COVID FERMA LE PENSIONI A 67 ANNI

Secondo gli ultimi dati Istat del maggio 2021, con la pandemia Covid-19 che ha purtroppo sconvolto le vite di tante famiglie (portando via le esistenze di tanti anziani), la riforma pensioni che attende il Paese potrebbe vedere un lieve “stop” alla crescita esponenziale dell’età di uscita dal lavoro. Ne parla oggi il Corriere della Sera in un attento focus di Andrea Carbone: «I requisiti pensionistici di vecchiaia resteranno probabilmente fissi a 67 anni per ancora un biennio, forse anche di più. È una buona notizia, ma non la possiamo annunciare con il sorriso». La pandemia infatti ha portato ad un crollo senza precedenti dell’attesa di vita a 65 anni nel 2020, pari a 13 mesi in meno a livello nazionale: questo significa che almeno fino al 2024 si avranno 67 anni come data della pensione di vecchiaia: se poi la speranza di vita crescerà poco (come avvenuto negli ultimi 2 anni), allora i 67 anni potrebbero prorogarsi anche fino al 2029-2030; se invece la speranza di vita dovesse tornare a crescere molto come ai livelli pre-pandemia, allora già nel 2025-2026 si attesterà l’uscita dal lavoro a 67 anni e 3 mesi, che diverranno 67 anni e 6 mesi nel 2027-2028 e 67 anni e 9 mesi nel 2029-2030. (agg. di Niccolò Magnani)



RIFORMA PENSIONI, LA SENTENZA DELLA CASSAZIONE

Come ricorda ciatoscana.eu, “la Corte di Cassazione, con una recente sentenza, ha precisato i contorni della totalizzazione (facoltà che consente ai lavoratori dipendenti, autonomi e liberi professionisti, che hanno versato contributi in diverse casse o gestioni, di acquisire il diritto ad un’unica pensione), soprattutto in merito al sistema di determinazione dell’importo dell’assegno”. In particolare, emerge che “la totalizzazione comporta l’applicazione del sistema di calcolo contributivo anche nei confronti dei lavoratori che hanno raggiunto o superato 18 anni di contributi al 31/12/1995. La norma sulla totalizzazione, a differenza del cumulo, che preserva i criteri di calcolo propri di ciascuna gestione previdenziale, prevede che ogni singola quota della pensione totalizzata sia calcolata esclusivamente con le regole del sistema contributivo”.



IL MESSAGGIO INPS

In buona sostanza si perde la liquidazione della pensione con il sistema retributivo sino al 31/12/2011. La Cia Toscana ricorda però che c’è “una circostanza in cui il lavoratore può mantenere i criteri di determinazione retributivo o misto ed è il caso in cui ha raggiunto il diritto autonomo a pensione nelle gestioni pubbliche obbligatorie”. Intanto, come ricorda pensionioggi.it, “il ritardo della Cassa professionale nel completare l’iter di ricongiunzione in uscita non determinerà più la maturazione di interessi a carico dell’Inps. Lo rende noto lo stesso Istituto di Previdenza nel messaggio n. 2552/2021 in cui spiega che la novità si è resa necessaria a causa del sovente eccessivo protrarsi degli adempimenti istruttori da parte delle altre gestioni previdenziali coinvolte nell’operazione”.



— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI