IL RICATTO DI OPZIONE TUTTI

La scorsa settimana si è parlato dell’ipotesi che il Governo si presenti al tavolo del confronto con i sindacati sulla riforma delle pensioni con la proposta di “Opzione tutti”, con la possibilità di andare in quiescenza a 63 anni, con 20 di contributi, con il ricalcolo contributivo dell’assegno. In merito Mauro Marino, in un articolo pubblicato su pensionipertutti.it, ricorda che “condizionare le persone sfruttando il fatto che talune di loro sono al limite della sopportazione ad accettare un’opzione cosi sfavorevole”, visto che il ricalcolo contributivo comporta “assegni tagliati di almeno il 25%, sarebbe un disastro. Sottostare a questo ricatto, perché di questo si tratterebbe, di mantenere il sistema misto e andare in pensione con la legge Fornero o uscire prima dal mondo del lavoro optando per il metodo contributivo metterebbe in seria difficoltà le persone e coloro i quali accettassero tale opzione diverrebbero, inevitabilmente, i nuovi poveri del futuro percependo assegni previdenziali che dopo oltre 40 anni di lavoro raggiungerebbero a stento i 1.000 € mensili”.



PENSIONI APE SOCIAL E PRECOCI: LE SCADENZE

In attesa di capire le modalità dettagliate sulla prossima riforma pensioni “composita” presentata in Manovra (la Finanziaria arriva in Parlamento questa settimana per il primo esame al Senato), si avvicina per il mondo dei pensionati una scadenza importante: entro il 30 novembre 2021 devono infatti essere presentate le domande di verifica all’INPS per poter aderire all’Ape Social (63 anni di età, 30-36 anni di contributi a seconda della tutela) e per la pensione anticipata con 41 anni di contributi per i soli lavoratori precoci.



Per legge, i lavoratori che maturano i requisiti anagrafici richiesti dalle due formule di anticipo pensione entro il 31 dicembre 2021, devono presentare le domande nel mese precedente. Ricordiamo che possono richiedere tale istanza di “uscita”:
– lavoratori dipendenti in stato di disoccupazione che abbiano esaurito integralmente la Naspi
– invalidi civili con invalidità non inferiore al 74%
– soggetti che prestano assistenza al parente disabile convivente da almeno 6 mesi
– almeno sei anni negli ultimi sette oppure almeno sette anni negli ultimi dieci impiegati in mansioni gravose
– notturni
– usuranti



LE RICHIESTE PER GIOVANI E DONNE DELLO SPI-CGIL

Adriano Filice, commentando l’elaborazione dei dati ufficiali dell’Inps sulle prime pensioni pagate a Verona con il nuovo regime “contributivo puro”, ricorda che per i giovani la prospettiva è quella di arrivare a 700 euro al mese di pensione. “È a loro che dobbiamo spiegare perché un sistema previdenziale pubblico dovrebbe essere più equo, giusto e conveniente di una pensione privata, e quale tipo di società equa, solidale e sostenibile si vuole promuovere con il finanziamento del welfare”, sottolinea il Segretario generale dello Spi-Cgil di Verona. Il sindacalista, come riporta veronasera.it, chiede quindi che tra le misure di riforma delle pensioni ci sia la nascita della pensione di garanzia per i giovani e il “riconoscimento concreto al lavoro di cura ad esempio con 12 mesi di anticipo pensionistico per ogni figlio. Come sindacato dei pensionati, riteniamo che i provvedimenti dell’attuale Governo siano totalmente insufficienti”, “principalmente perché non si dà un futuro previdenziale equo ai giovani e alle donne che in questi anni hanno pagato un prezzo altissimo”.

LE PAROLE DI CAVALLARO

Il Consiglio nazionale della Cisal si riunirà dal 9 all’11 novembre a Pomezia e con l’occasione si farà il punto sulla Legge di bilancio, anche per quel che riguarda le misure di riforma pensioni. In merito, come riporta ilmeridio.it, il Segretario generale del sindacato autonomo Francesco Cavallaro ha detto che la manovra “non ci soddisfa soprattutto nella declinazione legata a giovani, pensioni e fisco”. Dal suo punto di vista, “servono più risorse per riformare il sistema previdenziale e tagliare le tasse su pensioni e redditi da lavoro. Quota 102/103/104 e via dicendo sono solo dei palliativi. Inaccettabile, poi, l’uscita anticipata immaginata dal presidente dell’Inps, utile solo a fissare bene in mente ciò che sarà la realtà, terribile, delle pensioni esclusivamente contributive tra qualche anno. Il 60% di chi è entrato nel mondo del lavoro negli anni 90 avrà una pensione inferiore alla soglia di povertà se non si rimette in discussione il sistema di calcolo. Questa è la vera bomba sociale”.

RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI DAMIANO

Tra le misure di riforma pensioni inserite nella Legge di bilancio c’è anche l’ampliamento dell’Ape social. Cesare Damiano, Presidente della commissione sui lavori gravosi, esprime soddisfazione per questo, anche se evidenzia l’esistenza di due elementi negativi. Il primo è legato al fatto che “il Governo non ha recepito la proposta della Commissione di un abbassamento del numero dei contributi necessari per gli  operai edili per accedere all’Ape sociale all’età di 63 anni, portandoli dagli attuali 36 previsti ai 30 anni”. “Inoltre, non è stato accolto l’inserimento delle categorie che allargheranno l’Ape dei cosiddetti lavoratori precoci che potrebbero andare in pensione con 41 anni di contributi, purché abbiano svolto almeno un anno di quella attività prima dei 19 anni. La vecchia Ape sociale aveva questo parallelismo che ora viene negato”.

LO SCONTO POSSIBILE PER LE DONNE

L’ex ministro del Lavoro, intervistato da pensionipertutti.it, spiega anche che “nell’Ape è già previsto un vantaggio per le lavoratrici, che possono diminuire il numero di anni fino a un massimo di due, avendo due figli, passando quindi  da 36 a 34 anni, o ai 30 anni,  come nel caso di chi è in disoccupazione o di chi assiste persone disabili o portatori di handicap passando dai 30 ai 28 anni. Questa misura poteva essere migliorata”. Per Damiano si potrebbe anche ripristinare una differenza nell’età di accesso alla pensione di vecchiaia tra uomini e donne “migliorando le norme che consentono uno sconto sugli anni  per arrivare alla pensione sulla base dei figli o con altri altri parametri”.

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