PEDRETTI CONTRO TRIDICO

Intervistato da Giovanni Floris, Pasquale Tridico ha spiegato che la riforma pensioni non ha tagliato gli assegni con il blocco parziale delle indicizzazioni, ma che anzi questo sistema garantisca importi più alti di quello prima in vigore. Ivan Pedretti contesta però il Presidente dell’Inps, evidenziando che “continua a mentire, sapendo di mentire. Il taglio c’è stato, eccome, tanto che 3,5 miliardi finiranno direttamente dalle tasche dei pensionati nelle casse dello Stato”. Secondo quanto riporta il sito di Rassegna Sindacale, il Segretario generale dello Spi-Cgil ricorda che “c’era un accordo sottoscritto dai sindacati con il precedente governo, che doveva riportare in vigore il vecchio sistema di rivalutazione e che è stato disatteso”. Pedretti annuncia anche che “dopo la manifestazione del 1° giugno in piazza San Giovanni, dovremo andare anche sotto l’Inps per ricordare a chi lo dirige qual è il suo ruolo e per sollecitarlo a fare meglio il proprio lavoro, viste le ripetute disfunzioni che registriamo a discapito dei cittadini”.



IL CHIARIMENTO INPS

Attraverso una circolare pubblicata ieri, l’Inps ha fornito un importante chiarimento riguardante la riforma pensioni. Come spiega pensionioggi.it, infatti, un “dipendente pubblico pensionato che lavori in assenza di retribuzione, avendo già una pensione (diretta o indiretta) di importo pari o superiore a 240 mila euro” non può far contare tale periodo di lavoro “ai fini del calcolo e della liquidazione delle correlate prestazione previdenziali. Pertanto i periodi di attività lavorativa svolti in assenza di retribuzione non concorrono a determinare alcuna anzianità contributiva ai fini pensionistici e previdenziali, stante la non valutabilità, ai sensi della normativa vigente, di periodi non coperti da contribuzione”. Questo vuol dire che “la base di calcolo da utilizzare per la determinazione del relativo trattamento di quiescenza e previdenza deve essere riferita alle retribuzioni utili effettivamente percepite prima dell’azzeramento di tali emolumenti per effetto del superamento dei limiti retributivi”.



LE PAROLE DI CIGNA SU QUOTA 100 E OPZIONE DONNA

Prima ancora della sua approvazione la riforma pensioni con Quota 100 è stata al centro di analisi e dibattiti. Ora che la misura è in vigore cominciano a esserci dei numeri con cui confrontarsi, quelli relativi alle domande presentate all’Inps. A questo proposito Orietta Armiliato, sulla pagina Facebook del Comitato Opzione donna social, in un post ha scritto: “Il responsabile dell’Ufficio Previdenza Cgil Ezio Cigna, in riferimento alla previdenza femminile, ci veicola questo messaggio: ‘per quanto riguarda Quota 100, soltanto una domanda su quattro è stata presentata dalle donne, mentre la stessa Opzione Donna è penalizzante e riduttiva poiché prevede il calcolo interamente contributivo, 35 anni di contributi e 58 d’età se dipendenti, o 59 se autonome, cui si aggiungono 12/18 mesi di finestra d’attesa’”. Un’analisi che sembra confermare la necessità di un provvedimento specifico per le italiane che sia meno penalizzante di Opzione donna e più accessibile di Quota 100. Il Cods da tempo ha presentato la sua richiesta in merito: valorizzare il lavoro di cura delle donne ai fini pensionistici.



RIFORMA PENSIONI, LA BEFFA OLTRE QUOTA 100

Ieri a Padova, Roma e Napoli si sono svolte le assemblee unitarie sindacali in vista della manifestazione del 1° giugno contro la riforma pensioni, “perché non solo Quota 100 non risolverà tutti i problemi che sono stati aperti con la riforma Fornero, ma si è aggiunto alla beffa anche il danno del taglio delle rivalutazioni”, sono le parole di Spi-Cgil, Fnp-Cisl e Uilp-Uil riportate da Askanews. Secondo quanto viene riportato dal sito di Rassegna sindacale, le tre sigle hanno spiegato che sono stati “tanti i pensionati e le pensionate che hanno partecipato alle tre assemblee unitarie, a testimoniare il clima di insofferenza e di insoddisfazione nei confronti di un governo che non ha voluto finora ascoltare le loro richieste in tema di pensioni, tasse, sanità e assistenza”. “Di fronte a tale silenzio è necessario avviare una grande mobilitazione unitaria per impedire che si continui con politiche sbagliate che danneggiano ulteriormente la condizione di vita già difficile dei nostri pensionati”, è la conclusione dei sindacati.

RIFORMA PENSIONI, TEMA ASSENTE IN UE

In un intervento su finanza.com, Camillo Linguella fa notare come i temi del lavoro e della riforma pensioni siano di fatto assenti dalla campagna elettorale europea. “Non esiste un sistema pensionistico unico europeo. Basti pensare che non esiste neppure in Italia, dove alcune categorie per motivi storici o per specificità particolari, hanno regole diverse”, “nessuno ha preso una posizione sui Pepp o sulla Iorp2, ammesso che i candidati al parlamento europeo sanno di che cosa si tratta”, scrive Linguella, ricordando anche che “le pensioni delle donne sono ancora del 37% inferiori a quelle degli uomini a causa di retribuzioni più basse e di una vita lavorativa più breve. Lo stesso vale per i lavoratori atipici e quelli autonomi. Il rischio di povertà è anche dovuto alla diminuzione del valore delle pensioni nel corso degli anni, poco o nulla rivalutate”. Dal suo punto di vista bisogna portare avanti politiche “di riduzione delle differenze previdenziali uomo/donna” e “rendere operativi la Iorp 2 e i Pepp, i neo strumenti che favoriscono il risparmio previdenziale”.

RIFORMA PENSIONI, TAGLI AGLI ASSEGNI

Con un post sul Blog delle Stelle, il Movimento 5 Stelle ricorda che “dopo il Reddito di Cittadinanza e Quota 100, dal 1° giugno di quest’anno entrerà a regime il taglio alle pensioni d’oro, una nostra promessa storica che abbiamo mantenuto appena arrivati al governo”. I pentastellati ricordano quindi una delle misure contenute nella riforma pensioni che ha sollevato alcune proteste da parte dei pensionati ed evidenziano che “con i risparmi ottenuti, oltre 400 milioni di euro, abbiamo potuto finanziare anche l’aumento delle pensioni minime, a dimostrazione che la nostra priorità assoluta è ridurre le diseguaglianze dopo il massacro sociale degli ultimi anni che le ha fatte esplodere. È un obiettivo etico, perché la giustizia sociale sarà sempre una nostra stella polare, ma allo stesso tempo è anche un obiettivo economico, perché i Paesi a minore diseguaglianza crescono tendenzialmente di più”.

LE PENSIONI ESENTATE DAI TAGLI

In un articolo pubblicato su Il Sole 24 Ore viene però spiegato che il taglio non riguarderà non solo le pensioni di inabilità e invalidità, di reversibilità e di vittime del dovere o del terrorismo, ma anche quello frutto di cumulo contributivo, “anche qualora la pensione in esame fosse interamente liquidata con il sistema retributivo”. Mentre fra i trattamenti esclusi dal taglio non sono menzionate le pensioni di vecchiaia anticipate ai soggetti con almeno l’80% di invalidità. Non si parla di esse, infatti, né nella norma, né nella recente circolare Inps relativa al contributivo di solidarietà che scatterà a giugno.