Ci si aspettava molto dai quattro incontri programmati dalla Ministra Calderone l’11 luglio sulla pensione di garanzia per giovani, il 18 luglio forse quello più importante sulla flessibilità in uscita e poi dopo la pausa estiva quello su Opzione Donna del 5 settembre e infine quello del 18 settembre sulla previdenza complementare. Quattro incontri con le forze sociali per cercare di trovare una sintesi condivisa che possa far trarre all’Esecutivo delle concrete ipotesi di riforma previdenziale da essere inserite nella Nadef e successivamente nella bozza della Legge di bilancio da presentare in ottobre al Parlamento.



Il primo di questi incontri, quello dell’11 è stato piuttosto deludente, i sindacati si sono trovati alla presenza dei componenti dell’Osservatorio voluto fortemente dalla Ministra Calderone, che però non era presente all’incontro, hanno per l’ennesima volta enunciato le loro proposte, la controparte ha ascoltato quanto proposto dalle forze sociali, cose che oramai conoscono perfettamente da mesi, senza entrare nel vivo dei problemi e soprattutto senza proporre alcunché.



Il successivo incontro del 18 luglio…, invece, non si è svolto per un rinvio deciso dal Governo all’ultimo momento: nella serata del 17 ha comunicato la sospensione rinviando l’incontro alla giornata del 26 luglio. Non è stato un buon segnale. A parte il fatto che una riunione programmata da tempo non può essere rinviata il giorno prima se non ci sono fatti importanti (è stata soprattutto una mancanza di rispetto nei confronti delle decine di donne che avevano annunciato la loro presenza, in molti casi anche sopportando costi di viaggio, davanti al ministero del Lavoro per ribadire la loro contrarietà alla nuova versione di Opzione Donna partorita dall’ultima Legge di bilancio), ma ha rivelato una volta di più che il Governo non è pronto a formulare una propria ipotesi di flessibilità.



Non è la settimana di tempo in più che si è preso a preoccupare, sono i molti mesi di assoluto silenzio da parte di un Esecutivo che soprattutto sulla flessibilità in uscita, che è forse il punto che più interessa i lavoratori italiani, non si è ancora sbilanciato mettendo nero su bianco quelle che sono le sue intenzioni per alleggerire almeno in parte la troppo rigida legge Fornero.

Infatti, quello che si conosce all’attualità, a poco più di due mesi dalla presentazione della Nadef e a tre dalla presentazione della Legge di bilancio, sono solamente alcune affermazioni fatte durante i talk show e su qualche intervista dove dapprima si fa filtrare la notizia che la Quota 41 per tutti uomini e donne senza penalizzazioni, da sempre cavallo di battaglia della Lega, sarebbe stata attuata nel corso della durata della legislatura (quindi entro 4 anni) poi, al tempo stesso, viene fuori che potrebbe essere attuata subito ma con il conteggio effettuato interamente col sistema contributivo. Poi, lasciata cadere la proposta Tridico (che evidentemente non è nelle grazie del Governo, vedi anche la sua sostituzione come Presidente dell’Inps prima del termine previsto), di pensione in due fasi con un assegno percepito a 63 anni con quanto maturato col sistema contributivo e successivamente a 67 anni percepire la parte di assegno di retributivo, che raccoglie diversi consensi tra i lavoratori, si lasca trapelare che si potrebbe attuare quanto ipotizzato durante il Governo Draghi con “Opzione Tutti” per uomini e donne al compimento dei 63 anni applicando totalmente il medito contributivo. Tutte ipotesi formulate in contesti non esattamente appropriati e, come accennato poc’anzi, senza mai mettere nero su bianco tali proposte.

Vedremo cosa verrà fuori dall’incontro del 26 luglio e se finalmente l’Esecutivo sarà con le idee chiare e con proposte credibili. Dopo la pausa agostana già il 5 settembre è programmato l’incontro specifico su Opzione Donna, e anche su questo il Governo non sembra ancora avere trovato la quadra, e poi il tutto si concluderà il 18 settembre con l’incontro sull’implementazione della previdenza complementare che dovrebbe essere il punto di più facile realizzazione dal momento che sia le forze sociali che l’Esecutivo lo ritengono un punto necessario per rimpinguare le magre pensioni erogate dall’Inps.

A quel punto saremo già alla fine di settembre con la Nadef alle porte che precede di un mese la Legge di bilancio che deciderà cosa ci sarà di nuovo in questo ambito previdenziale che impatta così violentemente sulla vita dei cittadini italiani.

Nel frattempo, il Governo dovrà trovare all’inizio dell’anno le risorse per perequare le pensioni al 100% fino a quattro volte il minimo (che sono il numero maggiore) sia assegnando lo 0,8% mancante dell’anno 2022 (è stato erogato infatti il 7,3% a fronte di una inflazione ufficiale ISTAT dell’8,1%), sia applicando la perequazione dell’inflazione dell’anno 2023 che viaggia stabilmente oltre il 6% e che vale circa 8 miliardi e cominciare a pagare gli effetti della sentenza n. 130 della Corte Costituzionale che non consente il differimento del Tfs dei pubblici dipendenti, altri 14 miliardi che il Governo deve, a partire dall’anno 2024, cominciare a pagare.

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