LE PAROLE DI TREU (SPI-CGIL)

Come noto, dal 1° aprile non ci sarà più il pagamento anticipato delle pensioni presso gli uffici postali. Lo Spi-Cgil del Friuli Venezia Giulia, come riporta Ansa, “esorta Poste Italiane a ogni intervento per ridurre le attese negli uffici, tornati ad essere particolarmente affollati”. Il Segretario generale regionale del sindacato Roberto Treu, evidenzia che quello agli sportelli “è un servizio essenziale per i cittadini e in particolare per gli anziani, tra i quali è sensibilmente più basso il ricorso a servizi erogati attraverso i canali digitali. È fondamentale quindi che questa azienda, a capitale pubblico, difenda e rafforzi il suo ruolo di presidio del territorio, mantenendo i suoi uffici periferici e garantendo a tutti i suoi sportelli una dotazione adeguata di personale”. Va anche detto che il Slc-Cgil ha lanciato una mobilitazione regionale per protestare contro la carenza di personale di sportello e chiedere a Poste un piano straordinario di assunzioni. Una mobilitazione verso la quale lo Spi-Cgil esprime solidarietà.



RIFORMA PENSIONI APE SOCIALE, IL 31 MARZO SCADE LA DOMANDA

Il prossimo 31 marzo 2022 scade la domanda di presentazione della riforma pensioni Ape Sociale per l’anno in corso: tutti i soggetti che infatti matureranno entro il 31 dicembre 2021 le condizioni e requisito previsti dalla riforma potranno/dovranno presentare domanda all’Inps entro e non oltre il 31 marzo.



63 anni di età, almeno 30 di anzianità contributiva (36 anni per i gravosi), no titolari di altre pensioni dirette: quesi i requisiti fondamentali per l’accesso all’Ape Sociale. Possono richiederne la domanda tutti coloro che si trovano in stato di disoccupazione a seguito di cessazione del rapporto di lavoro per licenziamento, dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale; assistono da almeno 6 mesi il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap in situazione di gravità; invalidità civile superiore o uguale al 74%; lavoratori gravosi. (agg. di Niccolò Magnani)



VERSO IL DEF

In un articolo su Repubblica viene ricordato che questa settimana dovrebbe essere approvato il Def. “I tecnici del ministero dell’Economia sono al lavoro per definire le ultime tabelle. Al vaglio anche le maggiori spese per le armi (da portare al 2% del Pil, in base agli accordi Nato) e la riforma delle pensioni, il cui tavolo è ormai fermo da oltre un mese, per superare la legge Fornero con la flessibilità ‘buona’ in uscita, ma rispettosa dei conti. Ad entrambi i dossier, spinosi politicamente, potrebbero essere riservate solo poche e generiche righe nel Def, lasciando poi alla legge di bilancio d’autunno la definizione dei relativi stanziamenti a valere sul 2023, anno elettorale e per questo critico”. Dunque la richiesta dei sindacati di “anticipare” i tempi rispetto al solito per quanto riguarda la definizione di misure e risorse per la previdenza a quanto pare verrà meno se nel Def ci saranno solo poche e generiche righe sul tema. Vedremo nel caso quale sarà la loro reazione.

LA MANIFESTAZIONE DI FIRENZE

Come riporta lagazzettadilucca.it, sabato si è tenuta una manifestazione a Firenze con la partecipazione di giovani, lavoratori e pensionati sotto lo slogan “Insorgiamo”. Nell’articolo viene spiegato che l’obiettivo è cercare “di dare una speranza anche sulla possibilità di estendere a livello generale la lotta su tutte le problematiche del lavoro, dell’ambiente, della pace a partire sociali che riguardano: il valore reale dei salari ridotto del 15% rispetto al 1990 e la maggioranza dei salari non superano i 1.200 euro mensili; il valore reale delle pensioni è ridotto del 20% rispetto al 1990 e con il 50% dei pensionati che hanno una pensione inferiore ai 1.000 euro al mese, di cui il 15% ha una pensione inferiore a 500 euro mensili;  i giovani costretti a lavorare in modo precario con paghe di m**da e andranno in pensione a 67 anni con pensioni inferiori al 40% dello stipendio”. Una situazione che non è certo facilitata dal fatto che “il 90% delle assunzioni al lavoro avvengono in modo precario”.

RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI GHISELLI

Roberto Ghiselli ricorda che “quello italiano è il sistema previdenziale più penalizzante in Europa. Andare in pensione a 67 anni non accade in nessun altro Paese, se non la Grecia. Noi chiediamo flessibilità in uscita, cioè la possibilità di andare in pensione a 62 anni o 41 anni di contributi. Inoltre sono indispensabili interventi per i più giovani che sono fortemente penalizzati. Non hanno una integrazione al minimo: chi ha attività discontinue, precarie, collaborazioni e part time avrà la pensione tardi e da fame. C’è quindi un tema che riguarda la pensione contributiva di garanzia per i giovani”. Intervistato da cuoreeconomico.com, il Segretario confederale della Cgil ricorda l’importanza “che già dal prossimo anno il Documento di programmazione economica finanziaria preveda l’avvio della riforma pensionistica”.

L’INTERVENTO SUI LAVORI DI CURA

Il sindacalista sottolinea altresì che le donne “sono penalizzate da una certa debolezza sul mercato del lavoro, per cui c’è la necessità di conciliare il lavoro di cura con quello professionale. Chiediamo quindi il riconoscimento del lavoro di cura”. Ghiselli spiega anche che Cgil, Cisl e Uil hanno chiesto al Governo “un incontro sull’emergenza inflazione, sui costi energetici e alimentari. Tutto questo pesa sulle categorie più fragili e sui pensionati”. Occorrerebbe quindi un intervento per “ridurre l’Iva e le accise sulle bollette e colpire gli extra profitti di chi opera nell’energia perché ci sono attività che speculano”. “Il tema dell’inflazione c’era già prima, ora la guerra lo ha aggravato. Per questo è necessario prevedere aumenti maggiori nei contratti di lavoro collettivi”, aggiunge.

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