RIFORMA PENSIONI, LE SCELTE DI FRANCIA E GERMANIA
Mentre in Italia si discutono misure di riforma pensioni che avvicinino il traguardo della quiescenza, all’estero sembra si vada in direzione opposta. Come segnala la rassegna stampa internazionale di Rainews, infatti, in Francia Macron è intenzionato a riproporre la riforma che aumenterebbe l’età pensionabile per diverse categorie. Anche se mancando un anno alle elezioni presidenziali potrebbe anche decidere di non rischiare di perdere consensi, sebbene la riforma venga ritenuta necessaria per salvaguardare i conti pubblici non proprio floridi. In Germania, invece, si ipotizza un aumento dell’età pensionabile a 68 anni, anche in questo caso per evitare squilibri nel sistema previdenziale. Un rapporto del Comitato consultivo scientifico del Ministero dell’economia evidenzia che l’aumento della spesa pensionistica non sarebbe sostenibile nemmeno con “massicci aumenti delle tasse”. Anche in Germania, come noto, si avvicina un appuntamento elettorale importante. Vedremo se le pensioni saranno tra i temi della campagna elettorale.
VOLPONI (CISL): LA RICETTA DOPO LA QUOTA 100
Se da un lato è “giusto” andare oltre la riforma pensioni di Quota 100 per l’eccessivo peso economico sulle casse dello Stato, dall’altro non è giusto che a “pagare” siano i cittadini costretti ad andare in pensione come prevede la riforma Fornero. Parte da questo ragionamento l’intervento di Patrizia Volponi, segretario nazionale della Federazione Nazionale Pensionati Cisl, intervenuta questa mattina nel programma “L’imprenditore e gli altri” su Cusano Italia Tv. Dopo Quota 100, spiega la sindacalista, «Ci sono delle proposte che stiamo vagliando e che presenteremo al ministro del Lavoro nel prossimo incontro a fine giugno-inizio luglio. Da un punto di vista dei lavoratori forse non è giusto il superamento di quota 100, dal punto di vista dell’attenzione al sistema pensionistico e al peso che le pensioni hanno sul pil del Paese forse è giusto. Chiediamo che ci sia una flessibilità in uscita e si possa partire dai 62,63,64 anni senza arrivare ai 67 della Fornero, oppure con 41 anni di contribuzione senza limiti anagrafici». Occorre però pensare anche al futuro dei giovani, in particolare modo con le pensioni di garanzia: «Ricordiamoci che oggi in Italia le pensioni pesano più del loro peso reale perché viene assimilata alla previdenza l’assistenza e questo non è giusto. Se così non fosse le pensioni peserebbero solo l’11,5%, quindi assolutamente in linea con il peso che hanno negli altri Paesi europei quindi è importante separare l’assistenza dalla previdenza. Abbiamo in essere una commissione proprio per separare l’assistenza dalla previdenza». (agg. di Niccolò Magnani)
CHE FINE HANNO FATTO I PREPENSIONAMENTI DEGLI STATALI?
Si continua a parlare delle ipotesi di riforma pensioni visto che a fine anno scadrà Quota 100, ma secondo Claudio Maria Perfetto, “l’attuale Governo non farà nulla sulle pensioni nell’immediato; non farà nulla fino a quando la spesa pensionistica non si assesterà al livello più basso possibile, ovvero al 13,4 per cento del Pil. Ciò avverrà nel 2070”. Questo perché “Conte, Salvini e Di Maio hanno fatto aumentare la spesa pensionistica. Ma ora il Governo riporterà la spesa pensionistica nuovamente sotto controllo”. Interpellato da pensionipertutti.it, l’esperto previdenziale dice anche di aver apprezzato la proposta presentata diverse settimane fa dal ministro Brunetta di prepensionare i dipendenti pubblici con competenze inadeguate rispetto ai bisogni di un Pa digitalizzata ed efficiente, ma ribadisce che “sulle pensioni il Governo non ha intenzioni di discutere, e pertanto la proposta di Brunetta viene respinta”. In effetti di tale proposta non si è più parlato e dunque sembrerebbe non essere più volontà dell’esecutivo concretizzarla.
GLI SQUILIBRI DEMOGRAFICI
Al Festival dell’Economia di Trento, come riporta ildolomiti.it, si è parlato anche degli effetti della situazione demografica sull’occupazione e sul sistema pensionistico. ”In vent’anni, stando a quanto emerge dal report che è iniziato ben prima dell’attuale pandemia, sono diminuiti in maniera eccezionale i giovani. E l’Italia, in un certo senso non si è mossa”, ha detto il demografo Francesco Billari. L’europarlamentare Irene Tinagli ha evidenziato che “la demografia non rientra tra i focus del dibattito politico italiano, almeno non come dovrebbe. Molto spesso il tema della natalità si sostituisce a quello di italianità, ma in una chiave ideologica, prima ancora che concreta. In realtà il trend demografico è una questione di economia. Lo squilibrio graduale ma costante della spesa previdenziale va a comprimere ulteriormente la spesa per istruzione e sanità”. Senza dimenticare che con meno occupati è difficile anche che ci siano i contributi necessari a pagare le pensioni in essere e quelle future.
RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI GHISELLI
Roberto Ghiselli non nasconde una certa delusione visto che il confronto tra Governo Draghi e sindacati sulla riforma delle pensioni non è ancora iniziato. “L’unica novità riguarda la ripresa dei lavori delle due Commissioni istituite sui lavori gravosi e su spesa previdenziale e assistenziale, che dovrebbero portare ad alcuni primi risultati entro il prossimo luglio. Ma la discussione vera non è ancora partita e temiamo che le due Commissioni vengano ormai usata dal Governo come alibi per non affrontare il tema nell’unica sede di confronto reale, il tavolo con Cgil, Cisl e Uil. Come è un alibi per il Governo il fatto che prima delle pensioni vi sarebbe la priorità dei licenziamenti e della riforma degli ammortizzatori, sulla cui gestione stenderei un velo pietoso”, spiega il Segretario confederale della Cgil in un’intervista a pensionipertutti.it.
IL COMMENTO SUL RAPPORTO DELLA CORTE DEI CONTI
Ghiselli spiega che “se il confronto non partirà subito e se le risposte di merito non arriveranno di certo non staremo con le mani in mano: il futuro previdenziale delle persone è troppo delicato e noi lo stiamo prendendo sul serio, cercando di superare, nel rapporto con la nostra gente, anche le ferite aperte nel passato”. Non sono quindi da escludere mobilitazioni dei sindacati in tema di pensioni, anche perché “un sistema di uscita per la vecchiaia a 67 anni, come è quello attuale, non regge e “il tema della flessibilità in uscita a un’età decente si impone, e ora iniziano a dirlo anche altri, non solo noi”, aggiunge il sindacalista riferendosi a quanto contenuto nella relazione annuale della Corte dei Conti.
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