INSEGNAMENTO TRA I LAVORI GRAVOSI?

Tra i temi di riforma pensioni che si dovranno affrontare nei prossimi mesi c’è anche la revisione dei lavori gravosi che avranno la possibilità di un accesso anticipato alla quiescenza. Per Marcello Pacifico, anche insegnare è un mestiere gravoso, perché, come riporta oggiscuola.com, “l’usura, evidentemente, non deriva solo dalle attività fisicamente più faticose e stressanti”. “Vanno applicati sempre i meccanismi della speranza di vita, ma non a 67 anni, perché l’Italia ha già il più alto numero di insegnanti al mondo superiori alla fascia di 50 anni. Bisogna allora eliminare il gap generazionale, utilizzare l’esperienza di chi da tanti anni lavora nella scuola, anche per svolgere altri compiti (alternativi alla didattica, ad esempio come tutor dei neo-assunti n.d.r.). Perché non si può morire prima di andare in pensione”, sono le parole del Presidente dell’Anief riportate dal portale specializzato in notizie sul mondo della scuola, secondo cui per gli insegnanti dovrebbe esserci la possibilità di andare in pensione a 58 anni.



LE RISORSE DA SPOSTARE A INTERVENTI GREEN

In un articolo pubblicato sul giornale che dirige, il Quotidiano di Sicilia, Carlo Alberto Tregua parla della necessità di interventi all’insegna dell’economia green, dell’innovazione digitale e delle infrastrutture e tra le altre cose tocca temi di riforma pensioni. “Anziché continuare a creare nuovi pensionati giovani, di soli sessantadue anni, anziché mantenere un sistema pensionistico unico al mondo in cui ogni cittadino può avere più pensioni, come se avesse più vite, e anziché pensare a scialacquare risorse distribuendo assegni di cittadinanza o di emergenza a chi non ne ha bisogno; anziché avere questi comportamenti deleteri, il Governo dovrebbe pensare a destinare le risorse verso l’ambiente, l’energia, il digitale e le infrastrutture nel Sud, ove ve n’è una fortissima carenza, in quanto le risorse degli ultimi decenni sono state destinate in grande maggioranza al Nord. Sembra che questo indirizzo stia entrando nella zucca degli improvvisati governanti italiani, ma intanto la Regione, per suo conto, può iniziare una programmazione seria nella direzione prima indicata”.



RISCATTO DI LAUREA: COSA SUCCEDE ALL’ESTERO

Sulla rubrica “Esperto Pensioni” a cura della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro su Repubblica si discute oggi di riscatto di laurea per come è stabilito dall’ultima riforma pensioni: per gli studenti laureati dopo il 1996 esiste come legge l’agevolazione per il riscatto degli anni di laurea, ma un’utente alla rubrica di Rep pone un caso molto interessante. «Ho lavorato due anni in Italia nella scuola pubblica e adesso sono in Francia per studio. A settembre forse lavorerò nella scuola in Francia. Vorrei sapere se il riscatto della laurea vale anche se lavorerò in Francia e quindi se pagassi per riscattare questi anni in Italia, andrei in pensione 5 anni prima?»: la Fondazione Studi replica confermando che il riscatto è possibile avendo fatto almeno 1 anno di contributi versato in Italia, «potrà utilizzare il riscatto di laurea agevolato introdotto dall’art. 20 c. 6 del D.L. n. 4/2019, senza alcuna scadenza essendo una forma di riscatto in cifra fissa stabile nel nostro ordinamento. Si ricorda che, qualora proceda al riscatto in forma agevolata in Italia, gli anni riscattati con onere light potranno essere oggetto di totalizzazione internazionale ex Reg. (CE) n. 883/2004 ai fini del diritto per anticipare la decorrenza della pensione maturata nel sistema pensionistico francese». Non solo, alla maturazione finale dei requisiti in Italia gli anni andranno ad incrementare «la quota da liquidare da parte di Inps, pur se con valore contenuti visto l’onere à forfait pari, per il 2020, a 5265 euro per ciascun anno riscattato». (agg. di Niccolò Magnani)



