RIFORMA PENSIONI, QUOTA 100 E RITA

Uno dei paletti previsti da Quota 100, la novità principale della riforma pensioni, riguarda il divieto di cumulo con altri redditi da lavoro (salvi quelli derivanti da lavoro autonomo occasionale fino a un massimo di 5.000 euro l’anno) fino al raggiungimento dei requisiti per la pensione di vecchiaia. Ipsoa fa però presente che tale divieto non opera per la Rita e che, sulla base di approfondimento del Mefop che parte da alcune indicazioni della Covip, si arriva alla conclusione che “il soggetto che accede al pensionamento con Quota 100 avendo maturato i requisiti previsti dal regime obbligatorio di appartenenza e avendo cessato l’attività per pensionamento anticipato” potrà chiedere l’erogazione della Rita o della prestazione in capitale e rendita. Inoltre, evidenzia Ipsoa, “con riferimento alla previsione normativa che dispone in caso di Quota 100 il divieto di cumulo, il Mefop sottolinea come deve ritenersi che tale disposizione non contempli un divieto di cumulo con la Rita, trattandosi piuttosto di norma che si limita a vietare il cumulo con redditi derivanti da effettivo lavoro dipendente o autonomo da cui derivi obbligo di iscrizione a gestioni Inps”.



PROROGA PER TAGLIO VITALIZI

Oltre che la riforma pensioni con Quota 100, il Governo, specie nella sua anima pentastellata, ha approvato diverse misure per ridurre i costi della politica e anche i vitalizi non solo degli ex parlamentari, ma anche degli ex consiglieri regionali. Proprio ieri scadeva il termine dato alle regioni per varare una legge in merito, pena la perdita del 20% di alcuni trasferimenti erariali. Tuttavia è stato concesso poi un altro mese per adeguarsi e corrieredellacalabria.it segnala come il tema sarà con tutta probabilità affrontato dalla regione Calabria solo dopo che si saranno tenute le elezioni europee, recependo una bozza comune frutto dell’accordo tra Stato e Regioni. Dunque ci vorrà ancora del tempo per vedere approvato il taglio dei vitalizi degli ex consiglieri e i provvedimenti potrebbero essere approvati proprio a ridosso della scadenza. Andare oltre vorrebbe dire rischiare di perdere delle risorse importanti per alcuni settori (sanità, politiche sociali, tpl e sostegno ai non autosufficienti sarebbero comunque esenti).



RIFORMA PENSIONI, CHI FA SCELTA AGLI OPPOSTI DI QUOTA 100

In un periodo in cui si parla di riforma pensioni per consentire l’ingresso in quiescenza con un certo anticipo rispetto ai 67 anni, come nel caso di Quota 100, fa un certo effetto leggere storie come quella di Antonio Chiumento, insegnante che riuscirà a continuare il suo lavoro a 71 anni. Come spiega Repubblica, “l’Inps quest’anno lo voleva pensionare d’ufficio. Ma lui ha risposto con una richiesta in senso ostinato e contrario alla fuga dalla scuola, che con Quota 100 creerà una voragine negli organici a settembre: voglio rimanere. E la sua domanda di non-pensione alla fine è stata accettata, i suoi legali hanno dimostrato che ancora non aveva i 20 anni di contributi richiesti per colpa di istituti privati che non li avevano versati”. C’è da dire che la cattedra di ruolo Chiumento l’ha avuta solo quattro anni fa. Intervistato dal quotidiano romano, il docente ha detto anche di voler chiedere al Miur la proroga per rimanere anche a 72 anni. Se la risposta sarà negativa, “continuerò a fare lezione negli istituti privati, quelli seri però”.



QUOTA 100, L’ERRORE SUGLI ESODATI

Nel settore privato, chi vuole accedere a Quota 100, come previsto dalla riforma pensioni, deve presentare le dimissioni. E, secondo quanto riporta Il Giornale, potrebbero verificarsi situazioni in cui chi pensa di poter avere 38 anni di contributi, grazie al riscatto della laurea (4 anni), avrebbe poi l’amara sorpresa di scoprire che occorrono comunque 35 anni di contributi dal lavoro per poter presentare domanda di pensionamento. Quindi non solo costoro si ritroverebbero senza accesso alla quiescenza, ma anche senza più lavoro, avendo presentato le dimissioni. Il Giornale parla quindi di esodati da Quota 100, un termine che risulta errato, come evidenzia Luigi Metassi insieme ad altri componenti del Comitato esodati licenziati e cessati, che rappresenta quanti, a seguito della Legge Fornero, si trovarono in effetti in una situazione diversa, non certo voluta o determinata da una loro disattenzione, come nel caso di chi, senza essere adeguatamente informato o assistito, presenta domanda di pensione senza avere i requisiti richiesti. Gli esodati sono quanti sono fuori lavoro in previgenza quiescenza come sancito dallo Corte Costituzionale nella sentenza della 822 del 1988. E gli esodati ante Legge Fornero non devono certo la loro condizione a una propria disattenzione.

