su quelli più bassi, cambiando di fatto la sostenibilità economica. La manovra 2025 mira comunque, a trovare un equilibrio sociale (soprattutto aiutando il ceto medio).
Riforma pensioni 2025: gli interventi previsti in manovra
La riforma pensioni 2025 dovrebbe abbattere una serie di costi. Il Governo potrebbe attuare il blocco della perequazione automatica nel caso in cui l’assegno previdenziale sia oltre quattro volte il trattamento minimo previdenziale.
Questa misura potrebbe influire sugli assegni pensionistici che superano una certa soglia, che al momento è stimata intorno ai 1.650€ netti mensili. Nonostante non siano “pensioni d’oro” l’adeguamento al costo della vita potrebbe costar caro anche a chi percepisce meno.
Se si confermasse questa misura il Governo non avrebbe più problemi costituzionali sul blocco della perequazione e risparmierebbe un po’ di soldi sui conti pubblici. La nota negativa è chiaramente l’incidenza sul potere d’acquisto a sfavore dei pensionati che percepiscono un assegno più basso.
Pensionati all’estero
La riforma pensioni 2025 dovrebbe prevedere un’estensione di controlli anche per i soggetti pensionati (italiani) che si trovano all’estero. L’obiettivo è accertarsi dell’esistenza in vita così da poter abbattere eventuali spese superflue che pesano sui conti dell’INPS.
La seconda fase dell’iter di monitoraggio coinvolgerà i pensionati domiciliati in Europa, in Oceania e in Africa.
Incentivi a 70 anni
L’idea – anche qui per abbattere i costi pubblici nella riforma pensioni 2025 – è di abrogare l’obbligo di mandare in pensione chi ha compiuto 65 anni d’età e il conteggio viene effettuato con il sistema contributivo.
Una possibile soluzione sarebbe sarebbe quella di promuovere degli incentivi per fare restare i dipendenti fino a 70 anni d’età.