MES E PENSIONI, IL PRECEDENTE DELLA GRECIA

Si è parlato negli ultimi giorni di Mes e pensioni. A questo proposito in un articolo di Paolo Padoin su firenzepost.it viene ricordato quanto accaduto negli anni scorsi in Grecia, grazie a quanto scritto da Italia Oggi una decina di giorni fa. “In quell’occasione la Troika (Commissione Ue, Bce e Fmi) affidò al Mes, guidato allora come oggi dal falco tedesco Klaus Regling, il compito di stabilire le rigorose condizionalità necessarie per sbloccare una tranche di 8 miliardi di aiuti. Eccole, in sintesi: Punto primo: un colpo d’accetta sulla pubblica amministrazione, per ridurne drasticamente il costo per il bilancio statale. Fu così che 30 mila dipendenti pubblici vennero spostati dalla sera al mattino in una sorta di ‘riserva lavorativa’, a cui venne tagliato lo stipendio del 40% per 12 mesi. Punto secondo: un taglio secco del 20% su tutte le pensioni superiori a 1.200 euro lordi al mese”.  Senza dimenticare la patrimoniale sugli immobili. Insomma, i precedenti non lasciano ben sperare nel caso l’Italia decida di ricorrere al Mes.



LE PAROLE DI ZOCCANO

Intervistato da affaritaliani.it, Vincenzo Zoccano, approdato a Vox Italia dopo aver fatto parte del Movimento 5 Stelle, sollecita degli interventi a favore dei disabili, tra cui una riforma pensioni riguardante gli importi erogati. “Non c’è bisogno solo di assistenzialismo e di protezione, ma di un serio investimento nell’inclusione sociale. Ci vuole un cambio di paradigma costruito su tre assi: lavoro, formazione e, appunto, inclusione”, spiega l’ex sottosegretario del Governo Conte 1. Più concretamente, dal suo punto di vista occorre agire su tre punti principali: “ripristinare il Ministero della Disabilità e le figure politiche ad esso correlate; raddoppiare le pensioni di validità; creare in tutte le Regioni italiane una consulta per le persone con disabilità sul modello di quella del Friuli Venezia Giulia. Da questi punti dovrebbe discendere un riordino normativo complessivo”. Per Zoccano occorre anche riconoscere il ruolo dei caregiver familiari, tema che si lega con misure sollecitate da diversi fronti anche in ambito previdenziale.



IL LAVORO DI CURA DA VALORIZZARE

Con un post pubblicato sulla pagina Facebook del Comitato Opzione donna social, Orietta Armiliato ricorda che da tempo il Cods è impegnato per ottenere, all’interno degli interventi di riforma pensioni, un riconoscimento, ai fini previdenziali, del lavoro di cura svolto dalle donne. “Cosa c’è di meglio di un manifesto e tangibile riconoscimento economico sostanziabile in termini di anni di contribuzione o di abbassamento dell’età in modo che le lavoratrici possano raggiungere più agevolmente la quiescenza? Abbiamo ben chiaro che tutte le misure fini ad oggi varate, non corrispondono affatto ai bisogni reali: Opzione Donna è troppo riduttiva e Quota 100 ha requisiti inaccessibili”, scrive Armiliato, evidenziando la necessità di un’azione comune che unisca tutta la platea femminile in questa importante battaglia, visto che la penalizzazione previdenziale riguarda di fatto tutte, senza invece reclamare degli interventi che, oltre magari a essere irrealizzabili, andrebbero poi a beneficio solamente di un gruppo ristretto di donne.



RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI GANGA

I dati relativi alle pensioni erogate nel primo trimestre dell’anno non sono interessanti solo perché mostrano un aumento dei pensionamenti anticipati con misure come Quota 100, ma anche, evidenzia Ignazio Ganga, per il fatto che “sono 11.130 le donne hanno ottenuto la pensione anticipata a fronte di 23.557 maschi, cioè le donne sono il 32% del totale mentre per le pensioni di vecchiaia nello stesso periodo la percentuale è del 50% (su 16.366, 8.072 le pensioni per le donne e 8.294 per gli uomini), confermando così ancora una volta quanto sia difficile per le donne accedere alla pensione anticipata per la quale sono chiesti più contributi e carriere più costanti e motivando ulteriormente la nostra idea della necessità di forme compensative per i requisiti a pensione come quello dello scomputo di anno per figlio”.

GLI INTERVENTI NECESSARI PER LE DONNE

Il Segretario confederale della Cisl, quindi, torna a chiedere, come riporta Askanews, che ci sia un intervento di riforma pensioni specifico per la platea femminile, che risulta ancora una volta penalizzata. Dal suo punto di vista è poi evidente “che le pensioni rimangono un elemento fondamentale del sistema sociale del Paese e tanto più lo saranno nel futuro, pertanto pur nella complessità del momento, non dovranno diventare oggetto di scambio, né essere considerate solo costo come è purtroppo avvenuto nel passato, ma piuttosto dovranno essere rafforzate per far fronte alle esigenze di protezione sociale sempre più pressanti”. Dunque il confronto con il Governo per la Cisl dovrà essere ripreso appena possibile.