La riforma delle pensioni era uno dei temi attesi nell’agenda autunnale del governo, invece non ci dovrebbero essere novità significative. Nelle ultime settimane sono circolate varie “ricette”, come Quota 41, con il solo requisito dell’anzianità e 62-63 anni di età come punto di partenza per un’uscita flessibile per un taglio degli assegni fino al 4 per cento per 4-5 anni. La proposta è stata “sponsorizzata” dai sindacati e ricalca quella dell’ex ministro del Lavoro Cesare Damiano, ma la proposta di riforma che dovrebbe emergere non sarà radicale, secondo quanto riportato da Il Giornale. Difficilmente si abbozzerà un’alternativa a Quota 100, l’uscita anticipata voluta dalla Lega che scadrà nel 2022. Neppure se fosse a costo zero. Ma quello delle pensioni resta un tema sensibile, essendo l’Italia il principale beneficiario degli aiuti europei legati all’emergenza Covid. Per questo, una riforma previdenziale di “manica larga” non è giustificabile. L’8 e 16 settembre tra Cgil, Cisl e Uil e il ministro del Lavoro Nunzia Catalfo si terranno due incontri significativi in tal senso.



RIFORMA PENSIONI, SINDACATI BOCCIANO QUOTA 100

Si può già ipotizzare cosa dovrebbe uscire da quell’incontro per quanto riguarda la riforma pensioni. In primis, il rinnovo di due strumenti che vanno in scadenza a fine anno, secondo quanto riportato da Il Giornale. Si tratta dell’Ape sociale, l’anticipo della pensione per alcune categorie di lavoratori introdotto dal governo Renzi. Prorogata fino a fine anno, dovrebbe comunque scadere il 2021, come Opzione donna, che l’attuale governo intende prorogare. I sindacati dal canto loro tengono ferme le loro richieste, tra cui la sostituzione di Quota 100 con uno strumento di uscita flessibile intorno ai 63 anni o con 41 anni di contributi. A tal proposito, Domenico Proietti, segretario confederale della Uil, ha evidenziato che «la spesa previdenziale in Italia è bassa». Inoltre, l’obiettivo per quanto concerne l’Ape sociale è allargare la platea con altri tipi di occupazione e rendere stabile Opzione donna. Invece su Quota 100 c’è la bocciatura dei sindacati: «Ha dei limiti, è rigida». Serve invece una scelta flessibile.

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