Di quota 100 approfitteranno meno persone di quante previste dal governo gialloverde. Lo ha segnalato l’osservatorio della Cgil, la cui analisi delle adesioni ha permesso di far emergere un altro particolare, cioè che la maggior parte delle domande è giunta da persone che hanno perso o rischiano di perdere il posto di lavoro e non avevano quindi scelta. Sempre secondo le stime della Cgil, arriveranno in tutto 128mila e 594 domande nel 2019. Di queste, 87mila e 338 riguarderanno lavoratori del settore privato, mentre 41mila e 256 saranno quelle dei dipendenti pubblici. Attualmente ne sono state presentate già 120mila, più di 57mila relative a lavoratori del settore privato che potrebbero lasciare già ad aprile, invece quelli del settore pubblico dovranno aspettare fino ad agosto. (agg. di Silvana Palazzo)
QUOTA 100, ACCESSO SOLO A METÀ DELLA PLATEA
Le polemiche sulla misura della pensione anticipata con Quota 100 non accennano a placarsi. Al centro del dibattito restano le stime non solo sulle risorse stanziate per la misura ma anche quelle sulla platea coinvolta. Lo studio condotto dalla Fondazione Di Vittorio e dalla CGIL ha evidenziato che meno della metà della platea prevista potrà accedere a Quota 100. Rispetto alle 300mila persone ipotizzate, dunque, vi potranno accedere solo 128mila persone. L’indagine è basata sui dati Inps, come spiega il sito della CGIL. Il dirigente sindacale Ezio Cigna ha commentato: “la differenza è ancora più marcata se si prende a riferimento la platea prevista nel triennio. In questo caso, infatti, si stima che quota 100 coinvolgerà solo un terzo delle persone previste dal governo, 325 mila invece di 973 mila”. Un coinvolgimento decisamente più basso rispetto a quello della platea prevista dal governo e che, spiega ancora Cigna, “determinerà un avanzo importante di risorse”. “Con quota 100 siamo di fronte ad un ulteriore provvedimento a termine, il provvedimento coinvolgerà alcune migliaia di persone ma che lascia del tutto invariate le cose in prospettiva. Altro che abolizione della Legge Fornero”, ha invece commentato il segretario confederale della Cgil, Roberto Ghiselli. (Aggiornamento di Emanuela Longo)
QUOTA 100, PREVISIONI GOVERNO SBAGLIATE?
Le previsioni del governo su Quota 100 sono sbagliate. Lo segnala uno studio sulle pensioni dell’Osservatorio previdenza della Cgil, secondo cui le persone che approfitteranno di Quota 100 saranno circa 128mila persone. Si tratta di meno della metà di quelle previste dal governo M5s-Lega. La misura dovrebbe coinvolgere in tre anni 325mila beneficiari, cioè un terzo di quelli potenziali. Per questo ci sarà un avanzo importante di risorse. «Nel triennio per l’insieme delle misure previdenziali prese in esame non saranno utilizzati 7 miliardi e 200 milioni, dei 21 miliardi stanziati in legge di bilancio», ha dichiarato Ezio Cigna, responsabile della previdenza pubblica della Cgil nazionale. Il denaro pubblico risparmiato potrebbe essere usato per finanziare norme a sostegno delle donne, un’uscita flessibile per tutti dopo i 62 anni e «una pensione contributiva di garanzia per i giovani». Il basso importo dell’assegno potrebbe essere, secondo il Corriere della Sera, uno dei motivi che hanno limitato l’accesso a Quota 100. Chi opta per l’uscita anticipata, infatti, ottiene un assegno più basso di quello che avrebbe ricevuto se fosse andato in pensione a 67 anni, come previsto dalla legge Fornero, perché versa meno contributi. (agg. di Silvana Palazzo)
GLI ANNI DI CONTRIBUTI CON LA QUOTA 100
Sul portale “consulente fiscale” di Orizzonte Scuola sono ospitate questa mattina tre casi reali di persone alle prese con il calcolo degli anni di contributi per capire quando riuscire ad accedere alle pensioni dopo la riforma di Quota 100. Ebbene, ad una dipendente regolare da quasi 30 anni nella stessa ditta (con 45 anni compiuti) la richiesta della pensione non sarà affatto facile da prevedere: « alla pensione di vecchiaia le mancano minimo 22 anni e a quella anticipata circa 12 anni. In questo lasso di tempo potrebbero essere attuate altre riforme pensionistiche che introducono, magari, altre misure per il pensionamento anticipato che non possiamo prevedere. In ogni caso, tralasciando la quota 100 che scade a fine 2021, l’uscita più vicina nel suo caso è la pensione anticipata con 41 anni e 10 mesi di contributi per le donne», replica Orizzonte Scuola. Quota 100 risulta “inefficace” anche per un secondo caso, un dipendente con 36 anni di contributi e 55 di età; in questo caso l’uscita più semplice sono i 42 anni e 10 mesi di contributi e cui devono aggiungersi i 3 mesi di attesa per la decorrenza della pensione. (agg. di Niccolò Magnani)
