GLI EFFETTI POSITIVI DELLA LEGGE FORNERO
Come spiega un articolo apparso sul sito del Sole 24 Ore, un fresco studio della Banca d’Italia firmato da Francesca Carta e Marta De Philippis mostra che la riforma pensioni targata Fornero, i cui detrattori “hanno spesso citato i 150mila ‘esodati’ salvaguardati come prova vivente dell’errore commesso”, ha avuto anche degli effetti positivi. Il Working Paper di via Nazionale si intitola “L’effetto del posticipo dell’età di pensionamento sulle scelte di partecipazione al mercato del lavoro delle persone più giovani” e nell’abstract si legge che “a seguito della riforma, le donne tra i 45 e i 59 anni hanno aumentato l’offerta di lavoro. A fronte dei cambiamenti nella durata della vita lavorativa del partner, anche gli uomini hanno aumentato la loro partecipazione, posticipando il pensionamento sebbene non previsto dalla legge”. Per il quotidiano di Confindustria, “analisi di questo tipo sembrano dimostrare che la riforma Fornero sia riuscita a rafforzare l’equilibrio generale e la tenuta di un mercato del lavoro rispetto al rischio longevità”.
IL CONFLITTO GENERAZIONALE MASCHERATO
In un articolo pubblicato dal Corriere della Sera, dall’eloquente titolo «”Rapine” generazionali”, Giovanni Belardelli evidenzia che in Italia è presente un conflitto tra generazioni, dato che i più giovani sono chiamati a sostenere un debito contratto dai più anziani, che però viene “celato” e reso meno drammatico da due fatti. Il primo è che “le conseguenze di questa gigantesca espropriazione di risorse si manifesteranno soprattutto in futuro, quando i giovani di oggi (sempre meno, per giunta, visto il crollo delle nascite nel nostro Paese) dovranno sopportare il costo di un debito contratto non da loro e al contempo finanziare assistenza e pensioni per un numero di anziani sempre maggiore. In secondo luogo, quel conflitto generazionale è al momento mascherato dal fatto che spesso – come è esperienza di tante famiglie italiane – sono ancora gli stipendi e le pensioni dei babyboomers a sostenere figli e nipoti”. Questa situazione, spiega il Professore di Storia delle dottrine politiche, ha conseguenze anche sulla qualità della democrazia, sempre più irresponsabile, dato che le misure approvate vanno a vantaggio dei meno giovani.
I PROBLEMI DELLA CONTRIBUZIONE MINIMA INARCASSA
Come riporta casaeclima.com, la Federazione Nazionale Asso Ingegneri e Architetti, che rappresenta a livello nazionale gli Ingegneri e gli Architetti Liberi Professionisti, ha scritto ai vertici di Inarcassa per segnalare come il nuovo regolamento entrato in vigore dal 1° gennaio introduca “l’obbligo di versamento della contribuzione minima soggettiva e integrativa in misura del 100% anche per i pensionati iscritti (fino a ieri ridotta del 50%). La contribuzione ridotta al 50% resta confermata solo per gli iscritti titolari di pensione di invalidità Inarcassa e per gli iscritti titolari dell’assegno per figli con disabilità grave”. Questo crea dei problemi per “quella fascia di pensionati che, dovendo comunque continuare l’attività professionale pur con redditi bassi, certamente inferiori al ‘range’ del reddito minimo individuato annualmente da Inarcassa, sono costretti, in virtù dell’iscrizione obbligatoria, a versare la quota completa dei contributi minimi. Tali contributi minimi, infatti, possono risultare anche molto superiori all’effettivo reddito dichiarato nell’arco dell’anno, con evidente svantaggio economico”.
