RIFORMA PENSIONI. Il Cnel, ormai in fase di rinnovo, ha avviato un gruppo di lavoro per raccogliere in un «libro bianco» proposte concrete di riforma tenendo conto delle prospettive del mercato del lavoro e del declino demografico. La decisione è stata presa a conclusione di un workshop, svoltosi il 24 giugno scorso, in collaborazione con la Commissione parlamentare di vigilanza sugli enti previdenziali di cui è presidente Tommaso Nannicini che ha preso parte all’iniziativa insieme al presidente Tiziano Treu che ha introdotto i lavori mettendo in stretta relazione – tema che nel dibattito viene di solito evitato – i trend demografici, lo squilibrio innaturale tra le coorti di anziani e giovani, le conseguenti ricadute sulla sostenibilità del sistema. “La riforma delle pensioni è tra gli interventi più urgenti.
Ma c’è il problema dei giovani.. Bisogna varare un progetto – ha affermato il presidente Treu – di vera e propria giustizia previdenziale per sanare gli squilibri già esistenti che si accentueranno ulteriormente negli anni. E poi c’è tutto il tema del lavoro autonomo che è sempre stato sempre trascurato. La riforma delle pensioni deve essere associata per forza di cose alla riforma fiscale e a quella dei salari”.
È seguita la relazione di Tommaso Nannicini (man on show) il quale è andato diritto al punto (anche perché è quello su cui insistono le organizzazioni sindacali). “Il primo scoglio da superare – ha sostenuto il senatore – è quello della flessibilità, che è lo strumento che si deve affiancare ad altri interventi di riforma che mettono al centro l’equità”. Da questa prima considerazione sono venute alcune proposte di revisione del sistema: a) l’introduzione di una pensione contributiva di garanzia che diminuisca le disuguaglianze: b), un Ape sociale strutturale a carico dello Stato che permetta un accompagnamento alla pensione in concomitanza all’allungamento dell’aspettativa di vita; c) un sistema di paletti alla flessibilità che rimanga comunque all’interno del sistema contributivo. Sistema contributivo che non deve essere stravolto, ma che contempli un costo individuale adeguato e proporzionale al beneficio per chi vuole usufruire delle uscite anticipate. Un discorso che, tra l’altro, non può prescindere da una revisione dei salari, elemento alla base di dette disuguaglianze, e dalla riforma fiscale a cui strettamente legato.
Ogni lettore può capire che su questo punto si rimane nel vago, anche perché si sconfina così nelle politiche contrattuali di solito affrontate in altre sedi. È ormai diventato un vezzo dei protagonisti delle relazioni industriali parlare di salari come se fosse un problema di altri. In questa scaletta di temi emerge chiaramente l’orientamento del Governo di consentire il pensionamento anticipato soltanto nell’ambito di un ricalcolo contributivo dell’intera attività di servizio con l’individuazione di coefficienti di trasformazione che tengano conto di equilibrati criteri attuariali.
Nel corso del dibattito tra gli esperti invitati sono emerse considerazioni innovative sul sancta sanctorum del sistema di calcolo contributivo introdotto nel ’95 con la riforma pensioni di Dini e finalizzato ad adeguare le pensioni al nuovo stato di longevità della popolazione. Uno strumento – si è detto – che è stato oggetto di successivi inneschi e correttivi che hanno, negli anni, reso più evidenti una serie di criticità e acuito le iniquità tra categorie legate all’attuale situazione lavorativa dei contribuenti (mercato del lavoro instabile, vite lavorative discontinue, bassi salari) con un evidente problema di bassa accumulazione di contributi.
Diverse le soluzioni discusse. Uno dei correttivi suggeriti prevede un trattamento pensionistico anche meno consistente calcolato sulla contribuzione versata ma affiancato da un sostegno in termini di servizi di welfare gratuiti. Oppure – a me queste proposte sembrano più convincenti – potrebbe essere prevista la reintroduzione di un’integrazione – una pensione di garanzia – con una soglia parametrata su quanti anni si è lavorato e sull’età di ritiro. Peraltro questo è il senso di un progetto di legge presentato dal sottoscritto alla Camera e da Treu al Senato nel 2010, in cui era prevista una pensione di base finanziata attraverso la fiscalità generale a cui aggiungere la pensione contributiva.
L’Ape sociale è stato ritenuto nel dibattito una misura da rendere strutturale, come reddito ponte che rimane comunque nella cornice dell’equità e della giustizia previdenziale perché votato ad un’uguaglianza sostanziale tra categorie di lavoratori favorendo solo quelle oggettivamente più “fragili”. È stato altresì proposto un allargamento della platea ai lavoratori autonomi che ora non sono inclusi pur svolgendo la stessa attività lavorativa degli attuali beneficiari. C’è poi il suggerimento di rendere meno stringenti i requisiti di accesso per i lavoratori a tempo determinato che invece di essere 18 mesi negli ultimi 36 potrebbero ammorbidirsi per far confluire quelle categorie che più marginalmente partecipano al mercato del lavoro.
Sono state rivolte, nel dibattito sulla riforma pensioni, critiche condivisibili a interventi che favorivano l’accesso al pensionamento anticipato progressivamente attenuate, temporaneamente e in via sperimentale, sulla scorta di scelte legate ad elementi contingenti che hanno acuito ancora di più disuguaglianze e iniquità. È il caso, per esempio, dell’eliminazione del sistema di disincentivazione di accesso alla pensione prima dei 62 anni di età, della sospensione dell’adeguamento dei requisiti contributivi di accesso alla pensione anticipata ordinaria fino al 2026 o, ancora, dell’avvento della quota 100 e ora di quota 102. È stata poi suggerita l’adozione di un sistema uniforme per tutti, a prescindere dall’inizio dell’attività lavorativa, con l’introduzione dell’opzione al sistema di calcolo contributivo per i lavoratori “misti” e un assestamento per i contributivi puri rivedendo la soglia di accesso che, attualmente, nella misura prevista delle 2,8 volte l’importo dell’assegno sociale, finisce per premiare, in nome di un criterio di adeguatezza esagerato e irragionevole, i lavoratori con redditi più elevati il cui montante individuale è in grado di soddisfare la maturazione di quell’importo.
Hanno partecipato al workshop e sono intervenuti nella discussione:: Michele Faioli, Cecilia Tomassini, Paola Bozzao, Rossella Cappetta, Maurizio Del Conte, Andrea Dili, Madia D’Onghia, Andrea Garnero, Chiara Gribaudo, Mauro Maré, Fabrizio Patriarca, Michele Raitano, Rosa Bianca Sanna e Gianfranco Santoro.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.