Mancano sempre meno alla futura riforma pensioni 2025 che si prospetta piena di insidie e problematiche di natura finanziaria. Prima dell’incontro per l’aggiornamento del documento di Economia e Finanza il Governo Meloni sta ragionando su una manovra più “leggera”.
Si stima una spesa minima di 25 miliardi di dollari su cui però si incontreranno delle difficoltà non indifferenti. La prima tra tutte l’applicazione di Quota 41 Light su cui pressano la Lega e Claudio Durigon, e poi l’innalzamento delle pensioni minime come voluto da Forza Italia.
Riforma pensioni 2025: a rischio collasso
Il problema della riforma pensioni 2025 non è esclusivamente legato ad un problema finanziario (quello anche, ma non è l’unica criticità da risolvere). Ciò su cui il Governo dovrebbe lavorare è la sostenibilità e il funzionamento del sistema pensionistico.
Oggi c’è un forte sbilancio tra il numero di lavoratori che “pagano le pensioni” e i pensionati. Quest’ultimi sono superiori rispetto a chi ha un impiego duraturo e stabile nel tempo.
Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha sottolineato in diverse occasioni il problema demografico. Le nascite sono sempre più inferiori alle aspettative a alla sostenibilità economica del Paese (nel medio e lungo periodo).
Ma non è tutto visto che al 31 dicembre 2024 scadranno le misure attualmente in vigore: Quota 103; Opzione Donna; Ape Sociale e un possibile ritorno alla Riforma Fornero (tanto detestata).
Pensioni anticipate insostenibili
Il Governo vorrebbe pensare a delle misure più agevolative e non certamente impopolari, come potrebbero essere le variazioni – in negativo – delle finestre di uscita oppure dell’aumento dell’età pensionabile.
La prospettiva ideale sarebbe quella ridurre gli incentivi dedicati alle pensioni anticipate, che razionalmente parlando avrebbero dei costi insostenibili.
Una possibile idea applicabile nella prossima manovra e di conseguenza nella riforma pensioni 2025 è l’aumento del valore dei contributi pensionistici dopo una certa età anagrafica.