L’ACCORDO INPS-MAE

L’Inps e il ministero degli Esteri, si legge in un comunicato stampa dell’Istituto nazionale di previdenza sociale, “hanno condiviso un progetto che prevede la possibilità per i pensionati che riscuotono all’estero e che stanno ricevendo da Citibank NA i moduli di richiesta di attestazione dell’esistenza in vita, di rapportarsi con gli uffici consolari tramite un servizio di videochiamata”. In buona sostanza, viste le limitazioni che vengono imposte per gli spostamenti, anche all’estero, per limitare il contagio da Covid-19, l’accordo prevede di attestare l’esistenza in vita anche con questa modalità “a distanza”. I pensionati, “per rendere operativo tale servizio di videochiamata, sono invitati ad indicare l’indirizzo di posta elettronica e il recapito telefonico nel modulo di attestazione dell’esistenza in vita da inviare a Citibank NA”, si legge ancora nel comunicato, che contiene altre utili indicazioni, come quella relativa al fatto che tale modalità di attestazione dell’esistenza in vita “si aggiunge e non sostituisce le consuete modalità che prevedono la presenza fisica del pensionato presso un soggetto qualificato”.



RIFORMA PENSIONI, IL GENDER GAP DA SANARE

Tra le richieste dei sindacati al Governo nel confronto sulla riforma pensioni c’è anche la valorizzazione dei lavori di cura svolti dalle donne, tema importante considerando il divario di genere ancora esistente nel sistema previdenziale, confermato dai dati dell’Osservatorio statistico dell’Inps riportati da giornaletrentino.it, in base ai quali nel 2019 “le pensioni di vecchiaia delle donne risultano dimezzate rispetto a quelle degli uomini (735 euro contro 1.433 euro). Ma questo non è l’unico dato preoccupante. In Regione il 79% delle donne riceve un assegno pensionistico di vecchiaia inferiore ai 1.000 euro, mentre ‘solo’ il 34% degli uomini deve accontentarsi di simili importi. Le super-pensioni superiori ai 2.000 euro vanno invece per il 22% nelle tasche dei pensionati maschi e per il solo 4% alle pensionate”. La vicepresidente dell’Inps Gnecchi ha evidenziato l’importanza, specie per le lavoratrici autonome, di dotarsi della previdenza complementare. Ma resta importante anche la richiesta fatta dai sindacati e sempre sostenuta dal Comitato Opzione donna social.



PENSIONI E NASPI: LO SCENARIO

In vista della prossima riforma pensioni, con la prima strutturazione che avverrà già nell’attuale Manovra di Bilancio, c’è un tema non in secondo piano che riguarda la proroga dell’Ape sociale: dopo la conferma del Governo sull’estensione della misura pensionistica, nelle intenzioni del Ministero del Lavoro vi sarebbe anche l’ipotesi di accettare nei beneficiari dell’Ape anche i lavoratori fragili e i disoccupati senza Naspi. Così è emerso nell’incontro del 14 ottobre scorso con i sindacati e così viene rilanciato oggi dal focus di Orizzonte Scuola: «l’intenzione è quello di allargare la platea dei beneficiari dell’Ape sociale, che oggi è prevista per invalidi, caregiver, disoccupati percettori di Naspi e lavoratori gravosi, anche ai lavoratori fragili e i disoccupati che non hanno avuto diritto agli ammortizzatori sociali che oggi sono esclusi dalla misura». Su questo però la Uil ha già chiesto la revisione dei codici Istat che di norma sono il vero “ostacolo” che nega l’accesso all’Ape sociale per determinate categorie di lavoratori.