TROPPI VINCOLI PENSIONI DI CITTADINANZA: POCHE DOMANDE
Secondo i dati Inps rilevati fino al 24 aprile, solo il 14% delle domande per il Reddito di Cittadinanza risulta proveniente da famiglie di over 67: come spiega oggi Repubblica, il dato certifica che le pensioni di cittadinanza sono solo 133252 sulle 947mila richieste di sussidio. Se si aggiunge che in media (anche qui secondo calcoli di Inps incrociati col Mef) i rifiuti sono attorno al 25%, si avranno solo 100mila pensioni di cittadinanza dopo l’immissione della Riforma Quota 100 e RdC nel Decretone. Si può intuire anche cosi che le promesse del Contratto di Governo sono ben lontane dalla effettiva realtà che sta per profilarsi: degli oltre 6 milioni di assegni sotto i 780 euro, in pratica, solo il 2% verrà soddisfatto. Il motivo è presto che detto: sarebbero troppi e troppo complessi i vincoli immessi nelle pensioni di cittadinanza e questo ha portato ad una quota di domanda assai più bassa delle previsioni. Meglio per i conti dello Stato, meno bene per i tanti utenti che pensavano di poter usufruire di un sussidio che poteva risultare alquanto “comodo”. (agg. di Niccolò Magnani)
LEGA RILANCIA LE PENSIONI CON QUOTA 41
È ancora Durigon a rilanciare il prossimo “step” di riforma pensioni che la Lega intende approntare dopo le Elezioni Europee, nella viva speranza di poter conservare un tesoretto nella prossima Manovra di Bilancio per prosegue il progetto di riforma liberali per il welfare e la previdenza importato all’interno del Contratto di Governo sotto la voce delle “proposte Lega”. «La nostra prossima sfida sarà quella di concentrarci sempre di più a dare risposte concrete ai tanti ancora che le devono avere: quota 41, i precoci e le donne che hanno avuto figli e licenziati prima della entrata in vigore della Fornero». Per il Sottosegretario leghista, l’elemento invece da considerare dell’attuale riforma siglata in Parlamento, la Quota 100, è la possibilità conquistata «di scegliere al lavoratore, di decidere secondo le proprie esigenze e speranze!. Sapete quante persone sono andate in pensione con ape social riforma del Pd targata Poletti? Solo 23.137 in 18 mesi», rilancia ancora sui social il Sottosegretario di Di Maio al Lavoro. (agg. di Niccolò Magnani)
DURIGON, “QUOTA 100 HA NUMERI POSITIVI”
Il Sottosegretario al Ministero del Lavoro, Claudio Durigon (Lega) ieri ha voluto rimarcare con forza tramite un lungo post su Facebook la realtà dei numeri emersi nei primi mesi di studio sulla Quota 100: la riforma pensioni, criticata dall’Ue e da diversi organi economici nel nostro Paese, viene difesa dal Sottosegretario citando direttamente i numeri della Ragioneria di Stato e dell’’Inps, organi non direttamente dipendenti dal Governo gialloverde. «Studi privati di economisti hanno dato numeri del disastro (per loro) economico di quota altri studi dei sindacati hanno dato numeri inferiori alle aspettative (sempre secondo loro) del Governo di quota. Poi, cercando di rasserenare gli italiani su quanto di buono ha effettivamente fatto l’esecutivo in pochi mesi sul comparto previdenziale, ridando una via di fuga a molti di quanti erano rimasti intrappolati dalla Legge Fornero». Secondo Durigon dunque,, gli unici numeri deputati a raccontare gli studi sulla Quota 100 vengono «INPS e la Ragioneria dello Stato, numeri attendibili sia di previsione che di monitoraggio reale. Ricordando sempre a tutti, anche a me stesso quando pensavo a questa norma, che dietro ogni numero c’è una donna ed un uomo, ci sono speranze e dolori, necessità e sogni… ora posso dirvi con certezza matematica che i numeri reali ad oggi sono questi». (agg. di Niccolò Magnani)
UNIMPRESA, “BOOM SPESA PENSIONE IN 4 ANNI”
