LE PAROLE DI DURIGON E FASSINA

In tema di riforma pensioni, Claudio Durigon spiega a Lapresse che preferirebbe “allargare la platea di chi può usufruire di una maggiore flessibilità in uscita e su questo stiamo lavorando e cercheremo di trovare risposte, ma senza diktat”. Stefano Fassina, intervenendo alla trasmissione “L’Italia s’è desta” in onda su Radio Cusano Campus, commentando le indiscrezioni sulle possibili mosse del Governo in campo previdenziale spiega invece che “c’è bisogno di introdurre elementi di flessibilità. È un punto che va visto insieme al capitolo dei lavori usuranti. Quota 100 aveva il senso di consentire di uscire prima a chi aveva una lunga carriera in attività usuranti. Questa quota 102 andrebbe vista molto in relazione a quello che succede sul tavolo della definizione delle attività usuranti. Se l’ambito delle attività usuranti si allarga allora Quota 102 può avere un senso, ma se non si allarga bisogna inserire elementi di flessibilità direttamente in quota 102. Inoltre non è stata rifinanziata Opzione donna. Su questi aspetti dovremo lavorare in parlamento”.



IL MONITO DELL’OCSE SULLA RIFORMA PENSIONI

Mentre nel Governo prosegue l’interlocuzione fibrillante sulla prossima riforma pensioni, dall’Ocse giunge un monito piuttosto netto (e non nuovo) in merito alla spesa previdenziale che il nostro Paese ogni anno intraprende: «L’Italia spende per pensioni e servizi del debito molto di più rispetto agli altri paesi Ocse», lo hanno detto in audizione, in videoconferenza, alla commissione Bilancio del Senato i rappresentanti dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico circa il Rapporto economico 2021 sull’Italia.



La spesa eccessiva delle ultime riforme previdenziali, sottolineano ancora gli esperti, di fatto «penalizza i giovani e le prospettive di crescita future». Assieme dunque ad una riforma pensioni che non elevi i cordoni della spesa nazionale (come già anticipava giorni fa il Ministro dell’Economia Daniele Franco, ben conscio delle pressanti richieste che Ue e Ocse pongono sull’Italia) occorrerà una piccola “rivoluzione” in termini fiscali: «fondamentale poi la riforma fiscale perché l’Italia ha il quinto cuneo fiscale più alto dell’Ocse e questo non incoraggia il lavoro in un paese in cui il lavoro dipendente rappresenta il 57% della popolazione attiva contro il 67% del resto dell’Ocse». (agg. di Niccolò Magnani)



LE PAROLE DI CAZZOLA

Secondo Giuliano Cazzola, la proposta di riforma pensioni con Quota 102, “non abolisce quota 100 ma la supera in avanti. È la medesima proposta fatta dalla Corte dei Conti in un recente Rapporto di coordinamento della finanza pubblica”. In un colloquio con Adnkronos/Labitalia, l’esperto previdenziale non nasconde che “se si intende tornare ad un sistema di quote è tecnicamente opportuno aggiungere un po’ di flessibilità nei due requisiti (per esempio, anche 63 e 39) perché l’esperienza di quota 100 ha insegnato che è difficile azzeccare contemporaneamente l’ambo e quindi si finisce per accumulare una maggiore età o una maggiore anzianità contributiva”. Intanto, come riporta Ansa, l’Inps ha comunicato che da oggi “a seguito della cessazione di una pensione per decesso, l’Istituto proporrà sull’area MyINPS del coniuge avente causa la domanda precompilata di reversibilità. Nei giorni successivi, nel caso in cui i contatti siano noti all’Istituto, l’utente sarà avvertito con sms della possibilità di usufruire della domanda precompilata presente nella sua area riservata”.

I DUBBI SUL POST-QUOTA 100 E SU OPZIONE DONNA

Nel comunicato di palazzo Chigi relativo all’approvazione del Documento programmatico di bilancio si legge che “vengono previsti interventi in materia pensionistica, per assicurare un graduale ed equilibrato passaggio verso il regime ordinario”. Giancarlo Giorgetti ha però spiegato che “sulle pensioni ci sono diverse ipotesi in ballo, ma questa sera nessuna decisione su quota 100 è stata presa, così come chiesto dai ministri della Lega. Nei prossimi giorni si decideranno modalità e tempi delle modifiche del sistema pensionistico. Escludo qualsiasi ritorno alla legge Fornero”. Sembra che tra le misure di riforma pensioni nella Legge di bilancio non ci sarà Opzione donna, ma anche su questo punto la discussione resta aperta. Matteo Salvini, ospite della trasmissione di Rete Fuori dal coro, ha infatti detto che il suo partito ha chiesto “di riconfermare Opzione donna”. Come riporta Askanews, il leader della Lega ha anche detto che “se qualcuno vuole tornare alla legge Fornero tutto di un botto sicuramente non potrà avere il nostro consenso. Ma queste battaglie le combatto e le vinco stando al governo, non stando fuori”.

RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI DAMIANO

Cesare Damiano ritiene che dopo la fine di Quota 100 “non possiamo tornare alla legge Fornero, tout-court”. Ma quale misure di riforma pensioni si possono introdurre nella Legge di bilancio? Secondo l’ex ministro del Lavoro, “con risorse di un qualche significato si possono fare interventi soddisfacenti, altrimenti ci fermiamo ai ritocchi. Certamente una quota di fondi dovrà essere utilizzata per l’Ape social, ma non basta”. Intervistato da formiche.net, Damiano spiega che se si volessero accogliere tutte le richieste di flessibilità emerse negli ultimi mesi “ne uscirebbe una spesa miliardaria insostenibile. In questi casi si sceglie cosa è più necessario. La Commissione lavori gravosi ha fatto una graduatoria e il risultato è che la priorità va alle mansioni operaie nel campo dell’industria, dell’edilizia e dell’agricoltura”.

IL COMMENTO SULL’APE CONTRIBUTIVA

Secondo Damiano, “le possibilità di andare in pensione prima sono tante, il punto sta nel non penalizzare certe platee di lavoratori”, “io dico che la flessibilità serve, ma il Governo deve dirci quante risorse può metterci”. È probabile che a breve questo aspetto verrà chiarito con la messa a punto della Legge di bilancio. Rispetto all’Ape contributiva proposta da Tridico, l’esponente dem evidenzia che “può essere presa seriamente in considerazione. Diciamo che la mia proposta, invece, prevede una percentuale del 2-3% di penalizzazione per ogni anno di anticipo dalla pensione. I costi sarebbero più leggeri per lo Stato se si alza l’età di uscita a 63-64 anni e si riducono i contributi a 35-36 anni. Con una proposta che prevede più età e meno contributi ci sarebbero costi inferiori”.

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