Riforma pensioni: a tornare sulla questione è stata Elsa Fornero, ex ministro del Lavoro, nell’ambito di un suo intervento ai microfoni del contenitore “Circo Massimo”, in onda su Radio Capital. La donna si è resa protagonista di un’affermazione fortemente provocatoria per descrivere la situazione dal suo personale punto di vista: Ci vorrebbe una Greta Thunberg per il sistema previdenziale, qualcuno capace di creare la stessa passione creata da Greta sull’ambiente nei confronti dei temi dell’insostenibilità finanziaria, come temi che riguardano il futuro dei nostri figli”. Un’osservazione a cui ha fatto seguito un attacco diretto al leader della Lega, Matteo Salvini: “Non so dire se ci è o ci fa. Ogni tanto ho il dubbio che sia anche meno intelligente di quanto non sia la raffigurazione generale di un politico molto capace. Si ammanta di parolone, di voler bene, di bacioni, ha atteggiamenti nei confronti dei simboli della nostra religione, però tutto questo nasconde una pessima politica, soprattutto per il futuro dei giovani”. (aggiornamento di Alessandro Nidi)



FMI VS ITALIA “PENSIONI ANTICIPATE? SÌ MA PIÙ BASSE”

Il Fondo Monetario Internazionale parla direttamente all’Italia e sul tema delle pensioni al netto degli elogi per la riforma Fornero («ha fatto più di tanti altri Paesi») non ammette sconti per il prossimo futuro: «La fine certa di Quota 100 è una buona notizia per i conti pubblici», spiega il report del Fmi che contesta anche il Reddito di Cittadinanza («il suo aiuto scende troppo rapidamente al crescere della famiglia»). Non solo, il nostro Paese secondo il Fondo dovrà fare molto ancora sull’emergenza pensioni: tradotto, per ogni forma di uscita anticipata, come lo è stato Quota 100 ad esempio, «va neutralizzata con una riduzione dell’assegno in proporzione ai mancati contributi». Assegni di pensione più bassi se si vuole uscire prima dal lavoro: questo la ricetta del Fmi per un Paese come l’Italia in cui bisogna con ogni mezzo «rafforzare le difese di un Paese che resta tra i più esposti ai molti rischi di shock internazionali». (agg. di Niccolò Magnani)



RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI DAMIANO

L’incontro tra Governo e sindacati ha riaperto il cantiere sulla riforma pensioni. Secondo Cesare Damiano, tuttavia, “il criterio della flessibilità non può trasformarsi nel gioco del lotto”. Per l’ex ministro del Lavoro, “il punto da cui partire è il superamento della legge Monti/Fornero. Per farlo bisogna fare i conti con le coperture finanziarie e con le risorse disponibili, che non sono mai molte. Per cominciare, basiamoci su quanto già esiste. In questo senso, la proposta più razionale è quella che fa riferimento all’età pensionabile dell’Ape sociale: 63 anni. La stessa età della legge Fornero individuata inizialmente come soglia di riferimento per accedere alla pensione per coloro che avranno il sistema interamente retributivo (a partire dal 2036 circa)”.



LA FLESSIBILITÀ CON PENALIZZAZIONI

Dal suo punto di vista un altro criterio riguarda “la suddivisione della platea dei lavoratori in due parti: la prima, quella di chi svolge lavori usuranti e gravosi. In questo caso dovrebbero bastare, accanto ai 63 anni, i 35 di contributi (Quota 98). Per gli altri lavoratori si potrebbe immaginare un meccanismo di vere Quote: 63 anni e 37 di contributi o 64 con 36 di contributi”. Per Damiano, riguardo le penalizzazioni, “si potrebbe riprendere la proposta di legge 857 del 2013, che ebbe un significativo successo popolare, firmata da Damiano, Baretta e Gnecchi, ma non accolta dal Governo del tempo, che prevedeva una penalizzazione del 2% per ogni anno di anticipo. Infine, per i lavoratori precoci, si dovrebbe fissare il limite dei 41 anni di contributi per andare in pensione, indipendentemente dall’età anagrafica”.