LA RIFORMA PENSIONI E IL TOTOMINISTRO DEL LAVORO

Sta passando quasi nel silenzio il fatto che dopo diversi giorni di “totoministri” e riunioni nel Centrodestra, ancora il Ministero del Lavoro risulta una “casella” vuota nella vasta lista del prossimo Governo Meloni. Di conseguenza, tutte le disamine sulla prossima riforma pensioni non possono che rimanere in “standby” anche solo per il semplice motivo di non sapere ad oggi chi sarà il titolare del Ministero fino ad oggi ricoperto da Andrea Orlando. Non si tratta di un dettaglio da poco visto che tra le varie proposte emerse nel programma di Centrodestra – Quota 41 (Lega), pensioni minime a 1000 euro (Forza Italia) e rivalutazione con pensioni di garanzia (FdI) – il dossier sulla riforma pensioni non potrà che dipendere da chi sarà il prossimo Ministro del Lavoro.



A Via Vittorio Veneto si attende l’evoluzione del “totoministri” per capire innanzitutto se sarà un tecnico o un politico a ricoprire tale ruolo: si è parlato negli scorsi giorni dell’ipotesi Matteo Salvini o comunque un esponente della Lega per presidiare i temi caldi di Reddito di Cittadinanza e legge Fornero ma l’evoluzione del dibattito politico sembrerebbe allontanare tale opzione. Sale invece l’opzione – secondo l’Adnkronos – della Presidente del consiglio nazionale dell’ordine dei Consulenti del Lavoro, Marina Calderone. Anche solo da questi due nomi già cambierebbe molto sul fronte riforma pensioni: nel primo caso, una legge che vada a sostituire al più presto la riforma Fornero sarebbe nei primissimi piani del Ministero a guida “politica”; diversamente con un tecnico si potrebbe prendere posizioni più “soft” e soprattuto improntate alla tenuta della spesa previdenziale davanti alle pressanti richieste-attese dell’Europa.



QUOTA 41: COSA SUCCEDERÀ CON LA RIFORMA PENSIONI (DAL 2023)

Ogni buon Ministero del Lavoro deve anche sapere dialogare e confrontarsi spesso con le parti sociali: da questo punto di vista, Cgil-Uil si trovano su posizioni spesso molto distanti dal Centrodestra, mentre un dialogo è già più ben sviluppato tra Cisl e Ugl. In vista della prossima riforma pensioni va però detto come tutti i leader sindacali si siano spesi quasi del tutto favorevoli alla proposta pattuita dalla Lega di una Quota 41 che possa andare ad eliminare stabilmente la riforma Fornero, di ritorno dal 1 gennaio 2023 se non verranno prorogate le Quota 100 e Quota 102 fino ad oggi rimaste sperimentali.



«Siamo sul piede di guerra. Il segretario della CISL Luigi Sbarra ha già detto che le pensioni sono uno dei punti centrali delle aspettative dei sindacati per il nuovo governo. Chiediamo che si possa andare in pensione con 41 anni di contribuzione, ad almeno 62 anni di età anagrafica – con un minimo di 20 anni di contribuzione»: lo ha detto negli scorsi giorni alla trasmissione “Italia Città Aperta” su CusanoTv Patrizia Volponi, segretario Nazionale della Cisl Pensionati. La richiesta è netta e viene inviata al prossimo Governo di imminente incarico: «Chiediamo poi che ai lavoratori che svolgono lavori usuranti sia consentito di andare in pensione prima, con 30 o 36 anni di contribuzione. Infine, proponiamo l’opzione donna, che consenta di andare in pensione a partire, almeno, dai 59 anni di età, o con 35 anni di contribuzione».