LA COMPLESSITÀ SULLA SCELTA DEL PENSIONAMENTO

Gigi Petteni, Presidente dell’Inas-Cisl, evidenzia che le diverse misure di riforma pensioni varate negli ultimi anni hanno moltiplicato le strade per il pensionamento, “tanto da rendere il percorso per smettere di lavorare molto complesso. Ottenere un’analisi specifica della propria situazione, fatta di contributi previdenziali, percorsi di carriera non lineari, periodi di disoccupazione o di lavoro atipico, di maternità o di congedo per assistere un familiare disabile è dunque fondamentale per capire non solo quando è arrivato il momento di andare in pensione, ma anche qual è la soluzione più adeguata e conveniente in base al proprio profilo previdenziale e lavorativo”. Secondo quanto riporta Il Dubbio, per il sindacalista “affidarsi agli operatori dell’Inas Cisl può essere determinante” proprio in ragione della situazione piuttosto complessa che le diverse norme hanno prodotto. L’aiuto di un professionista o di un patronato, specie in questo frangente in cui ottenere certificazioni e documentazioni non è sempre facile, può essere in effetti un’utile mossa.

DURIGON: SERVONO FORME DI FLESSIBILITÀ

Claudio Durigon sembra certo che il Governo Draghi possa trovare buone soluzioni per il Paese e che vi possa essere un utile collaborazione tra il ministro del Lavoro Andrea Orlando e quello dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti per affrontare le varie crisi aziendali aperte e il tema della fine del blocco dei licenziamenti. Il deputato della Lega, intervistato dalla Stampa, risponde anche a una domanda relativa alla riforma delle pensioni, in particolare sulla necessità o meno di prorogare Quota 100 che a fine anno scadrà. “Io non sono innamorato del nome ‘Quota 100’ ma della sua ricaduta, che è ancora più necessaria in questo periodo di Covid. Non c’è dubbio che non si possa tornare alla Fornero e ci sia bisogno di forme di flessibilità in entrata e in uscita dal mondo del lavoro. Troveremo anche qui strumenti adeguati: ci si siede attorno ad un tavolo con i sindacati e si discute”, è la risposta di Durigon, che fa capire come il Carroccio non voglia difendere a tutti i costi Quota 100, ma ritenga comunque necessaria una misura di flessibilità pensionistica.

BRAMBILLA: “QUOTA 100, POCHI RISULTATI”

Per Alberto Brambilla, presidente di Itinerari Previdenziali, il Governo Draghi dovrà operare una migliore e più efficace flessibilità in uscita andando oltre la riforma pensioni di Quota 100 che non ha convinto appieno secondo i dati prodotti nel triennio in “carica” della legge M5s-Lega. «Sistema pensioni è sostenibile? Nel 2019 c’era buon rapporto attivi-pensionati, ma la pandemia e le agevolazioni come Quota 100, Ape Sociale e Opzione Donna hanno favorito l’esodo pensionistico per cui nel 2020 i risultati saranno meno brillanti», spiega Brambilla a Rai News24. Occorre una politica che utilizzi le capacità del sistema sanitario (vaccini, cure), «prima ripartiamo con l’economia e prima riprendiamo a correre anche sul sistema previdenziale fino a poco fa comunque in bilancio positivo», sottolinea ancora l’ex consigliere economico della Lega. Infine, Brambilla rilancia «Quota 100 ha avuto un risultato non elevatissimo nel 2019 e nel 2020 e probabilmente sarà così anche nel 2021: la maggiorparte delle persone ha pensione con metodo calcolo contributivo e così andare in pensione molto presto significa avere lo stesso importo diluito in più anni. Per questo le persone hanno preferito mantenere il posto di lavoro e non andare in pensione: andrà rimodellata la flessibilità in uscita per farla funzionare meglio».

