L’INTERROGAZIONE SULL’APE SOCIAL
C’è una questione rimasta sospesa dalla riforma pensioni varata nella scorsa legislatura riguardante l’Ape social, che a oggi risulta incompatibile con una pensione estera. Sul tema i parlamentari del Pd Massimo Ungaro e Angela Schirò hanno deciso di presentare un’interrogazione al ministro del Lavoro evidenziando “che se da una parte è logico e comprensibile introdurre l’incompatibilità dell’«Ape sociale» con un trattamento pensionistico diretto italiano, sembra invece all’interrogante ingiusto, illogico e incongruente negare l’«Ape sociale» a coloro i quali soddisfano tutti i requisiti e le condizioni richiesti, ma sono titolari di una prestazione estera di poche decine di euro (giova ricordare che la prestazione estera è inevitabilmente modesta, perché gli interessati hanno lavorato tutta una vita in Italia – dai 30 ai 36 anni)” e chiedendo di cambiare l’interpretazione restrittiva dell’Inps in materia, consentendo anche la totalizzazione dei contributi italiani ed esteri per raggiungere i requisiti richiesti per l’accesso all’Ape social.
QUOTA 100, QUANDO SI INCASSA L’ASSEGNO NELLA SCUOLA
I primi effetti della riforma pensioni con Quota 100 nella Pubblica amministrazione si vedranno dal 1° agosto, data in cui ci saranno i primi pensionamenti per gli statali. Nel mondo della scuola, tuttavia, bisognerà aspettare il 1° settembre per vedere gli ingressi in quiescenza. C’è quindi chi si chiede quando si andrà a incassare il primo assegno. Gli esperti di orizzontescuola.it ricordano che “con la quota 100 l’Inps ha chiaramente affermato che la decorrenza della pensione è il primo giorno del mese successivo a quello di termine della finestra. Nel caso dei dipendenti pubblici, sappiamo che la finestra di attesa è di 6 mesi. Nel caso del comparto scuola, invece, esiste l’unica finestra sopra citata e, di conseguenza, non essendo richiesta ulteriore attesa la pensione viene liquidata a partire dal 1 settembre”. Quindi, a meno di intoppi burocratici, la prima pensione andrà in pagamento il 1° settembre e in caso di ritardi comunque si “avrà diritto agli arretrati a partire dalla mensilità di settembre”.
LE PREOCCUPAZIONI PER I GIOVANI
In tema di riforma pensioni di recente sembrano essere cresciute le preoccupazioni e le richieste di interventi per i giovani. La Fai-Cisl, nel presentare la campagna Porto Sicuro, attraverso il Segretario nazionale Silvano Giangiacomi, come riportato dal sito di Avvenire, ha ricordato che nel settore delle pesca “le giovani generazioni sono la metà di coloro che andranno in pensione nei prossimi anni, tra l’altro con pensioni non adeguate, che per esempio per la piccola pesca si aggirano anche sulle 450 euro: con i giovani dobbiamo rivendicare un sistema migliore, e nel frattempo vanno implementati la bilateralità e i fondi integrativi sanitari, che garantiscono interventi sia per il pescatore che per il suo nucleo familiare”. Ai giovani pensa anche Mario Giordano, che in un’intervista a Tv Sorrisi e Canzoni indica la previdenza come una delle cinque magagne che stanno avvelenando l’Italia. “C’è un’ingiustizia totale tra i privilegi di chi percepisce pensioni d’oro che non si riescono a tagliare e i giovani, che forse una pensione non ce l’avranno mai”, ha detto il giornalista.
