STUDIO MONEYFARM SUL FUTURO DELLE PENSIONI
Secondo l’ultimo studio svolto da MoneyFarm e Progetica, riportato oggi da QuiFinanza, il futuro delle pensioni in Italia non sarà dei più rosei se non si interviene in fretta con una riforma organica e strutturata: «Milioni di lavoratori italiani andranno in pensione con metà dello stipendio, anche in caso di continuità lavorativa dai 25 anni in poi. E le donne avranno fino al 20% in meno degli uomini». Il rapporto tra spesa pensionistica e Pil, come ha ribadito anche l’ultima Nadef, costerà a fine 2020 la cifra record del 17,1 per cento, ovvero quasi 300 miliardi di euro e resterà al 16% per gli anni successivi. «Dobbiamo abituarci a considerare il risparmio previdenziale un bene di prima necessità. I genitori comincino a farlo a favore dei figli appena nati, non aspettino. E le istituzioni promuovano campagne di informazione seria e documentata», ha spiegato al Corriere della Sera Raffaele Agrusti, fondatore di Propensione. (agg. di Niccolò Magnani)
RIFORMA PENSIONI, I DATI INPS SUGLI ASSEGNI ALL’ESTERO
Oggi è stato presentato il Rapporto Italiani nel mondo della Fondazione Migrantes e all’evento ha partecipato anche Pasquale Tridico, che ha fornito alcuni dati che riaccenderanno il dibattito, già emerso in tema di riforma pensioni, sul contributo straniero al sistema previdenziale italiano. Come riporta l’agenzia di informazione Sir, infatti, il Presidente dell’Inps ha detto che “l’Italia beneficia oggi delle pensioni pagate dall’estero per un totale di 3,5 miliardi di euro. Invece le pensioni che l’Italia paga verso l’estero sono pari a 466 milioni di euro, un saldo a vantaggio del nostro Paese”. “Oggi paghiamo pensioni in 160 Paesi, pari a 330.000 posizioni, il 2,4% delle pensioni totali. In maggioranza verso Stati Uniti, Paesi del Sud America, spesso vengono pagate ai superstiti”, ha aggiunto Tridico, che ha anche spiegato le difficoltà dei migranti a raggiungere gli anni di contributi necessari legati alla residenza, auspicando di “riuscire ad eliminare le discriminazioni, anche con il contributo della Chiesa”.
LA SCELTA DELLA SPAGNA SUL RECOVERY FUND
Si è parlato molto nei mesi scorsi dei possibili collegamenti tra la riforma pensioni e il Recovery fund. Sembra dunque interessante riportare una notizia che arriva dalla Spagna. Secondo quanto scrive europa.today.it, citando El Pais, “la Spagna vuole approfittare del Recovery Fund e dei 72 miliardi che le spettano secondo il piano messo a punto a Bruxelles. Per questo il governo guidato dal socialista Pedro Sanchez ha messo a punto un piano di riforme da approvare in cambio dei fondi, tra cui anche una riforma delle pensioni e un aumento dell’Iva”. In particolare, “Madrid intende mettere in campo una riforma che faccia sì che i cittadini restino nel posto di lavoro fino all’effettiva età pensionabile, e che non lo lascino prima del previsto. La riforma intende fare in modo di ‘avvicinare l’età pensionabile effettiva a quella legale attraverso il disincentivo al prepensionamento e l’incoraggiamento al lavoro senior’, con un nuovo sistema di incentivazione non dettagliato, ma già sul tavolo”. Chissà se anche l’Italia dovrà scoraggiare i prepensionamenti per veder arrivare i fondi europei.
RIFORMA PENSIONI, L’IMPORTANZA DEL RISPARMIO PREVIDENZIALE
In un articolo pubblicato su L’Economia, inserto del Corriere della Sera, Ferruccio de Bortoli ricorda l’importanza della previdenza integrativa, un tema che i sindacati intendono affrontare nell’ambito del confronto con il Governo sulla riforma pensioni. Il giornalista cita Lorenzo Tavazzi, secondo cui chi ha più necessità di una pensione integrativa è meno a conoscenza degli strumenti adeguati per soddisfare questo bisogno. “Esemplare il caso dei dipendenti pubblici (32,4 milioni, 57 per cento donne, età media 50,6 anni) per i quali non esiste una formula di silenzio assenso ed è eccessiva la convinzione che lo Stato protegga sempre e comunque il benessere futuro dei propri dipendenti”. Secondo Raffaele Agrusti e Giancarlo Scotti di Propensione occorrerà abituarsi “a considerare il risparmio previdenziale un bene di prima necessità. I genitori comincino a farlo a favore dei figli appena nati, non aspettino. E le istituzioni promuovano campagne di informazione seria e documentata”. Vedremo se ci saranno delle misure volte a incentivare la previdenza complementare.
L’ALLARME CIV-INPS SULLE DOMANDE PER INVALIDITÀ
Recentemente si è parlato molto della misura che ha portato all’aumento degli assegni di invalidità. Tuttavia poca attenzione si sta dedicando al fatto che ci sono molte domande per l’invalidità civile che giacciono presso l’Inps e le Asl. Su Avvenire viene ricordato l’allarme lanciato dal Presidente del Civ dell’Inps, Guglielmo Loy, su questo tema e viene spiegato che sono un milione e 187mila le domande ferme in attesa di visita medica, più di 900.000 delle quali presso le Asl delle Regioni non convenzionate con l’Istituto nazionale di previdenza sociale. La causa di questi ritardi è da ricercare prevalentemente nella fase del lockdown che ha interrotto le attività che sono riprese da non molti giorni. Il quotidiano della Cei ricorda che nel caso non ci sia la convenzione tra Regione e Inps l’iter burocratico di una domanda per invalidità civile normalmente può durare anche 120 giorni. Per il Civ dell’Inps occorre quindi “mettere in campo una straordinaria terapia d’urto per ridurre il patologico bacino delle domande, con interventi e risorse aggiuntive agli uffici interessati”.
RIFORMA PENSIONI, IL NODO ESODATI
Uno dei nodi di riforma pensioni che resta ancora irrisolto riguarda la vicenda degli esodati, che ha più volte subito battute d’arresto a causa delle difficoltà a delimitarne la platea e su questo punto sono necessarie delle riflessioni. La salvaguardia è un provvedimento atto a tutelare specifiche situazioni conseguenti la modifica del quadro legislativo strutturale in essere. È un provvedimento temporaneo, condizionato alla valutazione dei costi e alla definizione della platea. Dopo otto salvaguardie e con l’approssimarsi del contributivo pieno, un’ulteriore richiesta va incontro a molte riserve e le attese dell’Ue non giocano a favore. Chi perde il lavoro deve essere tutelato, ma questo è un altro discorso.
COME SANARE L’INIQUITÀ
La sequenza temporale degli eventi licenziamento-riforma-raggiungimento dei requisiti all’interno del transitorio stabilisce chi è esodato e chi non lo è; chi non è esodato è nella riforma strutturale in discussione in queste settimane che deve cercare risposte. Questo premesso e se, come da tradizione, il legislatore ha fin qui concesso (più o meno) un transitorio di sette anni, su quali basi giustificare una nuova salvaguardia e in quali termini? L’attenzione deve spostarsi sulle iniquità contenute nell’ottava salvaguardia. Se è stato riconosciuto un transitorio di dieci anni a una specifica categoria, allora è doveroso che identico beneficio diventi appannaggio di tutte le restanti categorie. Sanare le iniquità implica quindi, per tutte le categorie, che la prossima salvaguardia non possa estendere i requisiti oltre il 31/12/2021.