LA VITTORIA DELL’ANP-CIA
L’Anp-Cia da tempo chiede che tra le misure di riforma pensioni vi sia l’aumento degli assegni minimi. In attesa di vedere se l’istanza verrà accolta, l’Associazione nazionale pensionati esulta per una norma contenuta nel decreto agosto. Come spiega l’Anp-Cia di Ferrara, in base a quanto riportato da ferraraitalia.it, infatti, l’articolo 78-bis del decreto stabilisce “che anche l’agricoltore pensionato non è tenuto a pagare l’Imu sui terreni, in quanto mantiene lo status di coltivatore diretto o imprenditore agricolo professionale, a condizione che continui a svolgere l’attività agricola e sia iscritto nella previdenza. Inoltre è stata riconosciuta l’efficacia retroattiva, quindi l’azienda potrà richiedere la restituzione dell’Imu versata nei 5 anni precedenti. Questa norma mette fine al lungo contenzioso tra il Mef (Ministero dell’Economia e delle Finanze) che aveva esentato la categoria dal corrispondere l’imposta e l’Anci (Associazione Nazionale Comuni Italiani) che esortava, invece, i Comuni a richiedere il pagamento della tassa”.
RIFORMA PENSIONI, I NUOVI COEFFICIENTI PER I MONTANTI CONTRIBUTIVI
In un articolo su ilpuntopensionielavoro.it Michaela Camilleri ricorda che a gennaio entreranno in vigore i nuovi coefficienti di trasformazione dei montanti contributivi, che varranno fino al 31 dicembre 2022, che sono inferiori rispetto a quelli tuttora in vigore, in una percentuale compresa tra lo 0,33% e lo 0,72%. Quanto incideranno questi nuovi parametri sulle future pensioni? L’autrice fa un esempio pratico “supponendo che un lavoratore abbia maturato (attraverso il versamento dei contributi e la rivalutazione annuale del montante accumulato alla media quinquennale del Pil) un montante contributivo pari a 300.000 euro e decida di andare in pensione all’età di 64 anni nel 2021”, il montante finale sarà pari a 15.180 euro. “Con i valori in vigore fino alla fine di quest’anno, lo stesso montante vale 15.249 euro annui lordi, 69 euro in più. All’età di 67 anni, un montante di 300mila euro fino al 31 dicembre 2020 corrisponde a 16.812 euro, in quanto si applica un coefficiente più elevato all’aumentare dell’età di accesso alla pensione, ma a partire dal 2021 il medesimo importo vale 87 euro in meno”.
IL BUCO NELLE CASSE PRIVATE
Walter Rizzetto ha chiesto già ai ministri Gualtieri e Catalfo un intervento a riguardo e il sito del Sole 24 Ore spiega che c’è in effetti “un buco nelle pensioni dei liberi professionisti iscritti alle Casse private. Una voragine da oltre 4,6 miliardi di contributi non versati dai singoli iscritti, che getta un’ipoteca sulle loro future pensioni. Un problema destinato, con tutta probabilità, ad aumentare nel prossimo futuro con l’ulteriore crisi dei redditi provocata dal Covid. Naturalmente la situazione è diversa da professione a professione: si va dalla Cassa del notariato, nella quale il fenomeno degli arretrati è completamente sconosciuto (e per questo non compare nella grafica sotto) fino ai geometri che nel tempo hanno accumulato un debito verso la Cassa di oltre un miliardo di euro. E la crisi dell’edilizia porta in alto anche architetti e ingegneri iscritti a Inarcassa (918 milioni di morosità contabilizzati nel bilancio 2019)”. Vedremo se ci saranno, tra le misure di riforma pensioni nella Legge di bilancio, interventi dedicati ad affrontare questo problema.
