UGL CONTRO CANCELLAZIONE QUOTA 100

Per Paolo Capone, “è inaccettabile pensare di cancellare la riforma Quota 100 così come proposto dall’attuale Governo e in tal senso l’Ugl non aderirà mai a questa iniziativa che va solo a danneggiare gli interessi dei lavoratori”. Il Segretario confederale dell’Ugl, Fiovo Bitti, fa invece presente che sulla misura di riforma pensioni per il post-Quota 100, “si può pensare a una Quota 100 libera, vale a dire il superamento del doppio paletto vigente al momento; al pensionamento con 41 anni di contributi; alla revisione, per rendere meno stringenti i criteri selettivi, dell’Ape sociale; alla valorizzazione ai fini pensionistici della maternità e del lavoro di cura non retribuito per le pensioni delle donne; all’estensione della platea dei lavori gravosi ed usuranti; al ruolo di accompagnamento dei fondi di solidarietà” Per quanto riguarda invece gli adeguamenti periodici alla aspettativa di vita, dal suo punto di vista “essi dovranno avere una cadenza pluriennale ampia”, superando così l’attuale impostazione che ne prevede la revisione ogni due anni.



LE PAROLE DI BRUNETTA

Renato Brunetta evidenzia come i dati negativi dell’industria italiana siano da attribuire alla “totale assenza di politiche economiche favorevoli alle industrie”, dovuta a sua volta anche alle misure di riforma pensioni con Quota 100 e al Reddito di cittadinanza. “Avevamo più volte lanciato l’allarme sul fatto che gli ultimi due governi sono stati completamente sbilanciati sulla spesa assistenzialista, utile per trovare consenso, mentre avevano completamente tralasciato le politiche industriali. Con reddito di cittadinanza e quota 100 non si cresce, in sintesi”, spiega in una nota il responsabile economico di Forza Italia, che chiede quindi al Governo di tagliare “tutte le risorse usate per misure assistenzialiste per dirottarle sul taglio delle tasse su famiglie e imprese. Se non è in grado di fare questo, è meglio che lasci spazio al ritorno di un governo di centrodestra, che ormai manca da quasi un decennio nel nostro Paese. Quasi un decennio dove l’Italia, sotto la guida dei governi di sinistra, è stata sempre la Cenerentola economica d’Europa”.



LE PENALIZZAZIONI PER LE PENSIONI MEDIE

In un articolo pubblicato su L’Economia, l’inserto del Corriere della Sera, Alberto Brambilla cerca di fare chiarezza sui dati relativi all’importo delle pensioni erogate dall’Inps, evidenziando che nonostante si parli dei tanti assegni sotto i 1.000 o i 500 euro al mese, “la situazione è più sfavorevole per le pensioni medie e medio alte che da tempo hanno le prestazioni non indicizzate all’inflazione e che oltre i 100 mila euro sono state ‘tagliate’ senza un metodo scientifico”, chiaro riferimento alle misure di riforma pensioni adottate lo scorso anno. Il Presidente del Centro Studi Itinerari previdenziali ricorda infatti che “su 16 milioni di pensionati, circa la metà è totalmente o parzialmente assistita dallo Stato quindi da tutti noi attraverso le tasse che paghiamo”. E “l’Irpef, circa 50 miliardi, grava sul 40% di pensionati che prendono più di 1.200 euro al mese”. Di fatto quindi ci sono pensionati che finanziano gli assegni di quanti, avendo versato pochi contributi e poche tasse, hanno bisogno dell’integrazione al minimo.



RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI SBARRA

Dopo l’incontro tra Governo e sindacati di ieri sulla riforma pensioni, Luigi Sbarra spiega che “occorre consentire alla persone di andare in pensione a partire da 62 anni. Non deve essere l’ennesima norma ‘sperimentale’ perché il sistema ha bisogno di certezze e di strutturalità. Il nuovo meccanismo deve prevedere che al crescere dell’età diminuisca il numero di contributi. Non ammettiamo scambi sul ricalcolo contributivo: si tratterebbe di un drenaggio sociale insostenibile per milioni di lavoratori e famiglie. Per il sindacato bisogna affermare il principio che 41 anni di contributi a prescindere dall’età bastino per godersi il diritto alla pensione”. Il Segretario generale aggiunto della Cisl ha ricordato che occorre sciogliere il nodo delle risorse da mettere in campo sula previdenza. Ciò va fatto “tenendo presente l’enorme risparmio garantito dalle riforme pensionistiche fino a oggi”.

IL GAP DI GENERE DA ELIMINARE

Da Sbarra arriva quindi la richiesta “che tutti i risparmi determinati da Quota 100, Precoci, Ape Sociale e dal recupero dell’evasione contributiva siano reinvestiti sul versante della nuova Riforma Pensionistica”. Dal suo punto di vista, inoltre, occorre far qualcosa anche per sanare il gap di genere esistente in campo previdenziale. Per questo ha indicato sei direttrici di azione: “Il riconoscimento di almeno un anno di anticipo per figlio; la valorizzazione del lavoro di cura, vera e propria voce di welfare informale; Il ripristino degli incentivi sulla contrattazione aziendale per la conciliazione; il consolidamento della fiscalità di vantaggio per le aziende che assumono donne; il rafforzamento congedi;  un grande investimento sui servizi all’infanzia”.