LA NORMA DA CAMBIARE PER AIUTARE LE VACCINAZIONI

Sono tante le speranze riposte nella campagna vaccinale per riuscire a superare l’emergenza Covid. Tuttavia, come spiega un articolo pubblicato su nursetimes.org, ci sono delle situazioni paradossali. Per esempio, “ex operatori sanitari in pensione, impossibilitati ad aderire alla campagna vaccinale perché l’Inps sospende loro la pensione: una delle risorse principali per riuscire a vaccinare il più possibile, è quella di permettere a chi è fuoriuscito dal mondo del lavoro ma ancora abile di offrire le proprie prestazioni negli hub vaccinali. Peccato che tutti coloro che sono andati in pensione con Quota 100 (tantissimi in sanità) incappino in questo problema, ritirando quindi immediatamente la loro disponibilità. A marzo 2020 era stata diramata una circolare che per 6 mesi sospendeva l’incompatibilità tra pensione anticipata e incarico ai centri vaccinali. In seguito la sospensione non è stata più rinnovata. Una ‘leggerezza’ che pagano i cittadini”. Vedremo se la norma verrà cambiata com’è stato paventato nei giorni scorsi.



IL NODO “ETÀ” PER LA RIFORMA PENSIONI

Mentre in Italia il Governo attende la presentazione del Recovery Plan per prendere seriamente il dossier riforma pensioni, arriva dall’Unione Europea un possibile ulteriore “problema” per la prossima legge previdenziale: come ribadito di recente dalla Commissione Ue, l’invecchiamento della popolazione rappresenterà nei prossimi anni un vero “snodo” a cui sono chiamati tutti i Paesi membri. «Si stima che entro il 2070 l’età mediana raggiungerà la soglia dei 49 anni, cinque in più rispetto ai livelli attuali», sedie il Sole 24 ore nel focus presentato martedì nella versione cartacea e online. Proprio dalla gestione di tale invecchiamento dipenderanno le strutture dei prossimi sistemi di welfare, capitolo pensioni in primis. «L’allungamento della carriera lavorativa, quanto più possibile demandato all’adozione di meccanismi automatici, potrà consentire di mantenere la sostenibilità della spesa pensionistica pubblica e al contempo di rafforzare l’adeguatezza delle prestazioni», scrivono i funzionai di Bruxelles rilanciando l’emergenza previdenziale, specie in Paesi come l’Italia dove l’anticipo previdenziale viene da anni visto come errore strutturale dalla Commissione. Da ultimo, lanciando un appello ai Paesi, Bruxelles rilancia l’importanza di avere fondi pensione di buona/elevata qualità e sicurezza per assicurare un piano di accumulo competitivo. (agg. di Niccolò Magnani)



RIFORMA PENSIONI, LE IPOTESI DEL GOVERNO

Non si è parlato di riforma pensioni nell’incontro che c’è stato ieri tra Draghi e sindacati, ma quest’ultimi, nell’audizione sul Def, hanno ribadito le loro richieste sulla flessibilità post-Quota 100. L’esecutivo, tuttavia, come riporta Il Sole 24 Ore, pare intenzionato a varare misure poco costose, in particolare prorogando l’Ape social e Opzione donna. Un’operazione che costerebbe 1,8 miliardi di euro, a quali potrebbero contribuire i risparmi di spesa rispetto alle somme stanziate per Quota 100. Secondo il quotidiano di Confindustria, il Governo potrebbe anche potenziare l’isopensione e il contratto di espansione. Su quest’ultimo strumento, Andrea Orlando, ministro del Lavoro, intervistato dal Messaggero, conferma che “potrebbe essere esteso anche alle piccole realtà. Ci stiamo ragionando”. Attualmente il contratto di espansione può essere utilizzato dalle imprese con almeno 250 dipendenti e nei giorni scorsi si è ipotizzato che possa essere esteso anche a quelle con 100-150 addetti. Bisognerà però aspettare l’autunno per avere più certezze sulla previdenza.



DAMIANO: RIPARTIRE DALL’APE SOCIALE

In un servizio dedicato alla riforma pensioni, tema per il momento messo in secondo piano dal Governo, realizzato da LiberoTv, Cesare Damiano ricorda che l’Ape social potrebbe essere presa come schema di riferimento per il post-Quota 100. “Abbiamo attualmente una misura riservata a chi svolge dei lavori gravosi e si chiama Ape sociale. Consente di uscire con 63 anni d’età e 36 di contributi. Per chi è disoccupato, ad esempio, c’è un vantaggio: bastano 30 anni di contributi”, evidenzia l’ex ministro del Lavoro, spiegando che dovrebbe diventare una misura “universale, cioè riguardare l’intero sistema, e tutti i lavoratori e tutte le lavoratrici. In che modo? Prevedendo, ad esempio, la possibilità di anticipare anche in questo caso all’età di 63 anni l’uscita pensionistica con contributi di riferimento fino a un massimo di 36 anni, prevedendo però in questo caso, per chi non svolge lavori gravosi o usuranti, una penalizzazione massima del 2% o 3%, per ogni anno di anticipo”. Ricordiamo che però i sindacati sono contrari a una forma di pensionamento anticipato che prevede penalizzazioni.

RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI CAZZOLA

Per quanto il tema non sia all’ordine del giorno, entro la fine dell’anno il Governo dovrà affrontare il nodo della riforma pensioni post-Quota 100. Giuliano Cazzola si dice convinto “che neppure i dirigenti sindacali” credano di poter vedere accolte le loro richieste in materia, consistenti principalmente in una flessibilità pensionistica a partire dai 62 anni e in una Quota 41, entrambe senza penalizzazioni. L’ex deputato, in un intervento su interris.it, spiega che sarebbe anche da respingere l’ipotesi di una Quota 102, con di fatto un innalzamento di due anni, da 62 a 64, del requisito anagrafico di Quota 100. “Chi fa questa proposta non riflette a sufficienza sulla esperienza di quota 100, così non si rende conto della inutilità di questa correzione”, scrive Cazzola.

LA SOLUZIONE PER IL POST-QUOTA 100

L’ex vicepresidente della commissione Lavoro della Camera evidenzia come “il vincolo congiunto dei 62 e dei 38 anni è stato ben più severo nei suoi effetti di quanto non immaginassero i suoi promotori”, anche perché, come dimostra un’analisi della Corte dei Conti, la discriminante più importante, nell’adesione a quota 100, è “stata l’anzianità contributiva piuttosto che l’età”. Dunque, “gli effetti di quota 100 saranno destinati – alla scadenza della deroga alla fine del 2021 – a confluire verso l’utilizzo del pensionamento anticipato ordinario, bloccato fino a tutto il 2026, a 42 anni e 10 mesi per gli uomini e un anno in meno per le donne. Se questa è la tendenza, che verrebbe ampliata notevolmente a fronte di un requisito anagrafico di 64 anni, tanto vale lasciare che il sistema si assesti da sé rientrando nelle regole da cui è stato deviato nel 2019 dal Governo giallo-verde”.