IL CAMBIAMENTO ALLE POSTE
La fine dello stato di emergenza al 31 marzo porterà anche delle conseguenze per alcuni pensionati che si erano abituati al ritiro del loro assegno presso gli uffici postali in via anticipata. Poste Italiane, come riporta Adnkronos, ha infatti fatto sapere che “a partire dal mese di aprile sarà ripristinato il normale calendario di pagamento degli assegni”, che verranno quindi accreditati “regolarmente dal primo giorno del mese”. Resterà tuttavia in vigore la turnazione in base all’iniziale del proprio cognome. Viene infatti evidenziato che “tutti i pensionati che intendono ritirare i contanti allo sportello potranno presentarsi in uno dei 12.800 Uffici Postali su tutto il territorio nazionale dall’1 al 6 aprile, secondo la turnazione alfabetica affissa all’esterno di ciascun Ufficio Postale”, Invece, “i titolari di carta Postamat, Carta Libretto o di Postepay Evolution potranno prelevare i contanti dagli 8.000 Atm Postamat in Italia, senza bisogno di recarsi allo sportello”.
BOMBARDIERI: GOVERNO NON HA MANTENUTO PROMESSA
Pierpaolo Bombardieri, intervistato dal Manifesto, spiega di poter capire “la necessità di anticipare il Def, ma per noi non è accettabile interrompere il confronto sulle pensioni e lasciare la discussione sospesa”. In tema di riforma delle pensioni, infatti, “a gennaio e febbraio nei tavoli tecnici c’erano stati avanzamenti su molti temi – dalla pensione contributiva di garanzia per giovani e precari, dal riconoscimento del lavoro di cura per le donne e dei lavori gravosi al tema della flessibilità in uscita – e mancava solamente di trovare una soluzione sulle compatibilità economiche. Leggo dichiarazioni che sostengono che il confronto proseguirà, ma io sto ai fatti: il Governo non ha mantenuto la promessa di trovare una soluzione con noi”. Il Segretario generale della Uil evidenzia che “anche per questo unitariamente con Cisl e Cgil abbiamo chiesto una nuova convocazione al governo su tanti temi oltre alle pensioni: la riforma fiscale, il caro energia, le conseguenze della guerra”.
LE PAROLE DI DE MAGISTRIS
Come riporta il sito del Mattino, Luigi de Magistris, critica via social le scelte del Governo. “Con lo scoppio della guerra governo e Parlamento, con maggioranza numerica 5 Stelle, mandano armi in Ucraina e aumentano ancora del 2% le spese militari, come da sollecitazione Nato, della quale siamo sempre più subalterni con il guerrafondaio segretario del Pd Letta in testa. Questi signori della guerra non trovavano mai soldi per la sanità, il lavoro, le povertà, l’ambiente, i diritti, invece per le armi ne trovano in quantità. E stanno scaricando sul popolo, soprattutto sulle fasce più deboli, aumento dei prezzi dei beni di consumo, bollette a livelli mai raggiunti, gas e carburanti fuori controllo. Con stipendi e pensioni sempre uguali. Ma abbiamo il ministro della guerra Di Maio che dice che, siccome c’è la guerra, non c’è spazio per la diplomazia e che chiama Putin animale, per poi meravigliarci se non contiamo nulla in questa fase a livello di capacità di mediazione politica per provare a porre fine al conflitto”, sono alcune delle parole dell’ex Sindaco di Napoli.
IL RISCHIO STAGFLAZIONE
Carlo Alberto Tregua, in un articolo sul Quotidiano di Sicilia che dirige, evidenzia come il rischio di una stagflazione sia “più pericoloso di una guerra armata perché è insidioso, nessuno lo vede, ma decima stipendi e pensioni, proventi e profitti; in definitiva, il poco di benessere che i cittadini hanno conquistato con grande fatica. L’Unione europea, anziché fornire armi agli ucraìni, già per oltre un miliardo di euro, dovrebbe preoccuparsi della citata guerra economica endogena e porvi subito rimedio”. Intanto torinoggi.it riporta alcune dichiarazioni di sindacalisti di Stellantis che evidenziano come in alcuni casi i lavoratori che hanno sottoscritto il contratto di espansione non abbiano ancora ricevuto, a distanza di 4-5 mesi, i pagamenti da parte dell’Inps. “Abbiamo temuto di fare la fine degli esodati”, è una delle dichiarazioni riportate. La situazione, come chiarito dall’Inps, dovrebbe però essere molto vicina a una soluzione positiva.
RIFORMA PENSIONI, CONFRONTO BLOCCATO DALLA GUERRA
Come ricorda pamagazine.it, la guerra in Ucraina rischia di mandare in soffitta la riforma delle pensioni, visto che ancora il confronto tra Governo e sindacati sul tema non è ripreso. Tuttavia non sembra essere questo l’unico problema che il conflitto sta portando per la previdenza italiana. L’Usb ha infatti avviato la procedura di sciopero a fronte degli esigui stanziamenti per la ricerca in un momento in cui si vuole invece spendere per le armi. “Finito il Covid, lontani dalle elezioni, riaperte le centrali a carbone, passato in secondo piano lo sfascio del mondo del lavoro e delle pensioni, la ricerca non serve”, evidenzia il sindacato di base.
LA RICHIESTA DEI SINDACATI
Cgil, Cisl e Uil di Modena, invece, ricordano come l’aumento dei prezzi, accentuato dalla guerra, colpisca anche i pensionati. Come riporta modenatoday.it, i sindacati sollecitano “tutti i soggetti coinvolti nel processo decisionale pubblico ad intervenire urgentemente al fine di impedire che a pagare i costi di questa ‘tempesta perfetta’ non siano sempre e solo i lavoratori e le lavoratrici, i pensionati e le pensionate, i cittadini e le cittadine”. Infine, reggiosera.it riporta la posizione di Coraggiosa Reggio Emilia, secondo cui è un errore aumentare le spese militari a seguito dello scoppio della guerra in Ucraina, anche perché “continua una perdita di potere d’acquisto sia dei salari che delle pensioni e su tutto ciò non si intravedono reali e tangibili interventi, si investono ben 13 miliardi in più ogni anno per le armi”.
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