L’UTILITÀ DEI CONTRIBUTI VOLONTARI

Per “chi rimane senza lavoro, in prossimità del pensionamento o anche parecchi anni prima”, può essere utile, come ricorda un articolo contenuto nella guida “Pensioni 2021” a cura del Sole 24 Ore, il ricorso alla contribuzione volontaria per raggiungere i requisiti per l’accesso “a una delle pensioni basate sull’anzianità contributiva (dalla pensione anticipata ordinaria all’Opzione donna, fino ad arrivare ai 38 anni di contributi di Quota 100)”. C’è da tenere presente che “l’autorizzazione al versamento di contributi volontari è concessa da Inps, su domanda, a fronte delle presenza di almeno tre anni di contributi effettivi nei cinque anni che precedono la richiesta o, in alternativa, di almeno cinque anni di contribuzione versata in qualsiasi periodo, anche attraverso il cumulo contributivo”. “L’onere per i lavoratori dipendenti è stabilito in base alla retribuzione imponibile percepita nell’ultimo anno di lavoro”, mentre per artigiani a commercianti “è determinato sul reddito dichiarato negli ultimi tre anni, con scaglioni e oneri minimi stabiliti da Inps con circolare”.



CAZZOLA ILLUSTRA LE NOVITÀ SUL POST-QUOTA 100

Come ha sottolineato il giornalista Oscar Giannino su Twitter, occorre trovare al più presto una riforma pensioni: «Tic tac, tic tac… il countdow avanza. A fine anno scade Quota100, e più il governo non ne parla più sale possibilità di nuovi furti ai giovani sostenuti da partiti-sindacati con il “no a scalone Fornero”», scrive provocatoriamente il conduttore di Radio24 postando l’editoriale che oggi Giuliano Cazzola ha scritto sulle nostre pagine (qui l’intervento integrale, ndr). «Le pensioni non rappresentano un argomento di routine, ma una delle sfide principali che condizionano la vita di un Governo e che sono in grado, a seconda dell’indirizzo delle misure adottate, di qualificarne l’azione nel senso di una messa in sicurezza di uno dei più importanti diritti sociali o in quello della rapina a mano disarmata di risorse appartenenti alle future generazioni. », scrive Cazzola spiegando le diverse linee di intervento che il Governo Draghi potrà prendere nei prossimi mesi per superare/sostituire Quota 100. Penalizzazioni, anticipi, Quote 92 e quant’altro, il “tavolo” del Ministero del Lavoro è ricco di spunti e studi: «chi va in pensione prima, riceve un trattamento di importo più basso per effetto del moltiplicatore del montante contributivo (che sia ricalcolato o meno per intero) ragguagliato all’età anagrafica (il cosiddetto coefficiente di trasformazione periodicamente revisionato con criteri inversamente proporzionali in base all’età scelta per la quiescenza). La si può girare come si vuole, ma un riordino con questa impostazione non guarderebbe avanti ma indietro, ai pensionandi di oggi anziché a quelli di domani», conclude il sindacalista e esperto di pensioni sul Sussidiario.net. (agg. di Niccolò Magnani)



RIFORMA PENSIONI E NODO PA

Come riporta concorsi-pubblici.org, entro il 2030 si prevede che un milione di dipendenti pubblici vada in pensione. Già la riforma pensioni con Quota 100 ha favorito l’ingresso di un buon numero di statali in quiescenza, ma anche per chi non volesse anticipare i tempi, inevitabilmente il passare degli anni porterà al raggiungimento dei requisiti necessari al pensionamento. Anche per cercare di far fronte all’uscita di un numero così importante di dipendenti pubblici, al ministero della Pubblica amministrazione si sta ragionando sullo sblocco del turnover e sull’accelerazione dei concorsi che, come spiega Repubblica, sono importanti anche in ottica di Recovery plan. Importante per il Governo sarà cercare di muoversi in accordo con i sindacati, in modo da incontrare meno problemi possibili lungo il percorso che dovrebbe portare all’ingresso di nuove professionalità, utili si spera anche a portare competenze in linea con l’obiettivo di digitalizzare la Pubblica amministrazione, con riflessi positivi sul resto dell’economia.



LE RICHIESTE DI FNP-CISL E SPI-CGIL

Da Vanna Giantin, Segretaria generale della Fnp del Veneto arriva un forte richiamo alla necessità di incentivare l’occupazione femminile. “O questo Paese decide di impiegare lungimiranza e risorse per rilanciare l’occupazione femminile di qualità, o tra vent’anni il gender gap che c’è anche nelle pensioni non sarà superato, anzi: peggiorerà inesorabilmente”, sono le sue parole a commento del fatto che, secondo i dati Inps relativi al 2019, il 68,4% delle circa 650mila pensionate venete percepisce una pensione bassa. Anche dallo Spi-Cgil arrivano parole che, diffuse in occasione della Festa della donna, ricordano l’importanza di interventi non solo di riforma pensioni, ma anche sul mercato del lavoro per cercare di cambiare una situazione di disuguaglianza di genere piuttosto notevole. Soprattutto perché “anche da pensionate la condizione non migliora con pensioni basse che risentono della vita contributiva precedente, pesanti carichi familiari e servizi sanitari e sociali insufficienti”, spiegano il Dipartimento Pari Opportunità Cgil e il Coordinamento Donne dello Spi-Cgil di Siena stando a quanto riportato dall’edizione locale della Nazione.

RIFORMA PENSIONI, L’EFFETTO DELLA SPERANZA DI VITA IN CALO

Il Sole 24 Ore ha pubblicato alcuni dati relativi all’effetto della pandemia sull’aspettativa di vita, che in alcune aree del Paese è tornata a livelli di inizio secolo. Questo con effetti anche in materia di pensioni, che il quotidiano di Confindustria distingue tra breve e lungo periodo. Sul primo fronte c’è da dire che i montanti contributivi per il 2023-24 non dovrebbero scendere nonostante il brusco calo del Pil registrato lo scorso anno. La diminuzione dell’aspettativa di vita dovrebbe invece portare effetti positivi sui coefficienti di trasformazione. Inevitabile anche pensare al meccanismo di adeguato dell’età pensionabile all’aspettativa di vita che non dovrebbe salire. Non bisogna poi dimenticare che il meccanismo è bloccato fino al 2026 per quel che riguarda le pensioni di anzianità.

LA NECESSITÀ DI UNA PENSIONE DI GARANZIA

Sul lungo termine, invece, il calo del Pil dovrebbe far sentire i suoi effetti sui montanti contributivi, a meno che solida crescita e aumento dell’inflazione non portino a un’inversione di rotta. Non sono però da escludere misure di riforma pensioni che possano intervenire in materia, tenuto anche conto che con il sistema contributivo puro per i futuri pensionandi ci potrebbe essere una “penalizzazione” dovuta alla bassa contribuzione derivante dalla perdita del lavoro piuttosto che dalla contribuzione figurativa derivante dalla cassa integrazione o da altri strumenti di sostegno al reddito in questa fase di crisi. Vedremo in tal senso se ci saranno passi avanti anche in  tema di pensione di garanzia per i giovani.