LA RICHIESTA DI PENSIONATI D’ITALIA SULLE MINIME
A Enna si è tenuta sabato una manifestazione dei pensionati di Fratelli d’Italia organizzata dal responsabile per la Sicilia Orientale Gigi Pastorelli. “Dare visibilità ai nostri pensionati, significa dare un grande segnale di civiltà ad una società che è alla continua ricerca di autenticità. I pensionati debbono essere visti come una risorsa del paese e non come una zavorra e bisogna dare loro una dignità anche dal punto di vista economico, ecco pertanto la nostra proposta di elevare le pensioni minime a 1000 euro”, sono le sue parole riportate da dedalomultimedia.it. Nel frattempo in Sicilia, come spiega l’edizione palermitana di Repubblica, “grazie a un articolo della manovra appena approvata dall’Ars in una sessione di bilancio da lacrime e sangue, i sindacalisti della Regione siciliana in aspettativa sindacale potranno ottenere un bonus aggiuntivo sulla pensione”. I sindacalisti Giuseppe Badagliacca e Angelo Lo Curto del Siad-Csa-Cisal sperano però in un cambiamento della norma, “senza corsie preferenziali che assomigliano tanto a un privilegio”.
CISL: “SUPERARE ODIOSO SCALONE POST-QUOTA 100”
«Non è possibile né accettabile che dal primo gennaio i lavoratori abbiano davanti scalone di 5 anni»: collegato con Rai News24, il segretario generale della Cisl Luigi Sbarra chiarisce i termini di urgenza politica per rinnovare la riforma pensioni fin dai prossimi mesi. Per il n.1 del sindacato “bianco”, la misura sarebbe «odiosa, dannosa e deve essere evitata»: per Sbarra la soluzione non può essere solo l’operare su scivoli o incentivi, «serve progetto per sostenibilità del sistema. Servono criteri più equi per la flessibilità in uscita, superare i limiti rigidi della legge Fornero, i lavori non sono tutti uguali!». Per la Cisl, così come per Cgil e Uil (qui sotto la nota congiunta sul PNRR, ndr) serve al più presto il confronto con il Ministro del Lavoro Orlando, con il Governo e tutti gli attori protagonisti del mondo previdenziale «perché siamo interessati a negoziare da subito misure di flessibilità in uscita dal mercato del lavoro, da 62 anni bisogna iniziare volontariamente a uscire. 41 anni di lavoro contribuzione bastano per godersi il diritto alla pensione». Serve infine pensioni di garanzia e previdenza complementare per i giovani, «oltre ad allargare Opzione Donna e Ape Sociale (per lavori usuranti)». (agg. di Niccolò Magnani)
L. #Sbarra, Segr. @CislNazionale, a @RaiStudio24: inaccettabile #scalone di 5 anni per le #pensioni. Superare limiti rigidi della #Fornero: i lavori non sono tutti uguali. Uscita volontaria da 62 anni, 41 anni di #lavoro e contribuzione sono sufficienti.#PNRR #riforme #Governo pic.twitter.com/NdcPi3vD7f
— Rainews (@RaiNews) April 27, 2021
RIFORMA PENSIONI, LE RICHIESTE DEI SINDACATI
In una nota congiunta, i Segretari generali di Cgil, Cisl e Uil, Maurizio Landini, Luigi Sbarra e Pierpaolo Bombardieri, chiedono al Governo che per le riforme previste nel Pnrr che impattano sul lavoro vi sia una confronto con i sindacati. I tre sindacalisti evidenziano anche che “è importante che nel Piano di Ripresa e Resilienza la riforma fiscale sia complessiva e ispirata al principio della progressività e del contrasto alle disuguaglianze. Inoltre occorre prevedere una più ampia base imponibile della nuova imposta personale e contemplare la diminuzione del carico fiscale anche sulle pensioni”. Domenico Proietti, come riporta dall’Ansa, sottolinea l’importanza di “una flessibilità diffusa intorno ai 62 anni una volta esaurita Quota 100”. In tema di riforma pensioni, il Segretario confederale della Uil spiega anche che “noi pensiamo che 41 anni di contributi debbano bastare” per poter accedere alla quiescenza. Proietti aggiunge di sperare che a maggio possa riaprirsi il confronto con il Governo sui temi della previdenza.
LA PROPOSTA DI TRIDICO
Pasquale Tridico, intervenendo all’evento “Pensioni, 30 anni di riforme”, ha avanzato una proposta per il post-Quota 100, evidenziando, come riporta Radiocor, che occorrono urgentemente “finestre di uscita per lavoratori fragili, facilitazioni per i disoccupati anziani, in situazione di particolare vulnerabilità, lavori gravosi, come edili addetti a lavorazioni acrobatiche e ponteggi”. Per il Presidente dell’Inps ci vorrebbe una “flessibilità strutturale del pensionamento, collegata al metodo contributivo”, ma con requisiti più bassi per chi fa lavori usuranti. Si potrebbe inoltre pensare alla divisione delle pensione in due quote, erogando quella contributiva in caso di anticipo pensionistico a 62/63 anni e 20 anni di contributi e pagando la quota retributiva una volta raggiunti i 67 anni di età. In questo schema, per Tridico bisognerebbe conteggiare un anno in meno per ogni figlio avuto dalle donne, oppure prevedere un aumento del coefficiente di trasformazione corrispondente. Allo stesso modo, bisognerebbe conteggiare un anno in meno per ogni 10 anni di lavori usuranti/gravosi aumentare il coefficiente di trasformazione corrispondente.
RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI ELSA FORNERO
Elsa Fornero, pur ritenendo che il Recovery plan sia “un grande successo di Mario Draghi, prima che dell’Italia”, non nasconde che avrebbe “preferito un impegno preciso a non rinnovare Quota 100: non vorrei che il Governo rimanesse imbrigliato nella ragnatela dei partiti e della loro caccia al consenso”. L’ex ministra del Lavoro, intervistata dalla Stampa, spiega che non le è piaciuto il fatto che, alla fine, su pressione della Lega, sia sparito dal testo del Pnrr il riferimento al non rinnovo di Quota 100 a fine anno. Dal suo punto di vista, “sarebbe stato meglio prendere un impegno formale con l’Unione europea nel documento che vincola il Paese alle riforme necessarie da qui ai prossimi sei anni”. Fornero spiega anche quello che secondo lei andrebbe fatto in campo previdenziale per il post-Quota 100.
IL COSTO DELLA FLESSIBILITÀ
“Va aiutato chi ha effettive difficoltà di salute, un’età avanzata o svolge lavori particolarmente pesanti: fare questo è giusto e solidaristico. Ed è anche opportuno prolungare ‘opzione donna’ che ormai è parte del sistema. Ma le imprese che fanno utili e vogliono lasciare a casa le persone anziane ancora in grado di lavorare per riorganizzarsi devono farsene carico”, spiega l’ex ministra, che evidenzia che “se non riusciamo a dare un’occupazione adeguata e una retribuzione dignitosa alle persone, chi esce a 62-63 anni si ritroverà un assegno troppo basso”. Fornero, interpellata da La Presse, commenta anche le proposte di riforma pensioni del Segretario generale della Cgil, spigando che “l’uscita flessibile proposta da Landini è un’ottima cosa, ma bisogna vedere chi paga questa flessibilità”.