Secondo l’Unione Nazionale di Imprese (Unimpresa) gli assegni delle pensioni nei prossimi 4 anni cresceranno di oltre 36 miliardi in soli 4 anni, effetto dei conti e delle ricette degli scorsi Governi e soprattutto dell’attuale Quota 100 “gialloverde”. «Lo Stato investirà più nelle pensioni e meno nelle cure mediche. Aumenterà di oltre 36 miliardi di euro, nei prossimi quattro anni, la spesa per gli assegni pensionistici e crescerà di 11 miliardi anche la spesa per le prestazioni sociali», è il sunto del dossier presentato da Unimpresa in questi giorni a seguito dei “fact checking” del Centro Studi Unimpresa promosso dopo l’approvazione del Def. «Restano degli squilibri – commenta il vicepresidente di Unimpresa, Claudio Pucci – e l’aumento della spesa pensionistica dimostra che le riforme degli scorsi anni non hanno risolto i problemi delle nostre finanze pubbliche e che il correttivo Quota 100 introdotto con l’ultima legge di bilancio peggiorerà la situazione». (agg. di Niccolò Magnani)
CGIL “NEGATO DIRITTI DI CONOSCERE PENSIONI”
Nel giorno delle celebrazioni per il 25 aprile, il Sindacato Pensionati dello Spi Cgil spinge ancora la mano contro il Governo lamentando una carenza importante di diritti agli ex lavoratori dopo la riforma della Quota 100: «Ad oggi l’INPS non ha reso disponibile per i pensionati INPS il modello OBis M per l’anno 2019», fanno sapere in una nota i pensionati della Cgil. L’OBis M è la “carta d’identità” delle pensioni rilasciate dall’Inps: da questo documento, segnalano ancora dallo Spi Cgil, «è possibile rilevare l’importo della pensione in pagamento per l’anno in corso con le relative trattenute fiscali, è come se fosse la busta paga del pensionato». Ebbene in questi anni il modello non viene più inviato a domicilio per tutti i pensionati ma va reperito per via telematica scaricandolo dal sito web dell’Inps: «La decisione unilaterale di non inviare più a domicilio né la CU né il modello Obis M – fa sapere lo SPI CGIL della sezione Siena – provoca gravi disagi e rappresenta un’ulteriore imposizione burocratica: l’INPS scarica sulle spalle di pensionati e pensionate compiti che sono propri dell’Istituto e dei quali deve farsi carico direttamente!». L’attacco finale è ancora durissimo e vede Governo e Inps nel mirino: «non basta che crolli il potere d’acquisto delle pensioni, non bastano i tagli alla sanità e ai servizi socio-sanitari, non basta che i pensionati siano diventati un ammortizzatore sociale a sostegno di chi perde o non trova lavoro e costituiscano un pezzo essenziale di un sistema di welfare falcidiato dai tagli, ora viene loro negato perfino il diritto ad una corretta ed accessibile informazione sulla propria pensione!». (agg. di Niccolò Magnani)
RIFORMA PENSIONI, IL DANNO DEL RDC
Non per la riforma pensioni con Quota 100, ma per via dell’effetto del reddito di cittadinanza sulla previdenza rischia di crearsi una situazione di disparità nel sistema pensionistico italiano. Come spiega Il Corriere della Sera, riprendendo uno studio del Servizio politiche fiscali e previdenziali della Uil, due pensioni di importo uguale rischiano di trovarsi soggette a diversa tassazione, con un assegno netto che alla fine potrebbe determinare una differenza del 6%. “La pensione di Cittadinanza, priva di una curva di salvaguardia, fa sì che un pensionato che percepisca un assegno frutto di anni di contribuzione disponga, al netto delle tasse, di un reddito inferiore del 6% rispetto a un anziano che beneficia della pensione di cittadinanza. Una distorsione che penalizza chi ha versato di più”, spiega Domenico Proietti, Segretario confederale della Uil.
DIFFERENZA DEL 6% NELLE PENSIONI
Il quotidiano milanese riporta un caso concreto contenuto nello studio del sindacato. Un pensionato single, con una pensione di 9.360 euro lordi annui, tra Irpef e tasse locali verserà 595 euro di imposte. Dunque il suo assegno netto diventerà di 8.765 euro l’anno. Un altro anziano, che invece arriva a 9.360 euro grazie alla pensione di cittadinanza, che si somma a una pensione che non supera la soglia della no tax area, non sarà tenuto al pagamento di tasse e si ritrova quindi “con un 6,35% di reddito disponibile in più”. La Uil non ha dubbi: è “necessario correggere queste storture dando più reddito a tutti con una decisa riduzione della pressione fiscale e aumentando le detrazioni specifiche. Al contempo, bisogna ampliare la platea dei beneficiari della quattordicesima sulla pensione e aumentarne l’importo”.