AUMENTI PENSIONI, LE NOVITÀ DAL 2022

In attesa di conoscere le novità al dettaglio per la riforma pensioni con la prossima Manovra di Bilancio – o meglio, di attendere quanto emergerà dal tavolo di lavoro al Ministero circa la struttura della prossima legge previdenziale da attuare dopo il 2023 – subito a gennaio 2022 degli effetti immediati per le novità della Finanziaria verranno a galla.



La rivalutazione degli assegni e la revisione dell’Irpef inseriti in Manovra renderanno per alcuni ex lavoratori un aumento importante della propria pensione: un rialzo lordo dell’1,7% grazie au tagli del trattamento pensionistico del 2021. Questo avverrà per circa 22 milioni di italiani in base alla fascia di reddito di ciascuno: come rileva “Italia Oggi”, «le pensioni con importo fino a quattro volte il minimo (fino a 2.062 euro), subiranno l’incremento pieno dell’1,7%; quelle con un importo compreso tra quattro e cinque volte il minimo (tra 2.062 e 2.577 euro), riceveranno il 90% dell’1,7% (rivalutazione effettiva dell’1,53%), ma rimane comunque la rivalutazione piena (1,7%) dello scaglione fino a 2.062 euro; quelle che superano cinque volte il minimo, quindi oltre i 2.578 euro, avranno un incremento del 75% sull’1,7% (rivalutazione reale dell’1,275%)». (agg. di Niccolò Magnani)



RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI GHISELLI

Andrea Orlando, nel corso dell’ultimo Consiglio dei ministri, secondo quanto riportato dall’Ansa, avrebbe detto di aver intenzione di convocare i sindacati per riavviare la discussione sulla riforma delle pensioni tra due settimane. Stando a quanto riporta l’Agi, Roberto Ghiselli ritiene che “il fatto che il ministro dica che il tavolo si aprirà tra due settimane vuol dire che non c’è alcuna volontà di discutere le nostre proposte per la legge di bilancio”. Il Segretario confederale della Cgil sottolinea in particolare che “è un problema che sulla previdenza siano destinati pochissimi soldi: quota 102 non va bene, non si danno risposte urgenti ai lavoratori precoci, ad alcune categorie di gravosi, ai lavoratori edili, ai disoccupati, alle donne”. Per il sindacalista, “è necessario destinare più risorse alla previdenza in manovra”.



L’ANALISI DELLA CGIA DI MESTRE

Intanto l’Ufficio Studi della Cgia di Mestre, analizzando l’andamento della spesa pubblica, spiega che stando alla Nadef la voce di spesa corrente più significativa “è quella pensionistica che ammonta a 287,6 miliardi di euro. Seguono i redditi da lavoro dipendente con 179,4 miliardi, i consumi intermedi con 161,9 miliardi, le altre prestazioni sociali con 116,3 miliardi e le altre spese correnti con 87,6 miliardi. Includendo anche gli interessi sul debito pubblico (pari a 60,5 miliardi), il totale spese correnti ammonta a 893,4 miliardi, di cui 129,4 per la spesa sanitaria. Se aggiungiamo anche le spese in conto capitale (ovvero gli investimenti), che per l’anno in corso sono pari a 107,3 miliardi, la spesa finale ammonta a 1.000,7 miliardi. Per contro, le entrate totali quest’anno raggiungeranno quota 832,9 miliardi”.

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