LE RICHIESTE DELLA UIL
Il Governo lavora alla messa a punto della manovra, con un occhio particolare alla riforma fiscale, più che alla riforma pensioni. Tuttavia la bassa crescita delle retribuzioni contrattuali orarie nel mese di giugno, stando ai risultati diffusi dall’Istat, porta Fioravante Bosco della Uil Avellino-Benevento a sostenere, come riportato da ottopagine.it, che “se diminuisce il potere d’acquisto dei lavoratori dipendenti e dei pensionati, è il Paese nel suo insieme a pagarne le conseguenze. Dunque, ribadiamo la nostra richiesta di riduzione delle tasse su lavoro e pensioni. Oltre alla riduzione del cuneo fiscale, una delle soluzioni più pratiche, efficaci e senza aggravi aggiuntivi per il bilancio dello Stato, sarebbe anche quella di detassare tutti gli aumenti contrattuali. Speriamo che il Governo Conte voglia accogliere queste nostre richieste di buon senso ed efficaci per lo sviluppo del Paese”. Tra l’altro tra le richieste dei sindacati ce ne sono anche relative ai temi previdenziali.
VITALIZI, LA SCELTA DEL TRENTINO-ALTO ADIGE
Anche il Trentino-Alto Adige si adegua alla riforma pensioni riguardante i vitalizi dei consiglieri regionali. Come riporta l’Ansa, infatti, “l’ufficio di presidenza del Consiglio regionale del Trentino Alto Adige/Sud Tirol ha presentato il disegno di legge di ricalcolo dei vitalizi dei consiglieri regionali. La proposta prevede l’adeguamento alla normativa nazionale, con la rideterminazione su base contributiva, adeguamento Istat ed eventuale correttivo anagrafico, secondo quanto previsto dall’accordo raggiunto nella Conferenza permanente per i rapporti tra Stato e Regioni. Nel testo si fissa anche il limite massimo di 4.127 euro lordi mensili per l’equivalente di 8 anni di mandato. Secondo le stime, il provvedimento dovrebbe comportare un risparmio per le casse regionali del 20%”. “Il dl ha trovato d’accordo tutto l’ufficio di presidenza. Crediamo che non sia una proposta di parte, e nei prossimi giorni avvieremo i confronti con tutte le parti politiche per trovare una condivisione trasversale”, ha detto il presidente del Consiglio regionale Roberto Paccher, secondo cui “i consiglieri più penalizzati sono quelli che hanno svolto il proprio mandato tra gli anni ’70 e gli anni ’80, a causa delle basse contribuzioni”.
RIFORMA PENSIONI, DAMIANO RISPONDE A DURIGON
C’è un punto della recente intervista a tutto tondo sulla riforma pensioni a Claudio Durigon che ha colpito Cesare Damiano: quello relativo all’Ape social. “È una misura che abbiamo fortemente voluto, di significativo impatto sociale, anche se ha dovuto fare i conti con le limitate risorse messe a disposizione nella passata legislatura dal Governo”, spiega l’ex ministro del Lavoro, che evidenzia come comunque “un obiettivo è stato centrato: mandare in pensione anticipata i lavoratori che svolgono lavori particolarmente gravosi o che soffrono situazioni di disagio, ad esempio a causa di un licenziamento. In questo caso bastano 30 anni di contributi e 63 anni di età. In altri casi, i lavori gravosi, i contributi richiesti arrivano a 36 anni”.
LE PAROLE SULL’APE SOCIAL
L’ex deputato del Pd evidenzia che lo stesso Durigon “riconosce ‘la forte valenza sociale’ di questa misura, ma conferma che scade alla fine dell’anno e che ci sarebbero problemi di costi per renderla strutturale”. Damiano fa però notare “che, anche nel caso dell’Ape, si sono verificati significativi risparmi che ne consentirebbero il prolungamento. Sarebbe grave se il governo eliminasse questa misura perché Quota 100 coinvolge soltanto coloro che hanno un’alta contribuzione, 38 anni, a seguito di una carriera lavorativa stabile. Verrebbero tagliati fuori i più svantaggiati: le donne con contribuzione più bassa e chi svolge lavori discontinui e gravosi”. Dal suo punto di vista, quindi, “mantenere, nel sistema pensionistico, un principio in base al quale chi svolge lavori usuranti e gravosi ha diritto di andare prima in pensione, è una scelta di civiltà per noi irrinunciabile”.