I COSTI DELLA PROPOSTA DI BRAMBILLA
In un’intervista al sito del Sole 24 Ore, Alberto Brambilla spiega che la sua proposta di riforma pensioni che è stata anche ribattezzata Quota 102, “nell’ipotesi che la riforma descritta parta dal 2021, considerando i 48,58 miliardi già stanziati dal decreto del 29 gennaio 2019, di cui se ne spenderanno circa 17 per le misure già in corso fino al 31 dicembre di quest’anno, (con un risparmio quindi di oltre 31 miliardi) il costo per le proposte che ho descritto sarebbe pari fino al 2028 (8 anni) a circa 20 miliardi poi, fino al 2036 di circa 1,9 miliardi l’anno, già previsto dal decreto. In pratica dal 2021 si avrebbe un incremento di spesa di circa 2,5 miliardi l’anno fino al 2028 e 1,9 dal 2028 al 2038, dopo di che l’incremento si azzera. Rispetto a quanto stanziato si risparmierebbero oltre 11 miliardi al 2028 e circa 1 miliardo al 2036”. Il Presidente di Itinerari Previdenziali aggiunge anche che “l’Ape volontaria va assolutamente ripristinata”. Ricordiamo che questa misura è scaduta a fine 2019 e non è stata rinnovata.
LE PAROLE DI CAZZOLA
In un articolo pubblicato su startmag.it, Giuliano Cazzola commenta la proposta di riforma pensioni di Alberto Brambilla che mediaticamente è stata ribattezzata ormai Quota 102. L’ex deputato è convinto che “la questione più preoccupante sul piano della finanza pubblica, tra quelle incluse nel pacchetto del Conte 1, sia il congelamento fino a tutto il 2026 del requisito del pensionamento anticipato. Brambilla (non) lo risolve rendendolo strutturale”. Dal suo punto di vista però è innegabile “che in questa operazione vi sia una particolare attenzione per le generazioni del baby boom, che hanno una storia lavorativa lunga e continuativa che consente loro di raggiungere quella soglia contributiva, invero elevata, ad un’età di poco superiore ai 60 anni”. Cazzola ricorda anche che in tema di flessibilità “si dimentica spesso che la riforma Fornero ha già provveduto, legando la possibilità, per coloro che sono totalmente in regime contributivo, di andare in quiescenza ad una età di 63 anni con 35 anni di versamenti, a condizione che il trattamento liquidato garantisca una relativa adeguatezza”.
RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI GANGA SU QUOTA 102
“La Cisl è assolutamente contraria sia nel merito sia nel metodo ad ipotesi che prevedano di andare in pensione con almeno 64 anni di età e 38 di contributi ed il calcolo dell’assegno integralmente contributivo”. È quanto spiega Ignazio Ganga rispetto alle ultime novità di riforma pensioni che parlano di Quota 102. “Siamo contrari nel merito perché queste proposte, che abbiamo visto rilanciate dagli organi di stampa in questi giorni, non rispondono alle richieste espresse nella piattaforma unitaria di Cgil, Cisl, Uil. E siamo contrari nel metodo perché l’unico modo serio di affrontare il tema delle pensioni e della previdenza è quello di aprire il prima possibile il tavolo di confronto tra Governo e parti sociali promesso dall’esecutivo ed annunciato a breve dalla Ministra del Lavoro, dando allo stesso tempo attuazione alle Commissioni di studio sulla spesa previdenziale e sui lavori gravosi previste dalla Legge di Bilancio”.
LA POSIZIONE DELLA UIL
“Dai rappresentanti della maggioranza di Governo ci aspettiamo serietà e pertanto dovrà essere evitato di prefigurare possibili soluzioni, per altro penalizzanti per i lavoratori, valorizzando invece il confronto con le organizzazioni sindacali”, aggiunge Ganga. Anche la Uil, tramite il Segretario confederale Domenico Proietti, boccia Quota 102. “L’ipotesi di Quota 102, 64 anni di età e 38 anni di contributi, non risponde all’esigenza di flessibilità diffusa per accedere alla pensione e aggrava i problemi non risolti da Quota 100. La Uil ritiene che si debba lavorare da subito per garantire una flessibilità tra i 62/63 anni per uscire dal mondo del lavoro, considerando le differenti gravosità dei lavori”, spiega Proietti.