Quando ancora l’Europa sorrideva e la guerra non era ancora prevista, Mario Draghi avrebbe dovuto mettere in atto tutte le decisioni prese all’interno dei tavoli di trattative istituiti dal Ministero del Lavoro e delle politiche sociali con tutte le categorie e i sindacati. Invece dopo aver cancellato quota 100 e quota 102, il governo non ha avuto più il coraggio di mettere mano alla riforma pensioni. Bisogna dire che il caro energia già stava mietendo vittime a partire dal 2021, ma comunque il gettito dell’IVA per le casse dello Stato erano in aumento.



Riforma pensioni: le scuse per l’inerzia del governo Draghi

Con lo scoppio della guerra in Ucraina, la situazione è drammaticamente cambiata e il governo si è trovato a fronteggiare due emergenze in una sola: l’epidemia di covid 19 non ancora sconfitto, la guerra in Ucraina che ha dato un accelerazione al caro prezzi già in atto dal 2021 per tutte le materie prime e soprattutto per quelle energetiche, ma in particolar modo l’aumento delle inflazione è la crisi aziendale derivante dall’aumento dei prezzi delle materie prime energetiche. Dal canto suo a Bruxelles continuava a lodare le modalità con cui l’Italia attuava le riforme tanto ambite e quindi elargiva il contentino del Mes. Sarebbe sicuramente bastato ad attuare la riforma pensioni 2022, ma dall’altro metteva dei paletti chiari sulle richieste di abbassare la spesa in ambito di previdenza sociale.
L’Italia quindi i soldi per attuare una riforma pensioni in tempi brevi ce l’aveva, ma tutte queste ragioni, peraltro concomitanti, hanno fornito la scusa perfetta per restare inerti.



Riforma pensioni: le uniche cose che il governo Meloni non potrà evitare di attuare

Tutto quello che ne è venuto dopo è storia. Ma con la chiusura di oltre 200.000 imprese e la perdita di quasi 400.000 posti di lavoro, la situazione si fa più critica di quello che chiunque si sarebbe potuto immaginare e quindi, oltre al mancato gettito di IVA e tasse, oltre a una crescente povertà di famiglie è sempre più in crisi, oltre ad una stagnazione che ha ormai impantanato le scarpe al suolo, abbiamo anche la possibilità che il governo non riesca più a trovare i fondi necessari ad una riforma pensioni degna di questo nome. Probabilmente il governo se non dovesse arrivare a una conclusione significativa, potrebbe decidere di accantonare definitivamente l’idea di fare una riforma pensioni strutturale, almeno fino alla legge di bilancio di dicembre 2023.



A conti fatti potrebbe tornare la riforma pensioni della Fornero con una semplice proroga di ape sociale e opzione donna che sarebbero le uniche misure che il governo meloni sarà sicuramente chiamato a trattare prima di dicembre 2022, scadenza ultima per queste due importanti misure.

Per tutto il resto invece il governo si troverà a dover riconfermare la riforma pensioni della Fornero che prevede il pensionamento a 67 anni di età e 41 di contributi. E probabilmente lo farà senza alcuna via di scampo.