L’IMPORTO DELLE PENSIONI DI MARZO

In un articolo sul sito del Giornale viene ricordato che le pensioni di marzo potrebbero presentare un importo diverso dal solito. Questo perché il terzo mese dell’anno è “quello solitamente dedicato alla trattenuta dell’Irpef, ed ai versamenti dell’addizionale regionale 2020 e del saldo dell’addizionale comunale 2020. Oltre a ciò, tuttavia, si aggiunge anche un’altra voce, ovvero quella delle trattenute dovute all’acconto dell’addizionale comunale per l’anno 2021 (la prima di un totale di nove rate previste)”. L’eventuale ricalcolo dell’Irpef, viene specificato nell’articolo, riguarderà eventualmente solo quei pensionati che “hanno percepito altre fonti di reddito soggette a tassazione, ovviamente al di fuori dell’assegno pensionistico”. Il ricalcolo potrà dare origine sia a un debito che a un credito qualora siano state erroneamente calcolate e pagate delle tasse superiori al dovuto. Ricordiamo che il pagamento della pensione di marzo, come accaduto nei mesi scorsi, verrà anticipato presso gli uffici postali.

INFORTUNI SUL LAVORO ANCHE PER I PENSIONATI

Gli infortuni sul lavoro, viene spiegato in un articolo sull’edizione di Empoli della Nazione, riguardano sempre più persone in pensione. Il quotidiano toscano riporta le parole di Paolo Aglietti, coordinatore di zona della Cgil, che evidenzia che tra le vittime di infortuni ci sono anche imprenditori già pensionati. Questo perché “da un lato c’è la volontà di non abbandonare la propria creatura, l’azienda, dall’altro la situazione di imprenditori, commercianti e artigiani in particolare, che si sono trovati con pensioni risicate avendo versato pochi contributi. Ad esempio, se ci si trova con una contribuzione bassa, i rappresentanti dall’Enasarco, il loro ente previdenziale, possono ricevere anche solo 600 euro ogni trimestre, davvero poco”. Il sindacalista evidenzia peraltro che con il minor peso che avrà il sistema retributivo, gli assegni rischiano di diventare sempre più bassi. Un fattore di cui bisognerà cercare di tener conto nei provvedimenti riguardanti la riforma delle pensioni.

RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI BRAMBILLA

In un articolo pubblicato su L’Economia, inserto settimanale del Corriere della Sera, Alberto Brambilla ricorda come il 2019 sia stato un “anno dei record” per il bilancio del sistema previdenziale italiano, anche perché l’aumento del numero di pensionati, nonostante l’entrata in vigore di Quota 100, è stato inferiore alle aspettative. In questo modo il rapporto attivi/pensionati si è mosso poco da quello del 2018, che rappresentava il miglior risultato di sempre. “Purtroppo le buone notizie finiscono qui perché il mix di anticipi pensionistici, sgravi contributivi e crisi pandemica hanno prodotto, in base alle prime stime, risultati negativi nel 2020, situazione che perdurerà almeno fino al 2023”, scrive il Presidente di Itinerari previdenziali, ricordando iil disavanzo che, al netto dei trasferimento dello Stato, nel 2020 è salito a 33 miliardi e si ridurrà a poco più di 25 tra due anni.

LA REALE INCIDENZA DELLA SPESA PENSIONISTICA SUL PIL

Brambilla ricorda che al netto dell’assistenza la spesa per le pensioni è pari a 210 miliardi lordi “e su questo importo lo Stato preleva Irpef per circa 54 miliardi. La spesa netta è quindi inferiore a 157 miliardi, totalmente finanziata dalla produzione (aziende e lavoratori)”. Inoltre, “l’incidenza della spesa pensionistica su Pil, anche considerando le integrazioni al minimo e la Glas dei dipendenti pubblici, al loro dell’Irpef è pari al 12,88%, in linea con la media Eurostat”. Dunque il vero problema è rappresentato dalla spesa assistenziale sostanzialmente raddoppiata in circa 12 anni, passando dai 73 miliardi del 2007 ai 114,27 del 2019.