VERSO PAGAMENTO ANTICIPATO PENSIONE DI GENNAIO

Sembra che anche il 2021 inizierà con il pagamento anticipato degli assegni presso gli uffici postali. Dato infatti che si sta protraendo lo stato di emergenza per il Covid, come riporta pensionipertutti.it, si sta lavorando per fare in modo che non si creino assembramenti agli sportelli e che quindi ci sia il consueto calendario che in base alla lettera del proprio cognome regola l’accesso alle Poste. C’è da sperare che vengano però risolte alcune problematiche segnalate nei giorni scorsi nella provincia di Lecce, dove si sono verificati casi di mancanza di contante che hanno costretto a un ritiro parziale della pensione o all’impossibilità dello stesso. In attesa di una conferma da parte dell’Inps resta comunque da capire quando potrebbe iniziare il pagamento anticipato, tenuto conto che venerdì 25 è giorno festivo e che il 1° gennaio cade sempre di venerdì. Ci sarebbero quindi solo quattro giorni lavorativi tra Natale e Capodanno (dal 28 al 31 dicembre). Le soluzioni sono quindi far partire il pagamento ancora prima di Natale oppure protrarlo oltre il primo giorno del nuovo mese (e anno).



LA SENTENZA SUL TFS

Il Tfs degli statali è stato al centro di un intervento, inserito tra le misure di riforma pensioni del Governo Conte-1, atto a garantire la possibilità di ottenere anticipo sulla liquidazione, che è partito con estremo ritardo e presenta ancora alcune criticità. Nella speranza che vengano risolte al più presto va segnalata la notizia riportata da pensionioggi.it, in quanto “anche i periodi di servizio fuori ruolo prestati presso gli enti comunali concorrono ai fini della determinazione della misura dell’indennità premio di servizio (IPS) a favore degli ex dipendenti pubblici. E ciò anche se il comune non ha versato i relativi contributi all’ente previdenziale ed il diritto al versamento si sia, pertanto, ormai prescritto. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella sentenza n. 27427/2020 con la quale gli ermellini erano stati chiamati a pronunciarsi sulla pretesa di una ex dipendente comunale a cui l’ente previdenziale non aveva riconosciuto 3 anni di servizio pre ruolo (dal 22.11.1971 al 1.9.1974) nel computo della misura del TFS a causa del mancato versamento dei contributi all’Inadel (ora Inps) da parte del Comune”.



CAZZOLA ATTACCA LA RIFORMA DI QUOTA 100

Giuliano Cazzola nell’editoriale settimanale su “Start Magazine” torna all’attacco della riforma pensioni Quota 100, con l’occasione del prossimo piano di Recovery Fund che l’Europa si appresta a varare nel Consiglio Ue di oggi e domani: «A occhio nudo si direbbe che quota 100 sia più conveniente della pensione ordinaria anticipata. I requisiti richiesi sono 62 anni di età e 38 anni di versamenti, mentre, per conseguire il diritto all’altra prestazione un lavoratore (sono i maschi i maggiori utilizzatori di tale opzione) deve far valere 42 anni e 10 mesi». Secondo Cazzola però, la realtà di questi ultimi due anni, avrebbe smentito tale rappresentazione schematica «perché si dà il caso che le attuali coorti di pensionati – in considerazione della loro storia lavorativa, iniziata presto, proseguita a lungo e in modo continuativo e stabile – sono spesso in grado di varcare il traguardo del solo requisito contributivo (l’unico richiesto a prescindere dall’anagrafe) a un’età inferiore a 62 anni».



M5S CONTRO MUSUMECI

Dopo la querelle relativa alla misura che andrebbe ad aumentare i vitalizi dei consiglieri regionali, il Movimento 5 Stelle siciliano torna all’attacco del Presidente Musumeci e della maggioranza, stavolta per le parole usate dal Governatore dell’isole per criticare il fatto che nel Recovery plan non sono adeguatamente rappresentate le istanze siciliane. I deputati pentastellati all’Assemblea regionale siciliana, come riporta siciliaogginotizie.it, parlano di “inutile, sterile e rancorosa propaganda politica contro il governo Conte”. “Altro che schiaffo all’isola a Musumeci ricordiamo che alla Sicilia sono destinati il 10 per cento delle risorse, mica bruscolini. I veri schiaffi ai sicilianili dà, senza soluzione di continuità, la sua maggioranza parlamentare: uno degli ultimi, con la complicità di parte dell’opposizione, quello relativo all’aumento delle pensioni e delle liquidazioni regalato a se stessi, in piena pandemia, dalla quasi totalità dei deputati, tranne il M5S, forse anche dal presidente stesso, che però sulla vicenda non ha mai proferito parola”, aggiungono i deputati.

LE PROPOSTE DI SBILANCIAMOCI!

Ormai da vent’anni, Sbilanciamoci! pubblica una “controfinanziaria” in corrispondenza con la presentazione da parte del Governo della Legge di bilancio. Come in quest’ultima vi sono misure di riforma pensioni, così anche nella prima, che riunisce organizzazioni e reti della società civile italiana impegnate sui temi della spesa pubblica e delle alternative di politica economica, vi sono indicazioni in materia previdenziale. Come riporta romasette.it, “sul fronte delle pensioni, Sbilanciamoci propone interventi senza oneri aggiuntivi per le casse statali, volti da un lato al rafforzamento delle prestazioni previdenziali dei lavoratori più deboli e all’offerta di una tutela ai giovani tramite la fissazione di una garanzia minima pensionistica, e dall’altro lato alla razionalizzazione dell’età di pensionamento”. In parte, come si vede, si tratta di proposte che sono condivise anche da alcuni politici e dalle parti sociali. Resta da vedere se possono trovare una concreta attuazione con la manovra di quest’anno.

RIFORMA PENSIONI, LO STUDIO DI SCHRODERS

Gli effetti economici della pandemia da Covid stanno generando incertezza che preoccupa gli italiani anche per il loro futuro previdenziale. Come riporta we-wealth.com, nel suo “Global Investor Study 2020”, Schroders stima che per “il 60% degli investitori italiani i contributi previsti dagli schemi statali non saranno sufficienti per il sostentamento in pensione”. In particolare, il 31% di essi “pensa che il proprio reddito durante la pensione possa risultare insufficiente per mantenere lo stesso stile di vita” e per cercare di far fronte a questo rischio il 26% “utilizza il reddito a disposizione per accrescere i risparmi ai fini della pensione”. Solamente tre anni fa, tale percentuale era pari al 12%. Nello specifico, per la pensione viene accantonata una percentuale pari al 13% circa del reddito disponibile.

L’INCENTIVO NECESSARIO PER LA PREVIDENZA COMPLEMENTARE

“Dopo un anno di notevole incertezza sia sul fronte degli investimenti che su quello geopolitico, non sorprende che i pensionati scelgano di incanalare i loro redditi disponibili verso gli accantonamenti per la pensione. È un approccio razionale e saggio, soprattutto considerando che il 41% delle persone teme che il proprio reddito in pensione sarà insufficiente”, spiega Rupert Rucker, Head of income solutions, Schroders. Bisognerebbe comunque fare in modo che tra le misure di riforma pensioni ve ne sia qualcuna specificatamente dedicata all’incentivazione della previdenza complementare, soprattutto per i lavoratori più giovani che avranno un assegno calcolato interamente con il sistema contributivo.