LA RICHIESTA SUL LAVORO DI CURA DELLE DONNE

Dallo Spi-Cgil di Verona arriva la richiesta di una riforma delle pensioni “che riconosca il lavoro di cura di genere in quanto le donne sono state e sono le più penalizzate, molte volte costrette ad interrompere il proprio rapporto di lavoro per accudire i figli e assistere i familiari fragili e obbligate ad accettare lavori part time o precari per rientrare nel mondo del lavoro. Inoltre chiediamo con forza una ‘pensione di garanzia’ che riconosca il lavoro precario delle giovani generazioni riconoscendo anche a loro un futuro pensionistico pubblico di dignità”. Il sindacato, come riporta daily.veronanetwork.it, ritiene che “l’inserimento di una legge per la non autosufficienza tra gli obiettivi del recovery fund a protezione degli oltre 3 milioni di italiani non autosufficienti fa ben sperare, ma la strada da fare in direzione di una maggiore equità sociale è ancora lunga e noi dello Spi Cgil intendiamo affermare con forza tutte le nostre rivendicazioni per una sacrosanta giustizia sociale”.



LE STIME SUL POST QUOTA 100

Secondo le simulazioni fatte da Progetica (società di consulenza per pianificazione finanziaria e previdenziale) la prossima riforma pensioni dovrebbe essere una delle tre seguenti ipotesi: ritorno alla Legge Fornero, Quota 41 o Quota 102. Il tutto in pochi mesi dato che a fine 2021 la “vecchia” riforma di Quota 100 andrà “in pensione” senza essere riprogrammata dal Governo, salvo colpi di scena clamorosi nella prossima Manovra di Bilancio. Le simulazioni di Progetica al Corriere della Sera l’ipotesi maggiore al momento è Quota 102, ovvero 64 anni di età e 38 di contributi: meno costosa e realizzabile. In alternativa la Quota 41 (minimo di 41 anni di contributi prima di andare in pensione), magari con parallelamente il rinnovo sia dell’Ape Sociale che dell’Opzione Donna (in scadenza anch’esse il 31 dicembre 2021). (agg. di Niccolò Magnani)



CAZZOLA: PER IL POST-QUOTA 100 C’È L’APE SOCIALE

Intervenendo ai microfoni di Radio Cusano Campus, Giuliano Cazzola ha detto di essere curioso “di capire che intenzione abbia il governo sulle pensioni. Leggo tutti i giorni proposte che secondo me sono insostenibile, cose già fatte, la pensione a 62 anni, si tornerebbe indietro addirittura prima di Damiano”. Ancora in tema di riforma pensioni, nel suo intervento, come riporta agenpress.it, l’ex deputato ha detto: “Questi non tengono conto di niente, delle aspettative di vita ad esempio. Uno che va in pensione a 62 anni e con solo 20 anni di contributi, rischia di stare in pensione per un numero superiore di anni per cui ha lavorato. Se il covid non ci ha distrutto il dna, le aspettative di vita sono ancora lunghe. Lo spazio che Quota 100 non coprirà più secondo me lo può coprire l’ape sociale”. Vedremo quali decisioni prenderà l’esecutivo in materia previdenziale, anche dopo aver incontrato i sindacati che chiedono da tempo di essere convocati per riaprire il confronto avviato con il Governo Conte 2.



I CAMBIAMENTI IN ARRIVO PER L’ENPAP

Come riporta quotidianosanita.it, Felice Damiano Torricelli è stato confermato Presidente dell’Enpap, l’ente previdenziale degli psicologi. “Il mandato che si avvia ci vedrà gestire impegni particolarmente importanti e delicati. Dovranno essere definiti i livelli di adeguatezza per le future prestazioni pensionistiche dell’Enpap, rispettando sia i vincoli normativi che la liberà di scelta dei nostri professionisti. Ma dovranno anche essere affrontati gli storici divari, economici e di opportunità, ora esasperati dalla pandemia, tra alcune categorie di professionisti: non solo quello, sempre meno tollerabile, tra maschi e femmine ma anche quello, più strisciante, tra i colleghi più anziani e quelli più giovani, o quello tra chi lavora al Nord e chi al Sud dell’Italia”, sono le sue parole dopo la riconferma dell’incarico. Misure interne di riforma pensioni vengono annunciate anche dal vicepresidente Federico Zanon, anch’egli confermato, per “mantenere costanti i livelli di rivalutazione dei montanti, attraverso un’attenzione vigile agli investimenti”.

RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI MODENA

In un recente su Milano Finanza, Fiammetta Modena ha ricordato la difficile situazione in cui si trova l’Inpgi, “con un passivo di 242 milioni di euro, una perdita giornaliera di 665 mila euro e una riserva tecnica che non arriva ai due anni”. La senatrice di Forza Italia annuncia quindi che il suo partito chiederà “al Governo di intervenire per salvare il salvabile”. Difficile dire quale possa essere la misura di riforma pensioni più adatta per assicurare un futuro previdenziale ai giornalisti italiani. Modena ricorda che l’Inpgi ha speso molte risorse per gli ammortizzatori sociali, che solo dall’anno scorso vengono rimborsati. Al contrario degli editori, l’Inpgi “non ha incassato per 65 anni, dal 1951 al 2016 i contributi previdenziali nella stessa percentuale che gli editori stessi avrebbero dovuto pagare all’Inps”.

L’APPELLO DI MACELLONI

Durante la manifestazione organizzata dalla Fnsi a Montecitorio giovedì scorso, Marina Macelloni, Presidente dell’Inpgi, ha evidenziato che “il ministero del Lavoro, da una parte ci chiede di tagliare il costo delle prestazioni, dall’altra firma gli stati di crisi. In pratica si chiede di tagliare le pensioni per finanziare gli stati di crisi. Negli ultimi anni abbiamo pagato 500 milioni di ammortizzatori sociali. Ma non si può pensare di risolvere la crisi risparmiando sul costo del lavoro. In questo modo, si fa pagare alla categoria il conto della crisi due volte, perdendo il posto di lavoro e con una pensione ridotta”. Macelloni ha dato disponibilità a nuovi sacrifici, purché siano “accompagnati da un percorso che porti nuove risorse all’Istituto, altrimenti sono solo lo scalpo di una categoria che si vuole piegare”.