PENSIONI, PAGAMENTO INPS DAL 27 OTTOBRE
Così come avvenuto per tutti i mesi della lunga emergenza Covid fino ad oggi, pure per novembre 2020 il pagamento delle pensioni avverrà presso sportelli postali e banche con “anticipo” rispetto al normale calendario conosciuto prima di marzo. In attesa di capire a livello di Manovra e leggi-deleghe dei prossimi mesi le possibili novità sulla riforma pensionistica che punti a superare la crisi del settore previdenza, l’Inps dà notizia dell’ulteriore norma in sostegno dei pensionati: «L’anticipo del pagamento delle pensioni è stato stabilito allo scopo di consentire a tutti i titolari delle prestazioni di recarsi presso gli uffici postali in piena sicurezza, nel rispetto delle misure di contenimento della diffusione del Sars cov 2, virus della malattia Covid 19». Pagamento avverrà secondo il calendario ormai prefissato. in base alla lettera iniziale del cognome, si comincia il 27 ottobre con la A e si prosegue fino al 2 novembre con il pagamento dei titolari di assegni pensione con cognome Z. (agg. di Niccolò Magnani)
LA SENTENZA SUI TAGLI ALLE PENSIONI D’ORO
La Corte Costituzionale si è pronunciata sui ricorsi riguardanti i tagli agli assegni superiori ai 100.000 euro annui introdotti tra le misure di riforma pensioni del Governo Conte-1. In attesa del deposito della sentenza, l’Ufficio stampa della Consulta ha fatto sapere che “è stato ritenuto legittimo il ‘raffreddamento della perequazione’, in quanto ragionevole e proporzionato. È stato ritenuto legittimo anche il ‘contributo di solidarietà’, ma non per la durata quinquennale, perché eccessiva rispetto all’orizzonte triennale del bilancio di previsione dello Stato. Pertanto, il contributo rimarrà operativo per tutto il 2021”. Come spiega Repubblica, l’effetto sui conti pubblici di tale sentenza sarà pari a circa 90 milioni di euro, corrispondenti al gettito del contributo di solidarietà per il 2022 e il 2023 indicato nella relazione dell’Ufficio bilancio del Senato sulla Legge di bilancio 2019. I pensionati, quindi vedranno ripristinato l’importo intero del loro assegno dopo il 2021, ma non potranno recuperare le somme finora versate all’Erario.
RIFORMA PENSIONI, ITALIANI DIVISI SU QUOTA 100
Governo e sindacati stanno portando avanti un confronto sulla riforma pensioni che dovrà anche affrontare il tema degli interventi da adottare per il post-Quota 100, data la volontà dell’esecutivo di non prorogare la misura introdotto dal Governo Conte-1 dopo la sua scadenza. Una scelta su cui gli italiani sono piuttosto divisi, almeno stando a un sondaggio realizzato da Euromedia Reserearch per Italpress. Il 34,7% degli intervistati si è detto infatti favorevole alla cancellazione di Quota 100, mentre il 40% è contrario. “Le diverse scuole di pensiero si registrano anche all’interno delle varie coalizioni, con gli elettori di Forza Italia in controtendenza rispetto agli altri partiti di centrodestra, mentre nell’area di Governo gli elettori del M5S, a differenza degli alleati di centrosinistra, sono in maggioranza contrari all’abolizione”, riporta Italpress.
IL RISCHIO CON L’ECCESSO DI MONETA
L’indagine ha riguardato anche il Reddito di cittadinanza, che per i residenti al Sud dovrebbe rimanere in vigore, seppur modificato. Intanto su Corriere Romagna un articolo di Carlo Alberto Pari evidenzia come stampare moneta non sarebbe una buona soluzione ai problemi dei Paesi in crisi. Infatti, “l’enorme inflazione renderebbe il debito pubblico meno preoccupante, ma i risparmi degli italiani, ultimo baluardo di un Italia malconcia, drasticamente ed irrimediabilmente ridimensionati nel loro valore reale. Gli stipendi e le pensioni, già insufficienti per tante famiglie, totalmente inadeguati. In sostanza, stampare moneta in un Paese con un prodotto interno lordo non consono alla situazione, non solo non produce ricchezza, ma riduce drasticamente quella esistente”.