RIFORMA PENSIONI, LA RICHIESTA UIL AL GOVERNO

Domenico Proietti lancia un allarme, spiegando che “sulla Legge di bilancio come su altri temi sembra essere scesa una nebbia che occorre diradare al più presto. Ricordiamo che negli incontri fatti il Governo rappresentato dalla Ministra del Lavoro si era impegnata a dare alcune risposte concrete ai temi proposti dai sindacati”. Il riferimento del Segretario confederale della Uil è alle varie misure di riforma pensioni che dovrebbero entrare nella manovra, come la proroga di Ape social e Opzione donna, la risoluzione del problema relativo ai lavoratori con contratto di part-time verticale, un semestre di silenzio-assenso per favorire la previdenza complementare, nonché la sterilizzazione dell’impatto negativo della decrescita del Pil sulla rivalutazione dei montanti contributivi. Proietti, quindi, intervistato da pensionipertutti.it, chiede che non si facciano retromarce e “che il Governo si esprima chiaramente al fine di dissipare ogni dubbio e dichiarando quali saranno le misure previdenziali presenti in Legge di bilancio”.

PENSIONI DI INVALIDIÀ, GEMMATO CHIEDE MODIFICHE A CATALFO

Il deputato di Fratelli d’Italia, Marcello Gemmato, chiede una modifica alla misura con cui si è provveduto ad aumentare gli assegni di invalidità. Come riporta brindisilibera.it, infatti, il coordinatore regionale del partito guidato da Giorgia Meloni, evidenzia che i limiti reddituali posti per poter avere diritto all’adeguamento dell’importo “risultano essere bassi, e dal beneficio viene esclusa una serie di soggetti invalidi che lamenterebbe soglie relative proprio ai predetti requisiti reddituali troppo basse, facilmente superabili, nonostante non configurino redditi alti e tali da poter vivere dignitosamente”. Gemmato fa quindi sapere di aver chiesto alla ministra del Lavoro Nunzia Catalfo “se non intenda prevedere un innalzamento delle soglie relative ai requisiti reddituali indicati nella circolare per consentire al maggior numero possibile di persone con invalidità, effettivamente bisognose di queste prestazioni e i cui redditi percepiti non consentano loro di vivere dignitosamente, di poter beneficiare della maggiorazione economica delle relative pensioni”.

RIFORMA PENSIONI, BRAMBILLA SULLA LEGGE FORNERO

In un articolo pubblicato su L’Economia, l’inserto del Corriere della Sera, Alberto Brambilla spiega che la Legge Fornero “non funziona perché è troppo rigida”. Dal suo punto di vista, quindi, nell’immaginare una nuova riforma pensioni occorre che per tutti coloro che hanno iniziato a lavorare dal 1° gennaio 1996 vengano cancellate “tutte le regole previste dalla Fornero che favoriscono solo i redditi alti e penalizzano gran parte dei giovani che peraltro con i loro contributi ci pagano le nostre pensioni, che devono essere equiparate a tutti gli altri lavoratori compresi i requisiti di pensionamento e l’integrazione al minimo su valori pari alla maggiorazione sociale (630 euro al mese) e calcolati sulla base del numero di anni lavorati”.

LE PROPOSTE PER IL POST-QUOTA 100

Secondo l’ex sottosegretario al Welfare occorre vengano mantenuti per tutti i requisiti della pensione di vecchiaia a 67 anni con 20 di contribuzione, collegati all’aspettativa di vita, mentre “Quota 100, Ape social, Opzione donna e precoci possono essere sostituiti dai fondi esubero che sono già operativi per banche e assicurazioni e sono a costo zero per lo Stato”. Si dovrebbe quindi poi prevedere una Quota 102 (64 anni di età e 38 di contributi) con non più di due anni figurativi e calcolo contributivo per i periodi dal 1° gennaio 1996 al 31 dicembre 2011, “rendendo stabile la pensione anticipata a 42 anni e 10 mesi (1 anno in meno per le donne) svincolata dalla aspettativa di vita ed eliminando qualsiasi divieto di cumulo”. Per Brambilla si possono anche prevedere anticipi per le donne madri (8 mesi per figlio con un massimo di 24 mesi) e per i precoci ogni anno lavorato prima dei 19 dovrebbe valere 1,25 anni.