DAMIANO APPROVA PIANO BRUNETTA

Cesare Damiano accoglie “con estremo favore l’annuncio del ministro Brunetta a proposito dell’abbandono del blocco del turnover”. Secondo l’ex ministro del Lavoro, “è tempo di favorire il ricambio generazionale rendendo più flessibile il sistema previdenziale e assumendo i giovani digitali nella Pubblica Amministrazione. Ormai, a causa della carenza di organico, molte attività non possono essere svolte e molti servizi resi ai cittadini diventano carenti”. Oltre a misure di riforma pensioni, per il consigliere dell’Inail sarebbe anche “importante recuperare e utilizzare le graduatorie di concorso, stabilizzare i precari e indire nuovi concorsi celeri”, in quanto “la ripresa delle assunzioni nella P.A. può rappresentare un segnale positivo, anche se parziale, e una prima risposta alla crisi occupazionale che colpisce in particolare i giovani le donne”. Categorie, quest’ultime, per le quali Damiano da tempo chiede anche specifiche misure di carattere previdenziale, come l’introduzione di una pensione di garanzia e la valorizzazione dei lavori di cura.



LE DIFFICOLTÀ DEI LAVORATORI ESPOSTI ALL’AMIANTO

Mentre, come ricorda quotidianocontribuenti.com, nel Governo si comincia a pensare al Documento di economia e finanza e alle risorse necessarie per finanziare alcuni interventi in esso contenuti, come quelli di riforma pensioni destinati al post-Quota 100, si registrano dei problemi per quanto riguarda i lavoratori dell’ex Breda di Pistoia esposti all’amianto in attesa di poter avere accesso alla quiescenza. L’edizione locale della Nazione riporta le parole del portavoce dei lavoratori Giovambattista Grasso: “In una conference call tra sindacati nazionali ed Inps nazionale del 22 febbraio scorso, l’Istituto aveva comunicato che nell’arco di 15 giorni sarebbero state inviate le lettere a coloro che dovevano avere accesso immediato al trattamento pensionistico (circa 360 lavoratori in tutta Italia). Dopo ulteriore sollecito all’Inps lunedì 1° marzo era stato comunicato ai sindacati che le lettere sarebbero state spedite nella giornata stessa ma ancora nessun lavoratore ha ricevuto niente. È inaccettabile che l’Inps continui a prendere in giro i lavoratori ‘giocando’ sulla loro pelle”.



LA PROPOSTA DI CAZZOLA

Sono davvero variegate e non poche le proposte di riforma pensioni sul tavolo del Governo Draghi in vista della scadenza di Quota 100 a fine anno. Secondo Giuliano Cazzola Quota 92 e Quota 102 presenterebbero delle controindicazioni o comunque non sarebbero soluzioni del tutto ottimali, considerando anche le forme di pensionamento anticipato già esistenti. Pertanto, dal suo punto di vita, come spiegato in un’intervista a pensioniperutti.it, “la soluzione migliore potrebbe essere quella di lasciare come sono le regole per il pensionamento di vecchiaia ordinaria e di quello anticipato (che fare però dell’aggancio automatico alle attese di vita?) inserendo una via di uscita ulteriormente anticipata che incorpori anche opzione donna, che sia sottoposta interamente al calcolo contributivo e con requisiti di accesso più rigorosi (di quelli ora previsti per opzione donna). Ovviamente implementando la via d’uscita del pacchetto Ape”. Vedremo se questo “consiglio” dell’ex vicepresidente della commissione Lavoro della Camera verrà ascoltato dall’esecutivo.



RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI PACIFICO

Come noto, con il Patto per l’innovazione del lavoro pubblico si sta pensando di introdurre misure di riforma pensioni per gli statali in modo da favorire il prepensionamento di quelli più vicini a maturare i requisiti per l’ingresso in quiescenza e con competenze meno in linea con le esigenze di digitalizzazione della macchina pubblica. Marcello Pacifico si dice d’accordo con tale ipotesi, perché “ci sono professionalità nell’amministrazione pubblica, a partire dal personale scolastico, particolarmente esposte a problemi di salute e sicurezza troppo alti, il cui operato deve essere collocato tra i lavori gravosi. Si tratta di dipendenti statali che già devono fare i conti con le conseguenze del burnout, tra l’altro per avere convissuto con un rischio biologico molto superiore ad altre categorie ma non riconosciuto dallo Stato”.

LA RICHIESTA SULL’APE SOCIAL

Secondo il Presidente dell’Anief si tratta di persone che non possono essere lasciate “in servizio fino a 70 anni di età, magari dopo 40 e più anni di contributi versati. È chiaro che per noi, però, qualsiasi forma di anticipo non deve comportare decurtazioni all’assegno pensionistico, anche perché già il sistema contributivo è purtroppo determinante in negativo nel tagliare le mensilità della pensione: ci aspettiamo un allargamento, per capirci, della Ape social, che permette di lasciare il lavoro dai 62 anni e non prevede di fatto alcun ridimensionamento dei compensi per che lascia il servizio. La decisione, tra l’altro, farebbe ringiovanire un comparto la cui età media è a dir poco sbilanciata verso l’alto”.