PROROGA PER LE DOMANDE NELLE SCUOLA

In tema di riforma pensioni va segnalata una novità dell’ultima ora che riguarda il mondo della scuola. Come spiega tecnicadellascuola.it, infatti, “l’attesa proroga è arrivata: per presentare la domanda di cessazione dal servizio a decorrere dal 1° settembre 2020 ci sarà tempo fino al 10 gennaio 2020. La richiesta era stata avanzata dai Sindacati che avevano ritenuto troppo vicina la scadenza del 30 dicembre e pochi i giorni a disposizione del personale interessato per inoltrare l’Istanza. La proroga è stata disposta con nota 2346 del 27 dicembre 2019”. In tale nota del Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione del Miur, indirizzata agli Uffici scolastici regionali, oltre che al Dipartimento Istruzione della Provincia di Trento e alla Sovrintendenza scolastica della Provincia di Bolzano, si fa riferimento a un “decreto in corso di emanazione” per la proroga. Decreto che potrebbe anche arrivare lunedì stesso, giorno della precedente scadenza. C’è da capire quanto questa proroga, comunicata a pochi giorni dal 30 dicembre, si rivelerà utile.



BELLANOVA ATTACCA ANCORA QUOTA 100

Teresa Bellanova, dopo le dimissioni presentate da Lorenzo Fioramonti, ritiene che non sia proprio “tempo di rimpasti”. La Ministra delle politiche agricole alimentari e forestali, in un’intervista al Messaggero, spiega che quanto accaduto dimostra che sulla riforma pensioni con Quota 100 è stato commesso un errore. Se infatti da Fioramonti è arrivata l’accusa al Governo di aver avuto poco coraggio e di non aver investito nella scuola, per Bellanova “di certo, ancora una volta si dimostra che aver considerato Reddito di Cittadinanza e Quota 100 totem indiscutibili, ingessando risorse preziosissime che invece potevano essere indirizzate più proficuamente su precise priorità del Paese, dal lavoro all’innovazione alla ricerca ai lavori usuranti, non è stato un bene”. “Noi lo abbiamo detto in tempi non sospetti. Fioramonti se ne è accorto adesso”, aggiunge l’esponente di Italia Viva, riferendosi alla proposta avanzata dal suo partito prima ancora della messa a punto della Legge di bilancio per cancellare Quota 100.



LA QUOTA 92 DI NANNICINI

Secondo Tommaso Nannicini, occorrerebbe usare i fondi stanziati per Quota 100 per fare un riordino strutturale che superi gradualmente la misura di riforma pensioni introdotta lo scorso anno dando “risposte a categorie più deboli”. Anche perché, evidenzia il Senatore del Partito democratico, “se non agiamo prima e aspettiamo che arrivi lo scalone di 5 anni nel gennaio 2022, ci troveremo molte categorie che chiederanno tutele ulteriori, perché qualcuno uguale a loro, per pochi giorni, andrà in pensione a 62 anni e loro a 67”. Secondo l’ex sottosegretario alla Presidenza del consiglio, “serve un sistema stabile, con canali di uscita strutturali per persone di difficoltà e canali standard per chi non ha problemi”. “Nel mio disegno di legge c’è ‘quota 92’ – 62 anni di età e 30 di contributi – solo per categorie svantaggiate: disoccupati, persone con disabilità e familiari e lavoratori gravosi”, sono le sue parole riportate dal Sole 24 Ore. “Usciamo dalla logica dei provvedimenti tampone o ci sarà sempre qualcuno che preme perché non rientra nella misura per poco”, aggiunge.



IL TEMPO DELLA VERITÀ

Secondo Leopoldo Gasbarro, in questi giorni di feste è arrivato “il tempo della verità”, “il tempo in cui non si deve più nascondere per scopi di convenienza politica o elettorale come stiano veramente le cose. È ora di guardare in faccia la realtà e di fare scelte scomode, difficili, forti agli occhi dell’opinione pubblica. È arrivato il momento di mettere le persone, le famiglie in condizione di fare scelte determinanti per il loro futuro e per quello dei loro figli”. In un articolo pubblicato sul Giornale, il direttore di Wall Street Italia chiede verità sulla situazione delle banche italiane e “su pensioni e welfare. Ci spieghino come intendano affrontare i nuovi scenari demografici che stanno già squilibrando sia i conti di tutti gli enti previdenziali sia quelli dell’assistenza sanitaria. Basta dire bugie o false verità. Impedire a tutti noi di fare scelte consapevoli dovrebbe essere punito alla stregua di un crimine”. Parole piuttosto forti e che si riallacciano evidentemente a tutto il dibattito sulla riforma pensioni iniziato da tempo nel Paese.

LE PAROLE DI GELMINI

Forza Italia non vive sicuramente un buon momento e anche Mariastella Gelmini riconosce che “paghiamo lo scotto di un periodo in cui, grazie agli errori e al lassismo della sinistra, gli italiani hanno avuto paura per l’esplosione incontrollata del fenomeno migratorio e si sono rivolti ad una più radicale proposta politica”. L’ex ministra dell’Istruzione, intervistata dal Giornale, pensa però sia possibile il rilancio di un partito che ha ormai più di 25 anni, anche grazie alle proposte in tema di riforma pensioni. “Adesso abbiamo una grande opportunità, perché i nostri temi (il lavoro, le tasse, la tutela della libertà d’impresa, le infrastrutture, la giustizia) sono tornati centrali nel dibattito politico e nel Paese. Noi siamo quelli della legge Biagi, della legge obiettivo sulle grandi opere, dell’alta velocità, dell’aumento delle pensioni minime e del milione di posti di lavoro”, dice infatti Gelmini, che non nasconde di avere un giudizio pessimo della manovra appena varata “per il metodo e per il merito”.

RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI BRAMBILLA E CAMILLERI

Alberto Brambilla e Michaela Camilleri, in un articolo pubblicato su L’Economia, l’inserto del Corriere della Sera, ricordano i rilievi mossi dall’Ocse all’Italia in tema di riforma pensioni: nonostante l’età pensionabile nel nostro Paese sia pari a 67 anni, di fatto si lascia il lavoro prima, a poco più di 63 anni per gli uomini e a 61,5 per le donne. Gli autori evidenziano che questo deriva anche dalle “molteplici opzioni di uscita anticipata introdotte in questi ultimi anni che hanno portato ad avere una vera e propria ‘giungla pensionistica’ con regole diverse per ogni categoria”. Brambilla e Camilleri, oltre a fornire dati sull’utilizzo di queste misure, ricordano che si sono rese necessarie per “risolvere un problema vero, ossia l’eccessiva rigidità introdotta dalla riforma Monti-Fornero”.

GLI SCONTI PER DONNE E PRECOCI

Dunque, “l’Ocse dovrebbe aver capito” che “se si pone l’asticella troppo alta (67 anni) o se si pretende di far lavorare oltre i 43 anni, i risultati sono questi. Un’enorme spinta sindacale e sociale che la politica non riesce ad arginare”. Secondo gli autori, quindi, è stato un errore legare i requisiti per la pensione di anzianità all’aspettativa di vita e si dovrebbe fare in modo che per “i contributivi puri (quelli che hanno iniziato a lavorare nel 1996)” valgano “le stesse regole di tutti gli altri lavoratori, integrazione al minimo compresa”. Suggeriscono anche un anticipo dei requisiti di 8 mesi per ogni figlio avuto da una donna fino a un massimo di 24 mesi, “mentre per i precoci ogni anno di lavoro fatto prima dei 19 anni dovrebbe valere 1,25 anni)”.