PENSIONI DI INVALIDITÀ, LE RISORSE NON BASTANO

Come noto, con il Decreto agosto è intervenuto sulle pensioni di invalidità prevedendone l’aumento dell’importo. L’Associazione Nazionale Mutilati ed Invalidi Civili, tramite il suo Presidente Nazaro Pagano, fa però notare che “le somme messe in campo dal governo Conte non bastano. L’aumento coinvolge 120 mila persone, però la maggior parte degli interessati beneficerà di un’integrazione sulla base del reddito dichiarato che non per forza arriverà fino a 651 euro, ma potrebbe fermarsi molto prima. Di più. Era l’occasione giusta per una riforma più profonda, oggi le pensioni d’invalidità non garantiscono la sopravvivenza non solo degli inabili al 100% ma a tutte le persone con invalidità, anche parziali”. Oltre a riportare queste parole, Il Messaggero riporta quelle di Alberto Brambilla, Presidente del Centro Studi Itinerari previdenziali, secondo cui “per raddoppiare gli assegni a tutti sarebbero serviti quasi tre miliardi di euro”. Considerando le risorse stanziate del Governo si arriverebbe a coprire meno del 20% degli invalidi al 100%.

DISABILI ATTIVI INCONTRA CONTE

Dopo aver incontrato i candidati alla presidenza della Regione Puglia, l’Associazione “Disabili attivi”, tramite una delegazione guidata dal Presidente, Sig. Francesco Vinci, coadiuvata dalla presenza del segretario Sig. Diego Petrelli per la Provincia di Lecce e da due componenti del Consiglio Direttivo Sig. Riccardo Pagliara e Sig. Roberto Angelini per la provincia di Brindisi, come riporta puglianews24.eu, ha avuto un incontro privato con Giuseppe Conte nel corso della sua visita a Ceglie Messapica. Il Premier, si legge, “durante l’incontro in una atmosfera distesa e cordiale ci esorta ad incalzare con insistenza il lavoro delle Commissioni parlamentari riguardanti gli emendamenti elaborati dal Governo, aventi come oggetto, tematiche inerenti alla disabilità. A conclusione dell’incontro, il Premier ha chiesto alla delegazione una collaborazione attiva e collaborativa con l’attività di governo con l’auspicio di una maggiore efficacia dei provvedimenti da adottare”. Da ricordare che l’esecutivo, con il Decreto agosto, ha aumentato l’importo delle pensioni di invalidità.

RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI DAMIANO

Cesare Damiano ritiene che per fare passi in avanti nella riforma pensioni bisogna avere come principio cardine quello della flessibilità, già contenuto nella proposta di legge che ha presentato insieme a Marialuisa Gnecchi nel corso della precedente legislatura. Intervistato da pensionipertutti.it, l’ex ministro del Lavoro spiega che fisserebbe l’età di possibile anticipo a 63 anni, facendo in modo che non possa essere poi innalzata in base all’aspettativa di vita. Dal suo punto di vista chi svolge un lavoro gravoso o usurante deve poter andare in quiescenza dopo aver versato 35 anni di contributi senza subire alcuna penalizzazione, che invece ci sarebbe negli altri casi di pensionamento anticipato. In particolare, per Damiano dovrebbe essere del 2% per ogni anno di anticipo.

FLESSIBILITÀ E QUOTA 41

L’ex deputato del Pd ritiene anche che “i 41 anni dovrebbero diventare la misura per i cosiddetti lavoratori precoci per poter andare in pensione indipendentemente dall’età anagrafica”. Dal suo punto di vista occorre poi considerare “che un principio di flessibilità nelle pensioni può costituire in un prossimo futuro segnato purtroppo da un arretramento di Prodotto interno lordo, della produzione industriale e del potenziale aumento della disoccupazione, un antidoto: l’anticipo pensionistico può essere una forma indiretta di ammortizzatore sociale, in una situazione che sarà certamente difficile da gestire”. Per Damiano è infine importante arrivare al varo di una pensione contributiva di garanzia per i giovani.