LE TEMPISTICHE PER LA LIQUIDAZIONE DEL TFS
Come viene ricordato da Patrizia Del Pidio su orizzontescuola.it, “la liquidazione del TFS per i dipendenti del pubblico impiego segue tempistiche differenti a seconda di quella che è la motivazione che ha portato alla cessazione del rapporto di lavoro”. In particolare, per chi cessa il rapporto di lavoro per motivi che esulano dalla sua volontà “il tempo di attesa è di 12 mesi a cui aggiungere 90 giorni necessari all’Inps per gestire la pratica, mentre in tutti i casi di dimissioni “l’attesa è di 24 mesi a cui aggiungere i 90 giorni necessari all’Inps per sbrigare la pratica”. Ci sono casi però in cui la tempistica si allunga. In caso di utilizzo della misura di riforma pensioni nota come Quota 100 è infatti necessario raggiungere prima i requisiti per la pensione di anzianità o vecchiaia “prima di iniziare il tempo di attesa di 12 o 24 mesi”, mentre in caso di pensione in cumulo bisogna arrivare a 67 anni per poi attendere 12 mesi prima della liquidazione del Tfs.
GLI EFFETTI SU SCUOLA ED ENTI LOCALI
Si è parlato spesso delle difficoltà in cui vengono posti gli enti locali, la sanità e il mondo della scuola dalle uscite di molti lavoratori causate a volte dalle misure di riforma pensioni. Come riporta l’Arena, nell’Istituto comprensivo di San Giovanni Ilarione (VR) da settembre ci saranno ben 5 docenti in meno in un solo colpo, oltre che due non docenti. Sardegnareporter.it riporta invece le parole di Tore Piana coordinatore regionale del movimento politico EpI Sardegna relative alla situazione che si è creata presso l’Assesorato regionale all’agricoltura dopo le dimissioni del Capo di Gabinetto rassegnate dal 1 giugno e dal pensionamento del Direttore generale, oltre che di “numerosi funzionari”, sempre nel mese giugno. Tutto questo quando ci sono 437 milioni di euro “derivanti dal PSR Sardegna 2021 e 2022 cosiddetto ponte, che tutti gli agricoltori Sardi aspettano e che ancora, grazie alla lentezza tutta Sarda, non sono spesi o impegnati”. Piana chiede quindi che vengano messi in atto miglioramenti alla situazione.
LA PROTESTA DI EUROPA VERDE-VERDI PUGLIA
Si torna a parlare delle pensioni dei consiglieri regionali. Questa volta è Fulvia Gravame, Co-portavoce regionale Europa Verde-Verdi Puglia a far sapere che secondo la stampa “è arrivato a 5,7 milioni di euro il costo dell’assegno di fine mandato agli ex consiglieri e assessori regionali, ‘anche se cessati dalla carica nel corso della legislatura’, ‘a partire dal 1 gennaio 2013’ e fino al 2020”, grazie a una norma approvata all’unanimità dal Consiglio regionale. Come si legge su manduriaoggi.it, “Europa Verde-Verdi Puglia esprime la sua indignazione per una norma che dimostra insensibilità verso il nostro territorio già indebolito dalla pandemia e chiede un ripensamento ai consiglieri che dimostri senso di responsabilità. Ci rivolgiamo al presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, rimasto finora in silenzio, affinché solleciti le forze politiche a cambiare la norma. Europa Verde-Verdi Puglia propone di utilizzare tali risorse per attuare finalmente la legge sul randagismo, la legge regionale n° 2 del 2020, che prevede il rimborso delle spese veterinarie ed alimentari per chi adotta dai canili, come abbiamo già chiesto il 29 luglio”.
RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI GHISELLI
Intervistato da cuoreeconomico.com, Roberto Ghiselli non nasconde di avere un timore riguardante le misure di riforma pensioni per il post-Quota 100: “Vorrei sbagliarmi ma mi sembra evidente che nelle intenzioni del Governo c’è la conferma della legge Fornero, magari prorogando e ritoccando alcuni strumenti già sperimentati, come Opzione donna e l’Ape sociale. Del resto il fatto che il ministro Orlando si sia deciso dopo ben 7 mesi dall’insediamento di questo Esecutivo a convocare il sindacato e solo per prendere altro tempo la dice lunga. Quota 100, che non ha saputo dare una risposta alla parte più debole del mercato del lavoro, come le donne, non ha superato la Legge Fornero ed ora siamo da capo al problema”, sono le parole del Segretario confederale della Cgil.
LE PROPOSTE DELLA CGIL
Il sindacalista aggiunge: “Noi proponiamo una riforma vera della previdenza, che consenta alle persone di decidere quando andare in pensione, dopo 62 anni o con 41 anni di contributi a prescindere dall’età. Oggi in Italia per poter andare in pensione occorrono 67 anni di età, la peggiore condizione in Europa, e con l’aggancio alla speranza di vita questo limite si innalza di un mese ogni anno”. Ghiselli specifica poi che secondo il sindacato occorre “riconoscere anche previdenzialmente il lavoro di cura e delle donne, i lavori più gravosi, e soluzioni specifiche che consentano di andare in pensione prima ai disoccupati che hanno una certa età e a chi è inidoneo al lavoro”. Vedremo come si svilupperà a partire dal mese prossimo il confronto tra sindacati e Governo sulla previdenza.
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