SVOLTA PER LE LAVORATRICI EX-IPOST

Un nuovo aggiornamento arriva dal Comitato Opzione donna social circa la situazione delle lavoratrici ex-ipost ancora in attesa della lavorazione della loro domanda, da parte dell’Inps, per accedere a Opzione donna. Orietta Armiliato, in un post sulla pagina Facebook del Cods, segnala infatti di aver ricevuto dei messaggi da parte di lavoratrici interessate da questi ritardi, che sembravano legati a “Prima Quota 100”, ovvero a quella sorta di precedenza data alla lavorazione delle domande presentate per usufruire della novità della riforma pensioni. In questi messaggi viene spiegato che il problema informatico che impediva la lavorazione delle domande è stato risolto, tanto che si è arrivati allo step finale della liquidazione della pensione. C’è quindi da attendersi che anche le altre domande presentate possano finalmente essere sbloccate. Quindi, seppur con un ritardo non indifferente, anche le lavoratrici ex-ipost potranno vedere riconosciuto il diritto di poter accedere a Opzione donna. Un risultato importante per questa battaglia fatta propria dal Cods.

RIFORMA PENSIONI, NUOVA CRITICA A QUOTA 100

In un editoriale pubblicato su Il Messaggero, Paolo Balduzzi commenta i dati sull’economia italiana diffusi ieri, accennando anche alla riforma pensioni con Quota 100. L’economista evidenzia come le stime siano inferiori a quelle di pochi mesi fa “e le cicale italiane cantano, al sole della primavera italiana, quando invece le formiche in Europa lavorano sodo. Basta un’inversione di segno e subito si rilanciano i progetti insostenibili di reddito di cittadinanza e pensioni (quota 100). Come se questi fossero la panacea dei mali italiani. Certo, al reddito di cittadinanza non abbiamo mai dato giudizi negativi: la misura ci vuole, era attesa e si spera possa migliorare la condizione di povertà di milioni di persone e delle loro famiglie. Ma i dati al momento ci dicono che la realtà è ben diversa dalle aspettative. Resta invece pessimo il giudizio su quota 100: una misura che impoverisce i lavoratori, il Paese in generale e in particolare le generazioni più giovani”. Dunque per Balduzzi l’intervento sulla previdenza è stato decisamente dannoso.

RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI ARMILIATO

Per Orietta Armiliato, il malcontento che sembra aumentare tra i cittadini rende evidente la necessità di una riforma pensioni “che tenesse conto dello stato nel quale versa il mercato del lavoro e che tenesse conto delle conclamate esigenze delle donne lavoratrici che fosse, in una parola contemporanea, e quindi aderente alla realtà del presente”. Tuttavia, l’amministratrice del Cods non nasconde che “per realizzare tutto questo sarebbero necessari due grandi assenti del nostro tempo: stabilità e sviluppo”. In un post sulla pagina Facebook del Comitato Opzione donna social, Armiliato ricorda anche che il 13 marzo Governo e sindacati si sono incontrati, ma poi non c’è stato più alcun tavolo relativo alla previdenza. “Ricordo che in quella occasione fu ribadita la necessità di lavorare all’elaborazione della Piattaforma Unitaria Sindacale che ha, fra le sue poste, anche quelle che possono venire in aiuto alle donne se non altro dal punto di vista previdenziale”.

RIFORMA PENSIONI, GLI INVERTENTI PER AIUTARE LE DONNE

Armiliato riporta quindi alcuni contenuti della stessa piattaforma che sono di interesse particolare per il Cods. Anzitutto, il riconoscimento che “gli interventi sulle pensioni degli ultimi anni hanno penalizzato in modo particolare le donne e anche raggiungere i requisiti previsti da quota 100 sarà difficile per molte lavoratrici. È, quindi, necessario sostenere le lavoratrici sul fronte previdenziale con misure adeguate, come con il riconoscimento di dodici mesi di anticipo per ogni figlio”. Inoltre, visto che il lavoro di cura svolto prevalentemente dalle donne è una voce fondamentale del welfare informale, andrebbe “riconosciuto anche a livello previdenziale e pensionistico”.