Prosegue la discussione sulla riforma delle pensioni e nel mirino della critica finisce Quota 100, misura introdotta in via sperimentale nel 2019 dal governo gialloverde. E non arrivano delle buone notizie per i “difensori” della legge: il Rapporto 2020 sul coordinamento della finanza pubblica stilato dalla Corte dei Conti mette in risalto che nel 2020 hanno aderito a Quota 100 appena 14 mila italiani.
Entrando nel dettagli, il rapporto ha evidenziato che la “frenata” nella corsa a Quota 100 potrebbe essere legata allo smart working e alle condizioni di lavoro meno stressanti legate all’emergenza sanitaria: per questo motivo tra giugno e settembre le domande per Quota 100 sono state appena 36mila. Infine, Il Mattino conferma che sul tavolo del Governo c’è l’ipotesi di Quota 102, una misura che non fa gola ai sindacati – chiedono una maggiore flessibilità – e che presenta il solito problema dei fondi. (Aggiornamento di MB)
IL CODS RICORDA LA VALORIZZAZIONE DEL LAVORO DI CURA
Con un post sulla propria pagina Facebook, Maria Edera Spadoni spiega che insieme alla Legge di bilancio è stato “accolto come raccomandazione l’ordine del giorno a mia prima firma per riservare almeno il 20% dei fondi europei a progetti a favore delle donne!”. “Siamo nella direzione giusta, colmare il divario contributivo tra uomini e donne deve diventare una delle priorità di questo Governo”, aggiunge la deputata del Movimento 5 Stelle. Il post è stato commentato da Orietta Armiliato, amministratrice del Comitato Opzione donna social, che da tempo chiede una misura di riforma pensioni volta a valorizzare i lavori di cura delle donne, che ha ricordato alla deputata proprio questa istanza. “Molto bene, fermo restando che deve essere prioritario anche Il riconoscimento e la conseguente valorizzazione del lavoro di cura domestico ordinario, per tutte, giovani e meno giovani, madri e non madri”, ha scritto Armiliato. Un concetto espresso con altre parole anche da altre donne che hanno commentato il post di Spadoni.
RIFORMA PENSIONI, IL RISCHIO DI RINVIARE LA DOMANDA AL 2021
In un articolo pubblicato su Avvenire viene ricordato che “rinviare una domanda di pensione, avendone ovviamente tutti i requisiti, ai primi giorni del 2021 comporta la perdita di una rata mensile, dato che l’Inps fisserà la decorrenza della pensione da febbraio 2021 anziché da gennaio. Tuttavia tutte le nuove pensioni saranno liquidate in base ai nuovi coefficienti di trasformazione dei contributi, a seguito delle periodiche rilevazioni dell’Istat. Si tratta di leggere modifiche, limitate all’anno 2019, per le età tra i 57 e i 71 anni (rivalutazione dell’1,019%) che non hanno sensibili effetti sugli importi degli assegni. Nel complesso tuttavia il calcolo contributivo, obbligatorio per tutti a partire dal 2012, conduce a rendite pensionistiche sempre più ridotte, poiché riflette ogni anno l’andamento dell’economia nazionale (nella forma del Prodotto Interno Lordo) del quinquennio precedente”. In questo senso gli effetti della crisi da Covid dovrebbero farsi sentire a partire del 2022, “poiché il calo dei redditi sofferto nel 2020 in tutti i settori lavorativi sarà visibile nelle future rilevazioni del Pil”.
INPS AGGIORNA ASSEGNI FAMILIARI E QUOTE DI MAGGIORAZIONE
Come spiega il sito di Ipsoa, ieri l’Inps, attraverso la circolare n. 157, ha provveduto ad aggiornare gli importi “degli assegni familiari e delle quote di maggiorazione di pensione per l’anno 2021 spettanti ai soggetti esclusi dalla normativa sull’assegno per il nucleo familiare, ossia nei confronti dei coltivatori diretti, coloni, mezzadri e dei piccoli coltivatori diretti (cui continua ad applicarsi la normativa sugli assegni familiari) e ai pensionati delle Gestioni speciali per i lavoratori autonomi (cui continua ad applicarsi la normativa delle quote di maggiorazione di pensione)”. Più nello specifico, “gli importi delle prestazioni sono definiti come segue: 8,18 euro mensili spettanti ai coltivatori diretti, coloni e mezzadri per i figli ed equiparati; 10,21 euro mensili spettanti ai pensionati delle Gestioni speciali per i lavoratori autonomi e ai piccoli coltivatori diretti per il coniuge e i figli ed equiparati; 1,21 euro mensili spettanti ai piccoli coltivatori diretti per i genitori ed equiparati”.
RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI DAMIANO
Cesare Damiano, dopo le recenti dichiarazioni di Matteo Salvini in tema di riforma pensioni e Quota 100, evidenzia che la misura varata dal Governo Conte-1 “ha superato la legge Monti-Fornero. Si è trattato di una misura che scade a fine 2021 e che è stata finanziata per soli tre anni. Questo Salvini lo sa”. L’ex ministro del Lavoro ricorda anche che Quota 100 esclude chi non riesce ad arrivare a un’anzianità contributiva di almeno 38 anni, come accade per esempio per le donne. Per questo suggerisce di “rendere strutturale l’Ape Sociale e di allargare le tipologie dei lavori gravosi, anche includendo, ad esempio, chi è stato maggiormente esposto alla pandemia. L’età per andare in pensione per questa tipologia di lavori dovrà essere confermata e non prevedere penalizzazioni: 63 anni di età con un numero di contributi compreso tra i 30 anni (per disoccupati e lavoratori dell’edilizia) e i 36 anni”.
LA RICHIESTA PER LE DONNE
Secondo Damiano, questo rappresenterebbe “un modo più equo di rendere accessibile a uomini e donne la flessibilità previdenziale. A queste ultime va anche riconosciuta una maggiorazione contributiva per i figli. Introdurre una misura di flessibilità pensionistica senza penalizzazioni per chi svolge lavori usuranti, gravosi, esposti o è disoccupato, è una misura sociale moderna e di equità”. Secondo il Consigliere dell’Inail, “per chi non rientra in queste categorie si può prevedere una penalizzazione del 2-3% per ogni anno di anticipo (proposta di legge 857/2013 Damiano-Gnecchi-Baretta)” e si augura quindi che “questa discussione torni a essere svolta nel tavolo di confronto Governo-parti sociali e che sia sottratta al rischio di un approccio solamente propagandistico”.