L’EUROPA COSA CHIEDE SULLE PENSIONI
Ma l’Europa dall’Italia in merito alla riforma pensioni, cosa chiede esattamente? Se lo chiedono in tanti e probabilmente si avrà “contezza” delle risposte del Governo solo una volta che Mario Draghi sarà ben incardinato a Palazzo Chigi e comincerà a pensare ai singoli dossier europei. La previdenza a quel punto sarà uno dei temi principali anche perché nel Recovery Fund non saranno ammesse particolari flessibilità in stile Quota 100: nel luglio 2019 la Commissione Europea chiedeva al Governo Conte-1 di «invertire la rotta rispetto a quota 100 e di attuare pienamente le riforme pensionistiche precedenti per ridurre la quota delle pensioni nella spesa pubblica e creare spazio per altre spese sociali e di crescita». Il difficile compito del Governo Draghi sarà quello di trovare una via mediana tra la riforma non più sostenibile di Quota 100 e un rigido ritorno alla Fornero, specie in un momento di estrema crisi economica generale ben peggiore di quello del 2011. Il dialogo serrato tra Bruxelles e Roma dovrà far emergere, ancora una volta, la forte capacità contrattuale dell’ex Governatore BCE, con milioni di futuri pensionati che attendono “impazienti” alla “finestra”.
LA RICERCA DELL’ALTERNATIVA A QUOTA 100
Presto in Italia ci sarà un nuovo Governo chiamato ad affrontare una situazione non semplice dal punto di vista economico e sociale. Mario Principe, Segretario generale della Cgil Ticino Olona auspica che questo nuovo esecutivo sia politico “pronto a prendersi la responsabilità delle scelte”. Come riporta legnanonews.com il sindacalista spiega che “per quanto ci riguarda come Cgil continueremo a chiedere di prorogare la scadenza del blocco dei licenziamenti, per evitare una emergenza sociale, avviare un confronto sulla riforma degli ammortizzatori sociali in senso universalistico con politiche attive adeguate, sulle pensioni bisogna evitare che in assenza di alternative venga fatta decadere quota 100”. Dunque da parte sindacale la posizione appare chiara: il Governo Draghi dovrà impegnarsi per introdurre una nuova misura di flessibilità in modo che non ci sia il cosiddetto “scalone” dovuto alla fine di Quota 100 e alla scomparsa di altre forme di pensionamento anticipato (eccezion fatta per la pensione ex di anzianità).
RIFORMA PENSIONI, LA POSIZIONE DI CONIARE RIVOLTA
Il collettivo di economisti Coniare Rivolta interviene sul tema di riforma pensioni, evidenziando che “da diversi anni l’Unione europea è in prima linea nel delineare in modo preciso e martellante le tappe dell’austerità pensionistica”. Dal loro punto di vista, “l’aumento dell’aspettativa di vita media, peraltro tristemente rallentato dalla crisi negli ultimissimi anni, è soltanto una buona notizia per l’umanità. Non deve e non può rappresentare la scusa per allungare indefinitamente l’età da lavoro, ma al contrario, anche grazie al progresso tecnico che accorcia i tempi di lavoro necessario, è l’occasione per allungare i tempi della vita dedicati al riposo e alla realizzazione personale e sociale”.
LA SOSTENIBILITÀ DELLA SPESA PENSIONISTICA
Secondo Coniare Rivolta, “le pensioni non vanno diminuite, ma vanno aumentate”. Più nello specifico, “i meccanismi di uscita dal mercato del lavoro devono garantire una significativa flessibilità di scelta senza che ciò comporti una decurtazione drastica dell’assegno pensionistico”. Il collettivo di economisti sottolinea anche che il finanziamento della spesa pensionistica “è un problema inesistente: lo si garantisce attraverso tre strade non necessariamente alternative ma che si rafforzano a vicenda: tramite il raggiungimento della piena e buona occupazione che garantisce un aumento del montante contributivo; tramite la leva fiscale se necessario, con imposte fatte pagare a chi ha molto; tramite, infine, il ricorso alla spesa in deficit. Proprio quegli strumenti che l’austerità e il liberismo ci hanno sottratto da troppo tempo”.