I RITARDI PER LE PENSIONI DI INVALIDITÀ
Tra gli interventi di riforma pensioni di cui si sta discutendo in queste settimane non ci si sta occupando delle pratiche relative agli assegni di invalidità, su cui pure occorrerebbe prendere delle misure. Come riporta ivg.it, infatti, a Savona si arriva anche ad attendere più di un anno per avere la valutazione da parte dell’Asl. Roberto Arboscello, Consigliere regionale del Partito democratico, ha “chiesto alla Giunta quali azioni assumerà per ovviare alla problematica riducendo i tempi di attesa e il disservizio che pesa sia sui medici sia sull’utenza. Queste attese non forniscono nemmeno certezze e diritti per una parte di cittadinanza già fragile e in difficoltà, che dall’attività di valutazione e le successive erogazioni delle pensioni basa le prospettive future”. “Ad oggi il tempo minimo per ottenere la disabilità da parte di cittadino savonese è ancora di 10 mesi. È necessario un intervento più deciso per smaltire tutto il pregresso entro dicembre e garantire ai cittadini i tempi di attesa precedenti per usufruire dei diritti che gli spettano”.
PENSIONI DI REVERSIBILITÀ: LE NOVITÀ
Mentre si attendono importanti novità per la prossima riforma pensioni, in primis la convocazione prima dell’estate al Ministero del Lavoro, sui forum specializzati si rincorrono le domande sulle prospettive attuali in campo previdenziale: una di quelle più “quotate” è la pensione di reversibilità, ovvero la possibilità di ricevere un assegno per determinati familiari di un lavoratore pensionato deceduto. Il focus dello studiocataldi.it – ripreso da Adnkronos – mostrano le ultime novità in materia: è erogata dall’Inps, automaticamente, dal primo giorno del mese successivo a quello in cui è avvenuto il decesso. I beneficiari sono il coniuge e – solo in alcune condizioni – i figli, i nipoti, i genitori, i fratelli e le sorelle. L’importo della pensione di reversibilità non è mai fisso ma commisurato all’importo della pensione di cui godeva il defunto in vita: al coniuge, se non ci sono figli, è riservato il 60%; il coniuge e un figlio in vita avranno invece l’80% della pensione del defunto. La reversibilità subisce delle riduzioni se il beneficiario possiede dei redditi propri in più rispetto al trattamento ai superstiti (e che superino di tre volte il trattamento minimo Inps): per il 2021, in termini pratici vuol dire che «la riduzione scatta solo se i redditi del beneficiario della prestazione superano i 20.107,62 euro». Se nel nucleo familiare del beneficiario ci sono figli minori, studenti o inabili, la riduzione non viene applicata, così come non scatta per i trattamenti già erogati al 1° settembre 1995. (agg. di Niccolò Magnani)
COME AVERE UN’INTEGRATIVA A 1.500 EURO AL MESE
Tra le proposte di riforma pensioni dei sindacati c’è anche il potenziamento della previdenza complementare, che può risultare molto importante per i giovani. We-wealth.com, infatti, riporta una simulazione della piattaforma digitale Gimme5 secondo cui “se si inizia a risparmiare per la pensione a 20 anni, sarà necessario investire meno di €100 al mese per tutta la durata della propria vita lavorativa per beneficiare a 67 anni di una discreta pensione integrativa”, pari a 1.500 euro al mese. Se l’accantonamento inizia più tardi, a 30 anni, diventa necessario versare 170 euro al mese. Già a 40 anni, il versamento mensile comincia a diventare di una certa consistenza, pari a 320 euro. La simulazione, basata su un piano di accumulo, è stata impostata su un rendimento medio annuo del 5%, “che solitamente rappresenta la performance media, nel lungo periodo, di un investimento azionario”. I risultati fanno ben capire quanto sia importante incentivare la previdenza complementare dei più giovani.
LA NOVITÀ PER PROFESSORI E RICERCATORI UNIVERSITARI
Come ricorda pensionioggi.it, l’Inps, con una circolare da poco diffusa, ha ricordato che “dal 1° gennaio 2021 le aliquote contributive a carico del datore di lavoro e dei professori e ricercatori delle università private legalmente riconosciute il cui statuto preveda che per il trattamento pensionistico dei propri professori e ricercatori si applichi la disciplina vigente per i dipendenti statali”. Intanto su targatocn.it viene ricordato che per assicurarsi durante la pensione lo stesso tenore di vita garantito dallo stipendio lavorativo, “è bene pensare sin da subito al risparmio, versando ad esempio una certa quantità di denaro in maniera regolare in un fondo pensione”. Un alternativa può essere l’uscita graduale dal lavoro, quando “non avendo più la necessità di lavorare a tempo pieno, potrebbe essere una buona idea optare per un part-time, che rappresenta spesso un buon compromesso, a patto di essere nelle condizioni di svolgere la propria professione anche in età avanzata”.
RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI PROIETTI
Secondo Domenico Proietti, “per prevenire il rischio di pensioni ‘povere’ molto alto nel sistema contributivo, è necessario sostenere la previdenza complementare. In Italia abbiamo uno dei sistemi migliori a livello europeo eppure le adesioni stentano a decollare proprio tra i giovani e tra le lavoratrici, soprattutto nella piccola e media impresa. Per questo chiediamo un concreto sostegno da parte del Governo con l’avvio di un nuovo semestre di silenzio assenso che sia accompagnato da un’importante campagna istituzionale di informazione”. Il Segretario confederale della Uil, intervistato da pensionipertutti.it, evidenzia, vista la complessità della materia, la necessità di “agire con lungimiranza” varando una riforma delle pensioni che non guardi alla previdenza “come una cassa alla quale attingere per far quadrare i conti del bilancio dello Stato”.
RIFORMA PENSIONI, I DUE CRITERI PER LA FLESSIBILITÀ
Dal suo punto di vista, è quindi “necessario quanto prima un confronto tra sindacati e Governo che affronti questi temi, che sia utile alla predisposizione di misure che riportino flessibilità, che intervengano per garantire future pensioni adeguate ai giovani, colmando la discontinuità lavorativa, che superino ogni disparità di genere con interventi, ad esempio, che valorizzino la maternità ed il lavoro di cura anche fuori dal rapporto di lavoro”. La flessibilità andrebbe incardinata “con il criterio anagrafico fissando intorno ai 62 anni di età l’età di accesso alla pensione, come mediamente avviene in Europa, o con il solo requisito contributivo, stabilendo che 41 anni di contributi versati sono sufficienti per accedere alla pensione”.
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